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Caro Maurizio…

A proposito del nuovo progetto ministeriale per la valutazione delle scuole

15/02/2012
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ScuolaOggi

Antonio Valentino


L’Ispettore Tiriticco, nel suo ultimo articolo per ScuolaOggi, contrappone alla proposta ministeriale di un nuovo progetto per una valutazione esterna delle scuole un insieme di misure e di interventi necessari per far superare la “broncopolmonite” del sistema “che rischia di diventare cronica”. Misure che vanno: dalla creazione di una ‘vera’ scuola di base decennale (“che liquidi per sempre i tre gradini”, “che parta dai 5 anni di età e si concluda ai 15 con una reale certificazione di competenze di cittadinanza e culturali”); al riordino degli Esami di stato (dentro un più generale progetto di istruzione e formazione fino al 18esimo anno di età, che comprenda la cerificazione delle competenze relative ai singoli indirizzi); ad un utilizzo funzionale del personale in esubero per la riduzione di un anno del secondo ciclo.
In altri termini un invito a pensare in grande e a liberarsi della logica dei ritocchi “che fanno solo perdere tempo”.
Partendo da questi presupposti, giudica duramente la proposta ministeriale VALeS, che considera praticamente una perdita di tempo e di soldi (“Tre anni di carte su carte, di menar il can per l’aia!”).

Le indicazioni di Tiriticco per una vera riforma della scuola, per come la vedo anche io, non fanno una grinza e sono quindi sottoscrivibili dalla ‘a’ alla ‘zeta’, virgole comprese. Anche se va aggiunto che, allo stato attuale, molto difficilmente innovazioni così profonde possono essere messe in cantiere da un “governo tecnico”.
Mi lascia invece molto perplesso la sua posizione così pesantemente negativa sul progetto VALeS e mi riesce difficile condividere critiche tanto nette.
E questo non per una particolare benevolenza verso il nuovo ministro. Che pure è fatto di una ‘pasta’ culturale e professionale non paragonabile con quella del precedente ministro, le cui prodezze e il cui stile faremo fatica a dimenticare.
La ragione prima di una mia diversa posizione nasce dalla convinzione che, certamente, bisogna lavorare alle grandi riforme di cui parli tu, caro Maurizio, ma che, nel frattempo, il Ministero (che – diciamocelo - ha davanti a sé poco più di un anno, sufficiente solo per avviare qualche processo significativo ed elaborare buone intenzioni)deve in primo luogo, per un verso, lanciare segnali di attenzione alla scuola pubblica di tutti, umiliata in questi anni da una politica di tagli insensati e sgovernata da una politica di riforme sulla carta e di favori continui alle scuole private; per un altro, contrastare l’immobilismo che ci sta distruggendo, chiamando gli Istituti che lo vogliano a darsi una mossa. E di fare tutto questo non con la sicumera e la protevia dell’inneffabile coppia Gelmini-Brunetta, ma puntando su contenuti e modalità non pensati per fare scena, ma perché “materiali” non effimeri con cui cominciare a costruire una scuola migliore.
Perchè dico queste cose?
Penso che l’analisi dei testi a disposizione sul progetto VALeS offrono elementi convincenti per una interpretazione di questo tipo.
Ne cito alcuni.
- È vero che il progetto riprende la tematica della valutazione che era al centro dei due progetti Gelmini del novembre del 2010. Ma la riprende con alcune sostanziali differenze. La sperimentazione non è finalizzata a individuare i migliori docenti e le migliori scuole da premiare, ma è piuttosto un modo – almeno questo si deduce abbastanza facilmente – per far emergere e organizzare le risorse professionali più preparate e/o disponibili ad un più elevato sviluppo professionale. Si afferma al riguardo (v. Circ. del 3 febbraio) che “non sono previste premialità alle scuole che raggiungono risultati migliori, ma finanziamenti per tutte le scuole [dai 10.000 ai 20.000 mila euro sul triennio], rapportati agli obiettivi da raggiungere”. E si precisa: “alle scuole in maggiori difficoltà sarà (…) garantito un maggiore supporto per sostenere il piano di miglioramento”.
Non c’è quindi logica premiale, che in sperimentazioni come queste - e in questa fase - sarebbe controproducente; il focus è invece, soprattutto, sulla motivazione e sul coinvolgimento.
Ci troviamo, su questo punto, di fronte ad un radicale cambiamento di rotta. Anche grazie, va riconosciuto, alla posizione deterninata che i sindacati – e la FLC-CGIL in primo luogo – hanno tenuto al riguardo.
- Il progetto è scritto in modo immediatamente comprensibile. Le fasi e le operazioni sono descritte senza le inutili complicanze dei progetti Gelmini; come pure mi sembrano abbastanza individuati (per quanto in termini essenziali) i compiti assegnati ai vari soggetti in campo.
- La sperimentazione viene presentata come “ricerca partecipata”, nella quale “alle scuole non verrà chiesto di applicare degli strumenti di miglioramento predefiniti, ma, in modo più impegnativo, di contribuire alla loro elaborazione e regolazione. In questo modo potrà essere garantita una maggiore flessibilità nell’attuazione del progetto”. (Nelle precedenti sperimentazioni a questo approdo si arriva - e non certo nei termini condivisibili di questo progetto - dopo vari ‘tira e molla’ con le scuole)
- Sono previste azioni di sostegno, di accompagnamento, di consulenza o altro, da concordare con l’INDIRE, ma anche di formazione mirata alla realizzazione del Piano. Appare interessante anche la precisazione della circolare secondo cui nella fase della realizzazione del piano di miglioramento, “ogni istituto potrà, utilizzando le risorse finanziarie messe a disposizione, avvalersi del supporto dell’INDIRE, oltre che intraprendere propri percorsi, ricorrendo alle università o ad altre risorse culturali e professionali del territorio”. Un segnale in direzione di un rafforzamento dell’autonomia delle scuole?
- Personalmente valuto in termini positivi anche il cosiddetto “approccio integrato” (che però meriterebbe un approfondimento a parte), in virtù del quale la sperimentazione viene condotta sulla base di un disegno di valutazione complessiva in cui risultino organicamente inserite la valutazione delle scuole e la valutazione dei Dirigenti scolastici (DS).

Ovviamenbte non mancano le zone d’ombra e le criticità. Ne cito alcune:

· Tra le finalità generali c’è particolare enfasi sulla cultura della “valutazione esterna”, mentre si parla poco e di sfuggita di cultura della valutazione interna di istituto. Che sappiamo essere condizione importante per sviluppare riflessività, analisi, autovalutazione e quindi consapevolezza interna; senza le quali ogni miglioramento appare difficile. C’è solo un accenno in proposito nella citata circolare, quando si indicano, tra le azioni della seconda fase - precedenti alle azioni di miglioramento (terza fase) -, non solo la progettazione delle iniziative di miglioramento, ma anche l’autovalutazione di istituto.
· La durata del percorso (triennio) probabilmente non favorisce un impegno concentrato sul progetto e quindi può dar luogo a dispersione di energie. Su questo concordo con Maurizio Tiriticco. Certamente i tempi devono tener conto del funzionamento ordinario delle scuole (che va comunque garantito) e delle disponibilità ministeriali sul fronte dei nuclei da attivare e impegnare. Però l’esperienza dimostra che una dilatazione eccessiva dei tempi fa correre il rischio che le attenzioni e l’impegno calino. Penso sia preferibile un percorso biennale, con un primo anno centrato sulle prime due fasi (analisi valutativa della scuola come sistema complesso e progettazione) e un secondo anno sulla sperimentazione del Piano di miglioramento. A meno che il terzo anno sia utilizzato per la condivisione del Rapporto di valutazione conclusivo e gli aggiustamenti e le implementazioni del caso.
· Il numero delle scuole ammesse alla sperimentazione mi sembra troppo contenuto. Mi chiedo se il numero previsto (300 su oltre 10000 scuole), dettato certamente da ragioni di bilancio, potrà garantire affidabilità ai risultati dell’operazione.

Se queste sono le criticità su cui sarebbe utile un ripensamento, penso che il vero nodo dell’intera operazione sia rappresentato dall’adeguatezza (preparazione, congruità numerica, padronanza di procedure e tecniche dell’ascolto e della reciprocità) di quelli che sono gli “elementi pilota” dell’operazione; e soprattutto
- dei nuclei di valutazione esterni (su quante scuole? Con quale coordinamento almeno regionale? Con quali modalità di collaborazione col DS?),
- dell’INDIRE, per le azioni di sostegno, formazione, accompagnamento,
- dei DS.

Ritengo però che il successo dell’operazione sia legato soprattutto ad alcune condizioni.
La prima: che il ministero ci creda e dia all’operazione una valenza strategica, attraverso ascolto, vigilanza e valorizzazione dell’esperienza; perché essa diventi leva non effimera per diffondere e far crescere la cultura della valutazione.
La seconda: che i DS siano messi nella situazione di dedicarvi energie adeguate (in primo luogo ocorrerà pensare per il prossimo anno ad un dimensionamento delle Istituzioni Scolatiche sensato per numero e tipogie di istituo da aggregare e per numero di studenti). Penso che questa operazione avrà più o meno successo se i DS saranno essi stessi in prima linea quanto a prepartazione e motivazione e se riusciranno a costruire dentro le scuole un nucleo interno che possa essere ‘massa critica’ all’interno delle varie articolazioni del collegio (leadeship diffusa). Garantendo comunque apertura, trasparenza e coinvolgimento generalizzato.
Perciò, prima che parta l’operazione, andrebbe previsto per i Dirigenti un percorso formativo, anche on line, che consenta di partire col piede giusto.
La terza: che le scuole (DS, gruppo attivo, genitori coinvolgibili come strumento di “appoggio e pressione”) si sentano non esecutrici di volontà e scelte altrui, ma protagonisti di un’operazione che, pur muovendosi dentro una logica di progetto nazionale, venga avvertita come funzionale ai propriobiettivi di miglioramento.

L’ho fatta lunga anche per convincere di più me stesso.
Concludo ribadendo comunque che, in questa fase, ogni idea - anche se ‘parziale’ - che abbia senso e guardi al futuro e si muova nella direzione giusta, va sostenuta, con spirito certamente critico e vigile, ma sempre propositivo. L’attuale situazione di immobilismo, se protratta ulteriormente, può distruggere anche le tante energie che aspettano di essere “risvegliate”.
Amo pensare – ma ne sono quasi certo - che su questo Maurizio Tiriticco sia d’accordo con me.

 


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