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Corriere-Professori, il prestigio perduto "Ci trattano come impiegati"

Professori, il prestigio perduto "Ci trattano come impiegati" Sono diventati una categoria "a rischio di disagio psicologico" Più di un terzo è pessimista sul futuro e sui valori della scuo...

12/09/2003
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Corriere della sera

Professori, il prestigio perduto "Ci trattano come impiegati"

Sono diventati una categoria "a rischio di disagio psicologico" Più di un terzo è pessimista sul futuro e sui valori della scuola

Giornate scandite da squilli di campanella e voti sul registro, studenti contestatori, scontri con le famiglie. E ancora, strutture fatiscenti, mancanza di dialogo con le istituzioni, gli stipendi che non bastano mai. Ce n'è abbastanza di che crollare. E difatti si crolla: gli insegnanti italiani sono sempre più spesso vittime della sindrome del burnout , esauriti dal confronto con una società che li considera sempre più impiegati e sempre meno autorità. Ma nonostante tutto, per molti le lezioni, la vita in classe vengono ancora al primo posto. E il vecchio maestro, amato e rispettato, sopravvive ancora in qualche corridoio.

"CATEGORIA A RISCHIO" - Una volta si diceva degli operai, pensando agli incidenti sul lavoro. Ma nessuno, fino ad oggi, avrebbe mai associato alla professione dell'insegnante la definizione di "categoria a rischio". Oggi sì. E il disagio ha un nome: sindrome del burnout . E' stata analizzata per la prima volta in Italia, in relazione al mondo della scuola, dallo studio "Getsemani". Il punto di partenza: gli accertamenti sanitari sulle domande per l'inabilità al lavoro. Le conclusioni: la sindrome del burnout (letteralmente "scoppiato", "esaurito") colpisce gli insegnanti con una incidenza doppia rispetto alle altre professioni. "E' un disagio - spiega la psichiatra Patrizia Zeppegno - che colpisce chi è nell'ambito delle professioni d'aiuto, poliziotti, medici, operatori sociali. Tra cui, appunto, gli insegnanti. Tra i più a rischio, perché partono spesso con molto entusiasmo e poco realismo. E a un certo punto non ne possono più, si sentono senza energia, si isolano". "I dati più recenti - avverte Vittorio Lodolo D'Oria, medico, tra gli autori dello studio - sono allarmanti: nel biennio 2001-2002, il 58% delle domande per inabilità al lavoro da parte dei docenti è stato per causa psichiatrica. Nel '92-'93 l'incidenza era del 41%. Una crescita esasperata, assente tra gli altri lavoratori, perfino tra gli infermieri". La conclusione? Una sola: "I docenti oggi sono una categoria a rischio. Le istituzioni dovranno tenerne conto".

IERI E OGGI - "Insegno da trent'anni, e il cambiamento in senso negativo l'ho visto, eccome - annuisce Gloria Marchionne, docente di italiano e storia in un istituto professionale di Latina -. Il degrado della scuola, inteso come mancanza di strumenti, strutture, fondi, è diventato un degrado generale, anche nei rapporti umani. Non sono nostalgica, ma una volta la figura dell'insegnante aveva una sua valenza, rappresentava un valore". Quel valore che, per molti, sarà sempre rappresentato dalla "maestrina dalla penna rossa", o - per alcuni - da don Milani nella sua scuolina di Barbiana. "Oggi invece - prosegue la professoressa Marchionne - siamo in balia dei presidi, delle riforme fatte senza neppure chiederci un parere... Aria fritta: abbiamo scuole dell'Ottocento e ci chiedono programmazioni d'avanguardia. Ma bisognerebbe portarsi da casa un carrettino col computer...". Non stupisce se in molti si arrendono, si rifugiano nella routine. Stupisce, piuttosto, constatare come si possa ancora resistere: "Nonostante questo, si va avanti. Perché noi, nel momento in cui entriamo in classe, alla fine siamo insegnanti. Di fronte abbiamo "materiale umano". Quindi la lezione si fa. Se la scuola regge è perché ci siamo noi. Che ogni mattina, nonostante l'avvilimento, andiamo avanti".

SEMPRE PIU' PESSIMISTI - Si continua a insegnare, certo. Ma non basta il rapporto con gli studenti per allontanare un'ombra di demotivazione, di pessimismo. "I docenti - commenta Carlo Buzzi, sociologo e direttore scientifico dell'Istituto Iard di Milano, osservatorio privilegiato sul mondo scolastico - oggi percepiscono come diminuito il proprio prestigio sociale. Ancora peggio, la loro sensibilità li spinge ad affermare che diminuirà ulteriormente". Il fenomeno è talmente massiccio che i ricercatori dello Iard hanno coniato una definizione ad hoc : i "pessimisti verso il prestigio professionale". Le analisi li attestano intorno al 37,4%. Più diffusi nelle medie e nelle superiori rispetto a scuole dell'infanzia e primarie, attribuiscono la loro sfiducia al declino dei valori su cui si fonda l'insegnamento: serietà, competenza, capacità di improvvisare in modo creativo, attaccamento al proprio lavoro. In una parola, la vocazione. "Il problema - spiega Buzzi - è che l'insegnante si percepisce come una persona con una forte funzione sociale, o come un professionista con un compito di rilievo. In realtà poi come si vede riconosciuto? Alla stregua di un impiegato, di un funzionario pubblico. La discrasia è forte e non tutti riescono a farvi fronte".

ISOLE FELICI - Una situazione tutt'altro che rosea. Eppure ci sono ancora delle "isole felici". Nei paesini di montagna, dove il maestro è ancora un'autorità, qualcuno da salutare con orgoglio e con rispetto. Nei piccoli borghi di mare, o nei placidi paesotti di pianura. L'ultimo sondaggio Eurispes, arrivato in tempo per l'inizio d'anno scolastico, si apriva con un dato quasi disastroso: per il 40,6% dei genitori intervistati, la scuola italiana è peggiorata negli ultimi anni. Leggendo con più attenzione, però, si scopre che per una percentuale pressoché analoga di famiglie del Sud (37,3%) le mattinate trascorse sui banchi oggi hanno ancora lo stesso valore di trenta, cinquant'anni fa. "E' vero - conferma Vincenzo Di Figlia, 52 anni, docente dal 1976 e da 5 anni preside di scuola media in un quartiere popolare di Palermo -, da noi le famiglie hanno ancora rispetto per gli insegnanti. L'ho visto sia quando insegnavo in un paese delle Madonie, a Petralia Sottana, sia qui, a Sette Cannoli: quando il professore chiede qualcosa, il genitore ascolta". Un rispetto che si fonda sulla fiducia reciproca e sulla collaborazione: "Quando dobbiamo scegliere i libri di testo, ad esempio, convoco sempre anche le famiglie. Nella maggior parte dei casi accettano le scelte degli insegnanti: perché li reputano preparati, in grado di dare un giudizio". Certo, ammette il professore, al Nord e nelle grandi città la situazione è cambiata, il clima è diverso. Resta il conforto di un ultimo dato Eurispes: il 65,4% dei genitori interpellati crede che gli insegnanti dei propri figli siano competenti e preparati. In campagna come in città.

UNA SOCIETA' IN EVOLUZIONE - "Qualche giorno fa, in un film alla televisione, un personaggio diceva che il suo era un lavoro malvisto, sottopagato, criticato da tutti, e che però gli piaceva - sorride Gennaro Amandonico, 36 anni, insegnante di lettere al liceo scientifico di Chiavenna (Sondrio) -. Ecco, la nostra situazione è così". Un quadro difficile, anche per i più entusiasti. "Quando ho iniziato, dieci anni fa, avevo più fiducia nella possibilità di comunicare qualcosa - spiega il professore -. Oggi in fondo abbiamo un peso relativo, anche se i genitori, soprattutto nei piccoli centri, ci vedono ancora come una figura che può condizionare i ragazzi, nel bene o nel male. Ma la società è cambiata, dobbiamo competere con situazioni che non ci consentono di operare chissà quali trasformazioni". E le sfide non finiscono qui: "Ci sono le famiglie, che ormai non hanno più scrupolo di contestarti anche nello specifico, sui voti, la didattica. E poi è aumentata la competitività tra i docenti, una specie di corsa al progetto migliore: uno stimolo, ma anche una fonte inutile di stress, che affossa la collaborazione". Verrebbe voglia di cambiare mestiere... "Non ci penso nemmeno. A me questo lavoro continua a piacere. Perché poi alla fine di tutto ci sono i ragazzi; e loro continuano a darmi tanto. L'ho detto: faccio un lavoro malvisto, sottopagato. Ma mi piace, che posso farci?".

(4.- fine. Le puntate precedenti sono state pubblicate il 3, il 6 e l'8 settembre)


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