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Il bilancio sociale della Cgil:«Una scelta di trasparenza»

A convegno le esperienze di federazioni e organizzazioni regionali. Panini: «Uno strumento per migliorare l’attività del sindacato»

24/11/2011
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l'Unità

Luigina Venturelli

«Rendersi conto per rendere conto ». Con questo slogan la Cgil ha scelto tre anni fa di intraprendere un impegnativo percorso di piena trasparenza sulla propria attività: non solo quella sindacale in senso stretto,ma anche quella organizzativa, economica e comunicativa. In gergo tecnico si chiama rendicontazione sociale, e si riferisce a tutti gli effetti che le scelte di un’organizzazione o un’azienda provocano sulla società e l’ambiente circostante.
RENDERE CONTO In pratica, è una presa di coscienza della propria responsabilità verso la collettività. Così il sindacato di Corso Italia, l’unico tra le confederazioni presenti in Italia, ha deciso di registrare periodicamente e quindi di rendere pubblico non solo il proprio bilancio economico,ma anche il proprio bilancio sociale: dove e come vengono spese le risorse finanziarie, quali sono i risultati ottenuti con la contrattazione, quanti lavoratori ne sono stati beneficiati e in che misura, come è organizzato il sindacato al proprio interno, quali sono i servizi forniti ai tesserati, e una lunga serie di altre informazioni sulle azioni della Cgil. Ieri, nel corso di un seminario nazionale, sono state esaminate e diffuse le prime esperienze rilevate dalle organizzazioni regionali di Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Toscana, Puglia e Liguria, e dalle federazioni nazionali di Filcams, Flc, Fillea, Flai e Inca. Abbastanza per rappresentare oltre il 50% dell’intera struttura Cgil. «La rendicontazione sociale, di solito, viene scelta dalle aziende per ragioni di marketing. Per il sindacato, invece, si tratta di uno strumento prezioso non solo per rendere conto di quanto facciamo agli iscritti e all’opinione pubblica in generale, ma anche per aiutarci a lavorare meglio » spiega Enrico Panini, responsabile dell’organizzazione nella segreteria confederale. «Se produrre un bilancio sociale migliora la trasparenza dell’organizzazione e la conoscenza che se ne ha all’esterno, dall’altro aiuta anche la Cgil stessa a conoscersi meglio e a cambiare per migliorare le proprie politiche». È il caso del bilancio di genere, che esaminando la presenza di uomini e donne nella struttura - già ad un rapporto di 60 a 40 - i tempi di lavoro, la formazione e le possibilità di conciliazione con i carichi familiari, sta portando alla formulazione di nuove politiche a sostegno della presenza femminile nel sindacato. La scelta di una donna - Susanna Camusso - alla guida generale della confederazione, insomma, ha rappresentato solo il primo passo.❖
 


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