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Corriere: Il girotondo dei rettori

Le minacce, no, non ce le saremmo aspettate dalla Conferenza dei rettori italiani

15/12/2006
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Corriere della sera

Le minacce, no, non ce le saremmo aspettate dalla Conferenza dei rettori italiani. La protesta per le risorse negate all'Università dalla Finanziaria è legittima. Il grido d'allarme sullo stato comatoso dei bilanci universitari, lo sconcerto per l'insensibilità dimostrata nei confronti della ricerca: tutto questo è meritevole di considerazione e la maggioranza di governo farebbe male a non tenerne conto. Ma se i rettori decidono di svestirsi del loro ruolo togato e arrivano a intimare ai rappresentanti del governo di tenersi lontani dalle «significative manifestazioni in Università», è un lessico inaccettabile quello che traspare dalle loro dichiarazioni.
Il governo dovrà naturalmente tener conto degli argomenti di chi teme una penalizzazione eccessiva delle Università. E il comunicato dei rettori, così virulento nei toni e nelle parole, sancisce una rottura simbolica la cui portata è paragonabile ai fischi operai di Mirafiori. Era stato infatti il centrosinistra ad appoggiare la protesta del mondo universitario contro il governo di centrodestra. «Ricerca» e «istruzione» sono state due parole chiave nella polemica dell'Unione contro una maggioranza, quella che sosteneva la compagine governativa guidata da Berlusconi, accusata di abbandonare alla deriva un universo vitale per il futuro dell'Italia. Ai rettori, vezzeggiati e assecondati per cinque anni, sono state offerte candidature alle elezioni. Il Magnifico Rettore dell'Università di Reggio Calabria, Alessandro Bianchi, è diventato ministro. Se ora i rettori si sentono traditi e percepiscono una sordità del governo sui temi della ricerca e dell'istruzione, il governo deve fare un esame di coscienza. I fischi e le contestazioni al governo, se si eccettua qualche sbavatura e caduta di stile, possono anche essere uno stimolo a cambiare, un modo per esprimere delusione per chi, anziché avvitarsi in dispute nominalistiche su ciò che si dovrà fare dopo la Finanziaria, deve fare subito tesoro degli errori commessi. Ma davvero c'è bisogno di un ennesimo girotondo, nientemeno che di un girotondo dei rettori che stona in modo così stridente con la loro funzione e la loro immagine austera?
Se la spaccatura tra il mondo della ricerca e il governo è dunque un campanello d'allarme per chi ha varato una Finanziaria al di sotto delle aspettative dei rettori e dei ricercatori dell'Università, le forme e i modi della protesta non sono indifferenti, anche se lo scopo può essere condivisibile. Il metodo dell'ultimatum, l'invito ai membri del governo a non mettere piede all'Università sono appunto forme che i rettori, per la delicatezza del loro ruolo e per il carattere in un certo senso istituzionale della loro funzione, devono saper arginare per non far cadere l'Italia in una deriva caotica e civilmente disgregata che in altri tempi si sarebbe detta «sudamericana». I rettori invitino il governo nelle Università, chiedano conto delle promesse non mantenute, ripetano quanto hanno detto nella passata legislatura, e cioè che una nazione moderna non può permettersi di mortificare la ricerca. Ma evitino i girotondi. Non per risparmiare critiche al governo. Ma per risparmiare all'Italia l'ennesima brutta figura.


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