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La questione meridionale dell’università italiana

All’interno della questione meridionale generale e del gap economico e sociale creatosi tra Nord e Sud, esiste una questione che investe il sistema universitario e che rischia di trasformarsi rapidamente in un danno incalcolabile per il Meridione.

28/11/2015
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ROARS

di Arturo Pujia

All’interno della questione meridionale generale e del gap economico e sociale creatosi tra Nord e Sud, esiste una questione che investe il sistema universitario e che rischia di trasformarsi rapidamente in un danno incalcolabile per il Meridione.

Le Università meridionali, infatti, hanno perso 45.000 immatricolati negli ultimi 10 anni, mentre il Centro-Nord, dopo un’iniziale perdita, ha superato la crisi di immatricolazioni. Globalmente, in Italia, 7 diplomati su 10 proseguono gli studi immatricolandosi all’Università, ma vi è un flusso migratorio di studenti dal sud al centronord pari al 25%. (dati Rapporto ANVUR sullo Stato del sistema universitario)

In totale, quindi, le Università del Sud riescono a “trattenere” poco più del 60% dei diplomati meridionali, nel mentre pochissimi studenti del Centro-Nord si immatricolano nelle Università del sud. Il sistema universitario del centro-nord, invece, oltre ai diplomati locali riesce ad attrarre altri 2 diplomati su 10 provenienti dal sud.

Questo fenomeno non può essere semplicisticamente motivato dall’attrazione “intellettuale” esercitata dalle grandi Università o città del Nord.

In realtà, un motivo rilevante – e inadeguatamente valutato – è rappresentato dalle scarse risorse del diritto allo studio e dall’iniqua distribuzione delle stesse. Di recente, su tale argomento, non sono mancati gli interventi degli studenti, dei docenti, della CRUI, degli enti del diritto allo studio. Tuttavia, la cifra messa in campo dal Governo (160 milioni di euro) non aumenterà, in base alla legge di Stabilità varata dal Consiglio dei Ministri nella scorsa settimana. Sulle scarsissime risorse messe in campo dalle Regioni, tra loro molto differenti, si discute poco, ma ancora meno si discute sull’iniquo meccanismo di distribuzione dei fondi statali alle Regioni. Infatti la ripartizione dei fondi è paradossalmente basata sulla ricchezza delle Regioni, e tiene solo parzialmente conto del numero di potenziali beneficiari, rappresentato da studenti capaci e privi di mezzi (ai quali la Costituzione Italiana attribuisce il diritto a raggiungere i più alti gradi degli studi), che sono maggiormente presenti al Sud.

Di fatto, le Regioni che riescono a dare un maggiore numero di borse di studio, perché più ricche, ottengono di più dallo Stato, mentre quelle più povere ottengono di meno. Tale distribuzione di risorse attiva un circolo vizioso per il quale sempre più risorse vanno al Nord e sempre meno al Sud.

A titolo esemplificativo, i fondi attribuiti nel 2014 a Lombardia e Campania, regioni con eguale numero di potenziali studenti beneficiari, rendono plastica la feroce ingiustizia sociale e il danno economico: la Lombardia, infatti, ottiene quasi 18 milioni, e la Campania ne ottiene 5,5 milioni (DPCM 3 Luglio 2015). Ne consegue che il 76% dei 46.000 studenti capaci e privi di mezzo – ma senza borsa di studio – sono iscritti alle Università meridionali.

Ovviamente nel giro di pochi anni, questi dati insieme alla denatalità, porteranno alla desertificazione culturale del mezzogiorno, che inevitabilmente risulterà in un incremento della forbice economica e sociale tra Nord e Sud.


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