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La pagella dei professori "In 70mila sotto esame per i fondi alla ricerca"

Via alla valutazione degli atenei. Ma è polemica

16/11/2011
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la Repubblica

 
 
Dai saggi fino alle scoperte e ai brevetti saranno premiati i progetti migliori
LAURA MONTANARI


Adesso sotto esame finiscono i professori e le loro ricerche: quello che scrivono, quello che pubblicano, gli studi degli ultimi sette anni. Sapremo come sta la ricerca in Italia e i voti che prenderanno i dipartimenti e le università nelle varie aree disciplinari. Una fotografia con il grandangolo puntato sulla produzione scientifica e umanistica. Si chiama "sistema di valutazione" e finirà con una "pagella" in base alla quale gli atenei migliori saranno premiati al momento della distribuzione delle risorse. «Finalmente, erano anni che l´aspettavamo», dice il professor Enrico Decleva rettore dell´università di Milano. Il censimento riguarda tutti i docenti: dagli ordinari agli associati ai ricercatori impegnati nelle università statali o private (Bocconi e San Raffaele comprese) e negli enti di ricerca a cominciare dal Cnr. È un progetto ambizioso e una sfida piena di insidie: l´obiettivo non è giudicare il singolo, ma la qualità della ricerca in quel certo dipartimento e in quell´ateneo: «Attenzione perché ora se un docente non produce buona ricerca diventa un peso e questo potrà avere un´influenza indiretta sul reclutamento del futuro. Si starà più attenti», prevede Decleva.
«La macchina si è messa in moto il 7 novembre con la pubblicazione del bando», annuncia il presidente dell´Anvur, Stefano Fantoni. L´Anvur è l´agenzia creata dal ministero per guidare la nuova valutazione. In passato già ce n´era stata una di valutazione, ma con adesione su base volontaria e a campione: ogni università aveva messo sul banco soltanto i migliori lavori. Adesso invece il controllo è a tappeto, riguarda tutte le cattedre. Ogni ateneo manderà tre ricerche per ciascun docente: verranno esaminati i lavori di 57mila universitari e 8mila tecnici e scienziati degli enti di ricerca. In totale poco meno di 216mila "prodotti".
Saggi, articoli, monografie, scoperte, brevetti. Una montagna di sapere divisa in sentieri: quattordici, uno per ogni settore disciplinare. Si va dalla fisica, alla chimica, dalla matematica all´ingegneria e all´architettura, dalle scienze storiche alle scienze politiche e sociali.
«Abbiamo nominato 14 presidenti di levatura internazionale che sono già al lavoro sui criteri di valutazione - spiega Andrea Bonaccorsi, vice coordinatore del progetto. E abbiamo contattato 450 esperti nazionali e internazionali che saranno incaricati di esaminare parte degli elaborati». Ciascun gruppo di esperti, entro il 31 gennaio, renderà noti i criteri di giudizio per le varie discipline, cioè le regole per poter misurare uno studio sugli orologi atomici o una ricerca filologica sulla «Gerusalemme liberata». «Analizzeremo i lavori in due modi - prosegue Bonaccorsi - con il "peer review", cioè la valutazione diretta di due esperti che leggono l´articolo o il saggio o, là dove è possibile, con il sistema bibliometrico, cioè esaminando gli indicatori quantitativi presi da vari database e il numero di citazioni registrate da una ricerca».
Ma l´università come accoglie questa specie di maxi-esame collettivo sulla qualità della produzione che arriva dai suoi laboratori e dalle sue biblioteche? «È una decisione calata dall´alto, senza discussione - critica Francesco Sinopoli della della Cgil - Vorrei sapere come l´Anvur porterà a termine questo mastodontico progetto con un bilancio di soli 5 milioni di euro e con sole sette persone nel direttivo». I mugugni cominciano a farsi sentire: «E poi come vengono selezionati i super esperti? Da chi e in base a quali parametri?», chiede il sindacalista. I dubbi crescono anche dentro le accademie: «Non metto in discussione il principio della valutazione - sostiene il rettore di Palermo Roberto Lagalla - ma sarebbe meglio partire con una fase sperimentale visto che, per le discipline umanistiche, difficili da valutare, i criteri andranno tarati e corretti. Il rischio altrimenti è di penalizzare gli atenei generalisti rispetto a quelli che hanno soltanto facoltà scientifiche».
 

 

 
 
 


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