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Corriere: «Agevolati dal ritardo Ora tocca alle università»

Venture capital Pierluigi Paracchi (Quantica)

04/01/2009
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Corriere della sera

MILANO — «Non è un caso che i due ingredienti più dinamici nella ricerca della Fondazione Rosselli siano il venture capital e la tecnologia, perché sono due aspetti della stessa medaglia. Paradossalmente siamo avvantaggiati dal nostro ritardo cronico: mentre tutti gli altri frenano, in un momento di difficoltà generalizzata anche per le economie molto attente alle start-up, come Usa, Israele e Gran Bretagna, noi cresciamo. E mi aspetto un 2009 anche migliore». Non sembra sorpreso Pierluigi Paracchi, amministratore delegato di Quantica, il principale fondo di venture capital rivolto all'high tech in Italia che si è appena aggiudicato la fetta più grande del Fondo per le imprese del Mezzogiorno voluto dal governo.

Insomma, vuol dire che chi parte tardi almeno corre di più?

«Dopo anni di concentrazione del private equity sulle piccole e medie aziende a conduzione familiare dove il ricambio generazionale non sempre funzionava, solo da qualche anno abbiamo una legislazione che permette gli spin-off, cioè la possibilità di creare impresa partendo dalla ricerca universitaria. Consideri che il primo boom del venture capital nel mondo è quello del '98-2000, prima dell'esplosione della bolla high tech. Al tempo in Italia era addirittura "fuorilegge" fare uno spin-off di questo genere. La prima legge è la 297 del '99».

E dopo?

«Poi abbiamo avuto un ciclo negativo internazionale, fino al 2003, quando il settore del venture capital e delle start-up è ripartito. Noi, in sostanza, stiamo prendendo quell'onda lunga».

È per questo che è ottimista anche verso il 2009?

«Partiamo dal basso e solo adesso si stanno concretizzando grandi iniezioni finanziarie come quella del Fondo per il Sud. Pensi che nel 2005, quando è partito il nostro primo fondo, il Principia I, con una raccolta di 25 milioni (dei nani a livello internazionale), l'intero settore in Italia era pari a 31 milioni. Ora siamo a 52 milioni solo nel primo semestre 2008 ed è appena arrivato il via libera per gli 87 milioni della gara del fondo per il Sud che potranno essere raddoppiati con apporti privati».

Ma non le sembra contraddittorio il risultato positivo della bilancia tecnologica, che vuol dire che esportiamo brevetti, e la carenza di capitale umano?

«È coerente con la realtà: tra aziende, università e venture capitalist è proprio l'accademia quella che si mostra meno in grado di dialogare sulle start-up. È difficile trovare professori o ricercatori disposti ad ascoltare. C'è ancora un clima di chiusura verso chi si presenta in "gessato". Se impieghiamo dai 4-6 mesi per arrivare a una firma dal primo approccio è perché ce ne vogliono 3 per spiegare i vantaggi».

Cosa manca?

«Ci vorrebbe il classico caso di successo della porta accanto, qualcosa che porti gli altri all'emulazione. Qualcosa si sta muovendo ma c'è ancora una totale avversione al rischio e all'abbandono del "posto fisso"».

Pierluigi Paracchi

Massimo Sideri

msideri@corriere.it


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