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I ricercatori e il piano flop. Tornati in Italia e maltrattati

Contratti precari e demansionamenti dopo aver rinunciato alle carriere all’estero

14/11/2013
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La Stampa

Flavia Amabile

Quando Anthony  Marasco ha  sentito quella frase si è arrabbiato  ancora di più. Già è furibondo  per come l’Italia lo ha  trattato, le parole della ministra  dell’Istruzione Maria  Chiara Carrozza gli sono  sembrate uno schiaffo dritto  in faccia, e ha deciso di rispondere.  «A differenza del  passato - aveva spiegato la  ministra parlando del suo  nuovo programma per il rientro  dei cervelli fuggiti all’estero  - stavolta garantiremo il  consolidamento dei ricercatori  in arrivo dall’estero all’interno  del sistema universitario.  Non si può fare l’attrazione  con i contratti a termine.  Occorre rendere chi  rientra professore, con una  posizione decorosa e degna  dello sforzo che ha fatto per  tornare in Italia». Dopo averla  letta, Anthony Marasco ha  scritto una lunga lettera che  è stata firmata da oltre 30 altri  che, come lui, si erano fidati  negli anni scorsi delle promesse  dei governi italiani. Alcuni  di loro pagando la scelta  a caro prezzo. «Chi scrive -  spiega Marasco - è parte di  quel “passato” a cui si riferisce  il ministro. Noi siamo fra coloro  che, a vario titolo e in vario  modo, si sono trovati senza garanzie  e senza certezze a dover  fare i conti con una realtà che  cambiava di giorno in giorno.  Alcuni di noi sono stati stabilizzati;  altri per essere stabilizzati  hanno dovuto accettare un  abbassamento di rango e di stipendio;  altri ancora sono dovuti  ritornare all’estero o hanno  dovuto cambiaremestiere. Per  tutti, comunque, si è trattato di  un inutile calvario, con atti formali  presi all’ultimo minuto,  leggi che cambiano improvvisamente,  procedure farraginose  e incerte. Fa piacere leggere  che tutto questo ora non accadrà  più. E non voglio avere alcun  dubbio che davvero non  accadrà più, ma mi sembra incredibile  che un ministro ammetta  che finora delle persone  siano state trattate in modo  non dignitoso e che le ignori come  se fossero cadaveri. Noi  non siamo cadaveri, siamo persone  con delle vite che abbiamo  messo in gioco perché ci  siamo fidati.Non si può voltare  pagina facendo finta che non  esistiamo».  Esistono, invece, e porteranno  per sempre su di loro i segni  di questo tradimento. Come  Carlo Caruso, italianista che  l’Italia non vuole e che è tornato  a lavorare in Gran Bretagna  da cui era rientrato, uno che all’università  di Durham oggi lavora  con una borsa di studio da  130mila sterline. «Con altre  università il mio curriculum è  fonte di attenzione e di stima.  In Italia mi sono sentito un  ostacolo. Persino chi è a costo  zero come noi che eravamo finanziati  dal Miur, venivamo  ostacolati solo perché esterni  rispetto al corpo docente».  Lo stesso vale per Anthony  Marasco, Phd a Berkeley, specializzazione  in Storia intellettuale,  nel 2004 arriva all’università  Ca’ Foscari di Venezia  ad insegnare Letteratura Americana.  «L’entrata è stata da  rockstar: applausi, complimenti,  tutti felici, tutti attorno.  Quattro anni dopo l’uscita è  stata da incubo. Persino la docente  che mi aveva chiamato  per partecipare al programma  non mi salutava più per strada.  Da risorsa ero diventato un  problema». Dopo aver combattuto  e vinto la battaglia per far  stabilizzare anche i ricercatori  come lui, alla Ca’ Foscari, che  fino ad allora aveva rifiutato la  sua stabilizzazione perché la  legge non lo permetteva, ha  scoperto che il suo corso non  interessava più, che la letteratura  americana poteva anche  non essere insegnata. «In realtà  poi hanno proposto il corso  ad una persona con competenze  completamente diverse.  Non sarei dovuto tornare in  Italia,ma di fronte alla promessa  di un posto stabile perché  non sarei dovuto rientrare?». E  ora che ha moglie e figli, trovare  di nuovo un percorso all’estero  non è semplice, spiega.  E quindi è qui, lavorando come  può. «Non siamo dei martiri -  scrive nella lettera alla ministra  Carrozza -, ma persone in  carne e ossa che avevano contato  su un Programma ministeriale  per poter continuare la  propria ricerca in Italia. È  troppo tardi? E perché mai?  Tutti sanno - continua - a che  cosa siamo andati incontro, e  pochi sono disposti oggi ad accettare  quella che è una vera e  propria roulette russa. Sia coraggiosa  signora Ministro, e  metta fine a una stagione poco  felice per aprirne una completamente  nuova».


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