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Europa: L’autonomia necessaria

Università

09/11/2007
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GIOVANNI RAGONE *

Secondo Giliberto Capano su Europa del 6 novembre, l’intervento del ministro Mussi a correzione dell’“ autonomia irresponsabile” (la formula è sua) degli Atenei non sarebbe altro che il classico sussulto di centralismo destinato a essere aggirato dalle astuzie dell’accademia.
Mancando quindi gli obiettivi di riduzione e razionalizzazione delle patologie che si sono sviluppate in questi anni, come l’eccessiva espansione dell’offerta di corsi di laurea, alcuni di dubbia utilità, l’esplosione del numero delle prove di esame necessarie per laurearsi, e così via. Guasti che verranno mascherati o sostituite da altri, in un classico giro vizioso. «Nel resto del mondo – scrive Capano – si viaggia ormai con due strumenti: accreditamento e valutazione ex-post. Noi siamo ancora all’occhiuta valutazione normativa».
Giusto. Questo governo, appunto, ha varato come suo primo atto l’Anvur, cioè una Agenzia nazionale di valutazione, che assumerà nel 2008 esattamente le funzioni di accreditamento dei corsi di studio e di valutazione ex-post. L’accreditamento, ovviamente, non può che avvenire anche sulla base di standard minimali di trasparenza informativa, efficienza, dotazione di strutture didattiche e docenti di ruolo (migliorabili nel corso del tempo; per ora, dato che le università nei prossimi tre anni devono riprogettare tutta la loro offerta didattica, sono quelli, assai più rigorosi rispetto al 2001, stabiliti dall’ultimo decreto Mussi).
La valutazione ex-post, secondo criteri decisi del tutto autonomamente dall’Agenzia, sarà determinante per la distribuzione delle risorse statali alle singole università, secondo criteri premiali e di incentivazione/disincentivazione.
Su questa linea l’Italia converge con gli altri paesi europei che si sono dotati o si stanno dotando in questi anni di un sistema simile.
Il fatto che sotto la Moratti il processo autonomistico non sia stato governato, valutato e orientato verso obiettivi chiari (qualità della ricerca, internazionalizzazione, qualità dei percorsi e occupabilità, ecc.) non giustifica lo scetticismo integrale di Capano.
I riformisti seri dovrebbero reagire contro le posizioni che mettono in caricatura un tentativo serio di cambiamento di rotta, su una linea che è l’unica attualmente plausibile e ragionevole. Sarebbe invece importante preoccuparsi dell’altro grosso problema che va risolto, se dalla fase uno dell’autonomia (sgovernata) si vuole rilanciare su una fase due (l’autonomia valutata e incentivata): la governance attuale delle università non funziona adeguatamente, e alcune regole che determinano la forma degli atenei, la loro capacità di autogestione, si sono dimostrate deleterie. Se da un lato è necessario restituire capacità propulsiva alla ricerca e alla formazione universitaria portando il monte-risorse verso le medie Ocse (e servono alcuni miliardi in più, come è scritto nel Dpef 2008), dall’altro si dovrà cambiare, là dove è necessario, l’intelaiatura dell’autogoverno.

* consigliere del ministro dell’università e della ricerca


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