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Buona scuola: per il ministro Giannini è "un successo", per i sindacati è "un flop

piano del Governo per le consultazioni online è chiuso. Le organizzazioni di categoria hanno risposto con una petizione per sbloccare il contratto e migliaia di firme contro i pesanti tagli: un miliardo e quattrocento milioni in tre anni. Nero su bianco nella legge di stabilità

26/11/2014
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L'Espresso

Michele Sasso

«Per fare la Buona scuola non basta solo un Governo. La più grande consultazione pubblica che l’Italia abbia mai realizzato».

Ecco come il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha presentato il new deal renziano per le scuole pubbliche: chiediamo ai cittadini cosa pensano del sistema di insegnamento e poi decidiamo dove intervenire.

Chiusi i sondaggi online il 15 novembre dopo due mesi di sforzi di marketing: visite dei ministri il primo giorno di lezione, grandi proclami, tour sul territorio con oltre 30 tappe e spot: il Pd che rilancia gli annunci del suo segretario e gli autoconvocati della scuola che rispondo con tanto di contro informazione .
Gli sforzi hanno portato a 1 milione e 350 mila contatti sul sito per leggere la proposta del governo delle larghe intese. «Quasi 200 mila contatti attivi, quindi questionari o proposte. Un esito superiore alle migliori aspettative» ha commentato la Giannini. Idee che il Miur ha assicurato saranno valutate.

Il mondo reale però ha risposto in modo diverso da quello virtuale che ha cliccato fiducioso per dare indicazioni: tutti i sindacati hanno promosso una “contro consultazione” per sbloccare il contratto (con trecentomila firme già raccolte) e messo in fila tutti i tagli della legge di stabilità: dalle supplenze al personale amministrativo ridotto all’osso.

Tre le mura di oltre 41mila statali italiane hanno tenuto banco centinaia di mozioni e delibere di collegi dei docenti e di assemblee studentesche e dei genitori. Nessuna a favore del piano Renzi. Persino l’istituto Balducci di Pontassieve, dove insegna la first lady, ha pubblicato il proprio dissenso al dossier "La Buona Scuola". Solo Agnese Landini non ha partecipato alla votazione.

TUTTI I MOTIVI DEL FLOP

«Per noi è stato un flop, abbiamo fatto molte assemblee e le persone in carne e ossa che lavorano tutti i giorni tra gli studenti lo hanno bocciato», attacca Annamaria Santoro della segreteria scuola della Cgil.

Da una parte la buona scuola prevista dall’esecutivo e dall’altra la scuola giusta che chiede l’universo di insegnanti, alunni e genitori. A salvare il dossier governativo solo la stabilizzazione degli organici, le 150 mila famose assunzioni annunciate per il 2015.

Oltre a questi, secondo il sindacato, sarebbero altrettanti quelli da assumere, e chi rischia di più è il personale abilitato con più di tre anni di insegnamento che rimane fuori dalla rivoluzione annunciata a settembre come lo «stop al precariato»

Il motivo è chiaro: la riforma del rottamatore non prevede investimenti. Nella legge di stabilità si bloccano ulteriormente i contratti nell’intero settore pubblico e per l’istruzione si tagliano le risorse al diritto allo studio. Altro paradosso: gli scatti di anzianità nella scuola saranno cancellati con conseguenze catastrofiche per i salari.

Così se da un lato si intende stabilizzare una parte dei precari dall'altro si licenziano altri precari a partire dal personale tecnico-amministrativo. Il 26 novembre ci sarà il pronunciamento della Corte di Giustizia Europea e un eventuale esito positivo imporrà al Governo italiano di dare stabilità e un futuro a tutti coloro che hanno svolto oltre 36 mesi di servizio e sono in un limbo professionale da anni.

Una guerra tra poveri posticipata al 2019 quando saranno pensionati gli scatti di anzianità per far posto a quelli di competenza.

In questo scenario la parte più contestata è proprio quella legata al merito: si introduce per legge un tetto di docenti bravi. In pratica il 66 per cento è meritevole dei riconoscimenti economici. Il 34 per cento invece non avranno il premio. E togliendo a loro si premieranno i migliori.

Questo è quanto denunciato dai docenti dell’Istituto Tecnico per il Turismo “Colombo” di Roma: «L’elemosina di 60 euro ogni tre anni al 66 per cento del personale è penalizzante e mortificante per la totalità dei docenti, il 34 per cento dei quali sarebbe escluso da aumenti di stipendio. Gli “scatti di competenza” introdurranno una forte competizione, minando cooperazione e collaborazione fondamentali per la didattica. E apriranno le porte a logiche clientelari e verticistiche. I professori per essere “bravi” saranno spinti ad accumulare “crediti”, basati sui ridicoli quiz sanciti dal dirigente».

In pratica si spingono i vari istituti alla competizione, contendendosi i migliori grazie agli albi pubblici. Un suk dell’insegnamento grazie a criteri aziendalistici spinti.

I CONTI NON TORNANO

Per i prossimi anni i sindacati hanno previsto una sola ricetta: tagli, tagli e tagli a (s)favore della scuola pubblica. Tutti questi provvedimenti sono contenuti nella legge di stabilità presentati in Europa per l’ok definitivo.

Si calcola che messi in fila le spese saranno inferiori di 1 miliardo e 411 milioni per i prossimi tre anni (470 milioni all’anno, a partire dal 2015). Ecco su quali voci il duo Renzi-Giannini vuole sfoltire.

Il compenso per i commissari interni degli esami di Stato (soprattutto per la maturità) sarà di zero euro. Non tutti i professori saranno commissari interni delegati alle prive di fine anno e perciò alcuni lavoreranno di più, ma senza compensi aggiuntivi come in passato. Taglio: 147 milioni.

Personale amministrativo, tecnico ed ausiliario. Sono i cosiddetti Ata che scenderanno di 2017 posti. Non si potranno più nominare supplenti per sostituire impiegati e bidelli durante le assenze brevi con un risparmio di 149 milioni. Da sommare ad altri 118 milioni per gli impiegati amministrativi in eccesso.

Docenti vicari, quelli che dirigono un Istituto in mancanza di un dirigente vero e proprio, verranno eliminati azzerando 1591 esoneri e 3105 semiesoneri. In pratica l’esercito di 4.700 insegnati senior che svolgono le funzioni di dirigente dovranno farlo in aggiunta del loro normale orario di insegnamento in classe, perché non verranno più sostituiti. Un’operazione da 240 milioni.

Miglioramento dell’offerta formativa: scende da 690 a 660 euro. È il fondo con il quale vengono finanziate le attività aggiuntive della scuola, in applicazione del Piano dell’offerta formativa. Meno 30 milioni.

Fondo per l’autonomia scolastica ridotto di 100 milioni. È un’altra voce  grazie alle quale gli istituti pubblici svolgono attività contro il preoccupante fenomeno della dispersione scolastica, che raggiunge la preoccupante quota del 17 per cento.

Eliminate le supplenze brevi dei docenti (meno 315 milioni) mentre si registra la mancata assunzione dei docenti necessari a coprire l’aumento della popolazione scolastica ed altri tagli “minori”.

L’ALTRA CONSULTAZIONE

Per rispondere a tutto questo le sigle sindacali (Flc Cgil, Cisl e Uil Scuola, Snals, Confsal e Gilda-Unams) hanno lanciato la loro petizione, raccogliendo più di trecentomila firme. Una prima tranche è stata consegnata a Montecitorio il 30 ottobre. Per la fine dell‘anno è previsto arrivare a 500 mila, quando un insegnate su due avrà firmato “l’altra consultazione”. In cima alle preoccupazioni il rinnovo del contratto di lavoro fermo al 2007 .

«Una stima fatta indica in circa 11.000 euro a testa la perdita di salario subita dai docenti italiani in questi anni. E la situazione non è certo migliore per il restante personale Ata che ha anche pagato il costo più pesante dei tagli al personale e delle immissioni in ruolo date con il contagocce e oggi ancora totalmente ignorato», spiegano gli organizzatori.

Chi ha sottoscritto la petizione vuole contare, non essere catalogato come un numero o peggio considerato un problema di carattere economico.

«Il piano di Renzi senza risorse è un semplice spot pubblicitario. È chiaro l'intento di ridurre i salari e i diritti piegando la scuola pubblica alle logiche del mercato. Non era esattamente questo che ci aspettavamo da un premier che per la prima uscita pubblica ha scelto una scuola. Una delusione totale», commenta amareggiata una professoressa di Bari.

Per questo lo sciopero generale del 12 dicembre sarà un “No” deciso soprattutto tra le aule, gli insegnanti e gli alunni che sognavano il rilancio delle loro scuole. Ed oggi sono i più delusi.