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L'UNità-diritti cancellati, diritti negati-di N.Tranfaglia

Diritti negati, diritti cancellati di Nicola Tranfaglia C'è un aspetto centrale della situazione politica italiana di cui nessuno parla nel nostro Paese, quantunque ogni giorno intervengano sui m...

07/06/2002
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l'Unità

Diritti negati, diritti cancellati
di Nicola Tranfaglia

C'è un aspetto centrale della situazione politica italiana di cui nessuno parla nel nostro Paese, quantunque ogni giorno intervengano sui maggiori quotidiani noti intellettuali che ribadiscono ad ogni passo la loro fedeltà agli ideali della democrazia liberale.
Questo aspetto si può enunciare sinteticamente così: la Costituzione repubblicana del 1948 resta in vigore ma leggi già approvate e leggi in corso di discussione o approvazione la stanno sistematicamente smantellando e liquidando senza che la maggioranza raccolta intorno a Berlusconi si misuri con l'opposizione sul problema, avviando procedimenti di revisione costituzionale.
Il grave, a mio avviso, è che la nuova "costituzione materiale" che sta nascendo all'ombra del Cavaliere interviene non solo e non tanto sulla seconda parte della Carta che si occupa essenzialmente del funzionamento del sistema politico e istituzionale (e sul quale, in altri tempi, c'era stato un accordo di quasi tutte le forze politiche di procedere a parziali revisioni) ma sulla prima parte, quella che indica i princìpi fondamentali della Repubblica, i diritti e doveri dei cittadini, i rapporti etico-sociali, politici ed economici.
Facciamo qualche esempio per rendere il discorso più concreto. Il disegno di legge n.1707 sul conflitto di interesse, che andrà prossimamente all'esame del Senato, ma che è già stato approvato in commissione, mette in discussione (secondo l'opinione di alcuni costituzionalisti che io condivido) uno degli articoli fondamentali della Carta, l'articolo 3 sull'eguaglianza e sulla pari dignità degli italiani di fronte alla legge al di là delle "condizioni personali e sociali" di ogni cittadino.
Discorso analogo vale per il disegno di legge del governo sull'immigrazione che non detta una disciplina nuova sulla materia ma si limita a peggiorare "negli strumenti e a deturpare nei valori", come ha notato Livia Turco su questo giornale, la precedente normativa. Nella legge Turco-Napolitano gli stranieri che venivano a lavorare nel nostro paese erano trattati come persone dotate della dignità propria degli esseri umani uguali tra di loro dal punto di vista dei diritti, con la nuova legge sono merce, un puro strumento del mercato del lavoro globalizzato. Non si tradisce in questo modo un principio fondamentale della nostra costituzione che non fa e non vuol fare discriminazioni tra gli esseri umani, italiani o stranieri che siano?
Ha ragione il centrosinistra quando afferma che la nuova legge (in attesa di essere discussa e approvata dal Senato) renderà assai più difficile lavorare in Italia agli extracomunitari e il risultato sarà quello di un numero maggiore di clandestini: cioè l'opposto del risultato che il centrodestra vuol raggiungere.
Ma, ancor prima di questa considerazione politica che è assai importante, vale la pena ricordare che con simili decisioni si dà un altro colpo mortale all'articolo 3 della Costituzione che è una delle chiavi essenziali della nostra Carta come di quella europea dei diritti approvata a Nizza e non ancora ratificata nel nostro paese.
Passiamo a un altro settore centrale della legislazione berlusconiana: il disegno di legge 1306 che attribuisce al ministro dell'Istruzione e dell'Università la delega per riformare il sistema scolastico. Ebbene quel disegno di legge, pur senza attaccare esplicitamente l'uguaglianza dei cittadini, mette in discussione in più punti gli articoli 33 e 34 della nostra Costituzione sia in rapporto alle scuole e istituti privati che non dovrebbero comportare "oneri per lo Stato" sia all'esame di Stato che è stato di fatto svuotato abolendo le commissioni esterne sia ancora in relazione ai "capaci e meritevoli anche se privi di mezzi" al loro diritto "di raggiungere i gradi più alti degli studi".
Quel disegno di legge, infatti, crea una condizione di favore per le scuole private alle quali le regioni governate dal centrodestra stanno attribuendo miliardi di sovvenzioni che di fatto si sottraggono alla scuola pubblica e nello stesso tempo, fissando una scelta tra il proseguimento degli studi scolastici e l'avvio alla formazione professionale assai precoce, spingerà le famiglie meno abbienti a scegliere il secondo canale rendendo assai difficile, se non impossibile date le condizioni esistenti nel nostro paese oggi nel campo della formazione professionale in molte regioni, il diritto già citato di raggiungere i "gradi più alti degli studi". Lo stesso risultato si raggiungerà nel campo dell'università e della ricerca pubblica senza bisogno di apposite leggi se la politica ministeriale del ministro Moratti proseguirà nel solco dei tagli dei finanziamenti al pubblico e degli incentivi per l'istruzione superiore privata o pseudo-tale (visto che alle cosiddette università private i docenti continuano ad essere, salvo eccezioni, retribuiti dallo Stato o comunque utilizzati nel tempo libero che lascia loro l'università pubblica in cui sono incardinati). Potremmo continuare con gli esempi perché in tutti i campi la legislazione già approvata o in via di approvazione del governo Berlusconi segue un simile indirizzo. Cerca in pratica di realizzare un modello profondamente difforme dallo spirito e dalla lettera della nostra Costituzione e lo fa in due modi complementari: o presentando leggi che bypassano i princìpi costituzionali senza affrontare la revisione oppure omettendo di intervenire per sanare situazioni che sono già contrarie al dettato costituzionale.
Questo secondo modo è evidente nel caso dell'articolo 21 della Costituzione che sancisce in generale la libertà di espressione e di formazione degli italiani. Qui la mancata soluzione del conflitto di interesse del capo del governo che si persegue con il disegno di legge Frattini da una parte, e l'assenza di qualsiasi riforma delle norme sulle telecomunicazioni, dall'altra, configurano attraverso l'assenza dell'azione un analogo risultato contrario alla Costituzione. Di fronte a una simile strategia mi sembra di poter dire che i pericoli sono ormai evidenti e che le "prove tecniche di regime" (per usare un'espressione che ormai circola in alcuni giornali stranieri) procedono in maniera incessante. Non sarà il caso per le opposizioni di prenderne atto in maniera aperta e autorevole?


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