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Espresso-Professor Spinello

Attualità STUPEFACENTI / IL CASO RHO Professor Spinello Gli studenti fumavano hashish in bagno. Il preside è stato condannato per favoreggiamento. E in questa intervista denuncia: ...

09/07/2004
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L'Espresso

Attualità STUPEFACENTI / IL CASO RHO
Professor Spinello
Gli studenti fumavano hashish in bagno. Il preside è stato condannato per favoreggiamento. E in questa intervista denuncia: vogliono insegnanti-poliziotti
di Davide Vecchi

Solo una volta, dice, ha chiamato i carabinieri. "Un eroinomane era entrato a scuola e, coltello alla mano, minacciava una mia studentessa, sua vecchia compagna di siringa, una 25enne che aveva deciso di smetterla con la droga". Ed era a buon punto, visto che partecipava al programma di recupero Ctp: adulti, ex carcerati, tossicodipendenti, prostitute mandati sui banchi di scuola come ultima tappa del percorso di resinserimento sociale. "Ne ho visti a decine. Ai loro occhi non ero solo il preside. Rappresentavo la società che gli chiedeva di cambiare radicalmente per essere accettati. Il problema era se loro volevano farne parte, di questa società, oppure no. E dipendeva anche da me: ero certo che utilizzando l'autorità invece del dialogo gli avrei consegnato un biglietto di ritorno alla droga, alla rapina, al carcere. Ho avuto ragione: li ho convinti che di me e di questa società potevano fidarsi, che avrebbero trovato disponibilità".

È un fiume in piena, Bruno Dagnini. Ha accettato di raccontarsi a 'L'espresso'. Seduto al bar di piazza San Vittore a Rho, beve un caffè, un amaro e parla. Quasi senza sosta. Per cinque ore. Una sigaretta dietro l'altra. È ancora incredulo. Da filosofo (torinese, si è laureato nella sua città con Gianni Vattimo) non guarda alla praticità della condanna di un anno e otto mesi che il 28 giugno il giudice Beatrice Secchi della Procura di Milano gli ha inflitto, piuttosto alla "drammaticità sociale" dell'accusa: favoreggiamento e agevolazione dolosa dello spaccio di stupefacenti. Dagnini è colpevole del fatto che in uno degli 11 gabinetti del liceo scientifico Majorana di Rho, di cui è preside, due dei circa mille studenti dell'istituto avrebbero fatto uso di hashish. "E avrei dovuto denunciarlo ai carabinieri, capisce? Se avessi fatto una denuncia senza indicare nulla, ma solamente che ogni tanto qualcuno si fumava uno spinello a scuola e che non sapevo quando né chi fosse, avrei avuto il mio alibi. Assurdo, no? Questa sentenza è fin troppo chiara". In che senso? "Ci costringe a fare gli sceriffi e demandare ai carabinieri un problema diffusissimo nelle scuole, creando una sorta di stato di polizia in una istituzione che per legge deve essere formativa, educativa, non repressiva. Un ragazzo di 16 anni deve poter parlare con i propri professori e non averne paura. Se facessi leggere qualche tema ai carabinieri probabilmente vi troverebbero indizi criminosi". Sorride, il preside Dagnini. Allenta la cravatta e riparte. Racconta che lui al Ctp tossici e criminali li ha conosciuti davvero. E che nessuno di loro aveva scelto la cattiva strada, ci si sono trovati. "Come? Perché a 16, 17, 18 anni erano stati denunciati anche per meno di uno spinello. Il segno, per molti, è indelebile".

Dei suoi 51 anni di vita ne ha spesi 21 dietro una cattedra. Undici da professore, gli altri da preside. Gli ultimi tre al Majorana, nella cintura nord-ovest di Milano. Al suo arrivo trova 100 mila euro di buco in bilancio e un bagno soprannominato 'uffici' pieno di scritte e qualche mozzicone di spinello. Il suo predecessore aveva pensato bene di chiuderlo a chiave, scatenando la rabbia degli studenti che si vendicavano imbrattando i muri. La priorità: risanare i conti. Poi allentare la tensione fra alunni e presidenza. Dagnini fa la prima mossa: riapre gli 'uffici' e assegna a un docente il compito di controllarli. Intanto organizza cicli d'incontri con gli assistenti sociali del Sert e invita la Guardia di finanza a controllare l'effettiva presenza di droga a scuola. "Ma il mio era un segnale verso l'esterno, ai possibili spacciatori volevo far capire che lì non dovevano avvicinarsi". Nella scuola i cani trovano un cilum, la pipa usata per fumare hashish. Nel 2003 arriva la legge Fini che inasprisce le pene ed equipara l'uso di droghe leggere a quello dell'eroina. A ottobre il liceo Parini di Milano e il Virgilio di Roma vengono coinvolti in pesanti indagini antidroga con pedinamenti di studenti, intercettazioni telefoniche, perquisizioni nelle abitazioni all'alba, retate all'interno delle scuole. Vere azioni di polizia. "Una caccia alle streghe inaccettabile", scrive il vicepresidente della commissione Giustizia della Camera, Paolo Cento, inviando un'interrogazione parlamentare al ministro dell'Interno Giuseppe Pisanu. Al quale il senatore della Margherita Sandro Battisti scrive: "Nessuno vuole lo spinello libero, ma non crede che si stia perdendo di vista il rispetto della dignità e della libertà delle persone?".

La caccia allo spinello era in corso anche a Rho. Un maresciallo dei carabinieri trova in archivio una vecchia denuncia nella quale un professore del Majorana affermava che negli 'uffici' si faceva uso di droga. Il 34enne pm Gianluca Braghò autorizza le indagini. Che portano all'arresto di uno studente fermato nel cortile della scuola con 20 grammi di hashish. E arriva la retata: nove carabinieri si presentano con i cani. "Li ho accompagnati senza problemi, figurarsi. Hanno trovato dei mozziconi di spinelli", 17 grammi di hashish nel cortile e tracce di cocaina su un davanzale. Elementi che spingono il pm a formulare l'accusa di favoreggiamento: il preside non poteva non sapere. Gli uomini dell'arma cercano testimoni: al professore autore della denuncia se ne aggiunge un altro e due studenti ammettono che "sì, nei bagni qualcuno fuma spinelli". Non servono nomi né particolari, bastano i minisequestri. Poco importa se c'è anche una relazione della Guardia di finanza datata 2002 che elogia "disponibilità e interesse" del preside del Majorana a organizzare incontri e controlli con l'obiettivo di combattere e limitare il diffondersi delle droghe a scuola. E non viene neanche inserita negli atti la lettera che i docenti e il personale del liceo inviano nel marzo 2004 per esprimere solidarietà al loro preside.

Dagnini, che ha nominato difensore l'avvocato e parlamentare milanese Giuliano Pisapia, scuote la testa. "Nessuno considerava realistica la condanna. Voglio dire: ho scoperto quanto la legge possa essere pericolosa. Io facevo il mio lavoro di preside, come fanno tutti i miei colleghi. Affrontando con il dialogo i problemi e non con la forza e l'autorità. Nel mio liceo solo il 5 per cento degli studenti ha ammesso di fumare hashish. Non è facile da individuare quel 5 per cento e, soprattutto, non è un dato che spinge un direttore didattico ad adottare misure drastiche. Rimango convinto della bontà del mio metodo didattico", continua il preside: "Non cambio idea. Io sono un educatore. Carabinieri, polizia, la repressione generalizzata è una resa. E questa condanna, se verrà confermata in appello, crea un precedente drammatico: nessuno dei miei colleghi può ritenersi al sicuro. Gli spinelli sono in tutte le scuole, a volte c'è anche di peggio. Ma non si possono mica arrestare decine di ragazzi".

Il suo sguardo fa un rapido giro sul tavolino: sigarette finite. "Il tabacco è droga eppure è legale, come i farmaci per dimagrire, sa quanti studenti ne fanno uso?". Sono le due di notte. Il bar deve chiudere. Dobbiamo andare. "Ironico, no?", dice sottovoce. "Abbiamo ricorso in appello, certo, ma a oggi ho una condanna sulle spalle e questa piazza si chiama San Vittore".

Tutta l'erba del vicino. Di banco
È alta la diffusione delle droghe leggere negli istituti

Circa il 5 per cento degli studenti delle scuole milanesi fuma hashish. Mentre il 42 per cento l'ha provato almeno una volta nella vita. È quanto emerge dai sondaggi anonimi che annualmente i Sert realizzano negli istituti superiori. Medesime percentuali nelle scuole della capitale: in media uno studente ogni 20 fuma uno spinello almeno due volte alla settimana.

E sono proprio gli istituti scolastici i luoghi di maggior consumo di sostanze stupefacenti da parte dei giovani d'età compresa fra i 14 e i 19 anni: uno su due ha provato la droga

a scuola, secondo le stime della Polizia. Ma pochi arrivano a una seconda esperienza: la relazione del Dipartimento per le politiche antidroga dice che solo il 13 per cento degli italiani d'età compresa fra i 15 e i 34 anni fa abituale uso di droga. Il 17 se si comprime la fascia d'età fra 15 e 24 anni. Il motivo principale (31,9 per cento) per cui si fuma il primo spinello è il desiderio di provare nuove sensazioni. E l'esperienza delude il 50 per cento dei ragazzi. Non a caso gli aggettivi più usati dai giovani per definire la droga sono negativi: rischiosa, stupida, schiavizzante e inutile.


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