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Corriere-Il nostro non è un istituto ghetto ma un laboratorio dove i giovani imparano a integrarsi"

Scuola, ragazzi stranieri tutor per i più piccoli "Il nostro non è un istituto ghetto ma un laboratorio dove i giovani imparano a integrarsi" Dina ha 21 anni. Quando ha lasciato lo Sri...

04/01/2005
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Corriere della sera

Scuola, ragazzi stranieri tutor per i più piccoli

"Il nostro non è un istituto ghetto ma un laboratorio dove i giovani imparano a integrarsi"

Dina ha 21 anni. Quando ha lasciato lo Sri Lanka, nel 2001, le mancava un semestre di scuola per potersi iscrivere a medicina. A Milano ha dovuto ricominciare gli studi da capo. Si è iscritta al professionale Oriani Mazzini, istituto di "frontiera" che accoglie oltre duecento studenti stranieri (circa il 10 per cento). La voglia di studiare Dina non l'ha persa, però. Anzi. Quando torna a casa, la sera, fa i compiti con il padre. E se lui è stanco, se non ha voglia di leggere o scrivere in italiano, Dina insiste: "Papà, è importante. Ti devi integrare. Come facciamo noi a scuola".
Perché all'Oriani Mazzini esiste un programma speciale per gli studenti stranieri. Corsi aggiuntivi di italiano, uno sportello per aiutare chi è appena arrivato e non sa come iscriversi, come muoversi in città, come sbrigare pratiche burocratiche o semplicemente ha bisogno di parlare con qualcuno. E un progetto di tutoraggio tra i ragazzi delle superiori e quelli delle medie.
"Non è una scuola ghetto - precisa Federica Gallotti, vicepreside dell'istituto che ha una sede a Ponte Lambro, una a Inganni e una in corso di Porta Vigentina - ma un laboratorio interculturale dove i ragazzi imparano a integrarsi".
Dina, Anthony, Jessica, Marlene, Rosa sono già pronti. Loro che ce l'hanno fatta, loro che ormai si sentono quasi del tutto italiani ("ma non dimentichiamo le nostre radici"), si sono detti disponibili ad aiutare i più giovani. Quelli di Ponte Lambro, soprattutto. Gli iscritti alla media San Francesco d'Assisi (scuola di periferia "con forti processi migratori") appena arrivati in Italia. Ragazzini stranieri con lo stesso sguardo spaurito che avevano loro, con le stesse speranze e gli stessi problemi. Filippini, sudamericani, slavi, peruviani.
"Il primo impatto con l'Italia - spiega Anthony, filippino e rappresentante della sua classe - è sconvolgente. Dal cibo al modo di gesticolare a quello di vestirsi. È tutto completamente diverso. Per questo potrebbe essere utile che una ragazzo appena arrivato si confrontasse con noi".
Dina continua: "Portavamo la divisa, il maestro aveva un righello per picchiarci le mani. Anche il rapporto con gli insegnanti qui a Milano è diverso". Ancora: "Io a un mio connazionale direi di frequentare corsi di italiano, di consultare sempre il dizionario, di non essere pigro e guardare la tv, di usare i sottotitoli del televideo per imparare a scrivere. E di stare con gli italiani".
Mai parlare nella lingua madre. È questo il primo consiglio. Sempre una parola nuova. "L'italiano - dice Marlene, peruviana - deve essere l'unico modo per comunicare. Anche con i miei familiari insisto". Rosa, filippina, continua: "Il primo ostacolo è proprio la lingua. Se sbagli è giusto che i compagni ti correggano". Jackline de la Cruz è arrivata solo 11 mesi fa. L'italiano ancora non lo conosce perfettamente. "Ma ci provo", dice.
I "tutor" dell'Oriani Mazzini aiuteranno i ragazzi nel fare i compiti, ma non solo. "Spiegheremo loro come muoversi nel quartiere e orientarsi per la città. Ed evitare i guai". In primavera, poi, si dedicheranno a un altro progetto. Si chiamerà "Lombardia dei sensi": gli studenti, italiani e stranieri prepareranno percorsi guidati in collaborazione con i consigli di zona. "Faremo da Cicerone - spiegano - creando itinerari che proporremo anche ai bambini delle elementari". Continua il preside, Luciano Pasqualotto: "Cercheremo di capire come il ragazzo straniero percepisce il quartiere".
Nel frattempo, tutti i giovani iscritti - e le loro famiglie - potranno approfittare dello sportello di supporto allestito nella sede di via Zante. "Si rivolgono a noi - continua massimo Fantini, docente di psicologia e responsabile del progetto - per le piccole banalità di tutti i giorni, come iscriversi ai corsi di lingua del Comune. Ma anche per questioni più intime. E delicate". Conclude la professoressa Gallotti: "Cerchiamo di fare un'opera di formazione civica".
Annachiara Sacchi


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