La Torre di Babele
“E la Torre iniziò gradualmente a sgretolarsi e a franare”. La fine ingloriosa della Torre della Conoscenza, minata dall’opera dei riformatori dell’Università italiana. Nicola Casagli rilegge amaramente una storia per bambini tratta dalla Bibbia.
Un giorno, non tanto tempo fa, quando l’Università era ancora #libera e #autonoma, gli uomini guardarono il cielo e si proposero di arrivare fin là.
Iniziarono a costruire la Torre della Conoscenza, ciascuno secondo le proprie competenze e capacità.
I capicantiere venivano liberamente eletti, i professori progettavano i lavori e insegnavano, i ricercatori facevano ricerca e sviluppo, il personale tecnico si occupava della funzionalità delle strumentazioni, quello amministrativo consentiva gli approvvigionamenti di materiali e mezzi, gli studenti studiavano e si addestravano.
Siccome la Torre della Conoscenza era destinata a durare per l’Eternità, tutti i contratti erano rigorosamente a tempo indeterminato.
E costruirono, costruirono, costruirono, sempre più in alto, sopra le montagne e oltre le nuvole.
In cielo, un manipolo di intellettuali che per lo più avevano studiato alla Bocconi, per poi iscriversi direttamente a Confindustria, videro la torre avvicinarsi minacciosamente.
– Ohi, ohi! – scrissero Alesina e Giavazzi sul Corriere della Sera – finisce che qualcuno di noi si fa male.
– E poi – fece Perotti – il cielo non è mica un posto per tutti.
– Allora che si fa? – chiese smarrito Abravanel.
– Chi l’avrebbe mai detto che creature così piccole sarebbero state capaci di costruire una cosa del genere? – commentò Maria Stella Gelmini dopo essersi consultata con Tremonti – Mi viene da pensare che siano capaci di ben altro.
– Bisogna distruggere la Torre – esortarono quelli del Sant’Anna e della Bocconi, acclamati dalle telematiche.
– Non c’è bisogno di distruggere – disse il potente Ministro dell’Economia e delle Finanze – esistono modi più delicati. Ci limiteremo a confonderli. Non si capiranno più l’uno con l’altro.
Poi sorrise alla collega del MIUR e iniziò a dettare.
Il Parlamento approvò rapidamente e il Presidente della Repubblica promulgò la legge 240/2010.
Fino ad allora tutte le componenti del sistema universitario avevano parlato più o meno la stessa lingua, e si capivano.
Poi improvvisamente i capicantiere (rettori, senatori e consiglieri) cominciarono a fare discorsi del tipo:
– Bisogna procedere celermente alla riorganizzazione della governance, alla programmazione pluriennale, all’elaborazione dei modelli di distribuzione dei punti organico, all’organizzazione dei processi di autovalutazione …
I professori iniziarono a parlare più o meno in questo modo:
– ANVUR AVA VQR IRAS IRFS CINECA TECO SUA
I ricercatori rispondevano:
– RTDA RTDB ASN IRIS LOGINMIUR FFABR
I tecnici replicavano:
– RUP RSPP DVR DUVRI DPI CONSIP
Gli amministrativi ribattevano:
– MEPA CUP CIG DURC IPA PROPER PERLAPA ANAC RPCT PTPCT OIV
E gli studenti obiettavano
– CFU CDL CDLM TEST PEC ARDSU ISEE MAV
Nessuno ci capiva più una #cippa.
E la Torre iniziò gradualmente a sgretolarsi e a franare.
NICOLA CASAGLI FLORENT. SCRIPSIT MMXVII
[Liberamente ispirato a La Torre di Babele di Mei Shalev in Un Serpente, un Diluvio e due Arche, studiato oggi pomeriggio con mia figlia di terza elementare.]