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Borse di studio e servizi: indietro di anni

Università: gli scarsi sostegni agli iscritti tra le ragioni del crollo delle immatricolazioni. Uno studente su 4, pur avendone diritto, non ha sussidi e la metà dei fuorisede non trova alloggio

09/12/2012
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l'Unità

di Mario Castagna

Il rapporto Censis illustra come ogni anno lo stato sociale del Paese. Tra le pagine di quel voluminoso rapporto, i dati che illustrano i passi indietro del nostro sistema sociale sono numerosi. Uno risalta agli occhi: il calo delle immatricolazioni universitarie. Un dramma che renderà sempre più difficile uscire dalla crisi con un nuovo modello di sviluppo, basato sull'economia della conoscenza. I dati parlano chiaro. Gli immatricolati sono calati del 6,3% nel 2010-2011 e del 3% nel 2011-2012. In valori assoluti sono circa 15mila i ragazzi che ogni anno decidono di non iscriversi all'università. Pesa certamente la disillusione per un titolo di studi che non garantisce nessun futuro certo,ma soprattutto pesa la crisi economica che rende sempre più difficile per i ragazzi della classe media iscriversi all' università e sostenerne i costi. Le cifre a cui l'Unità è riuscita a risalire, attraverso le banche dati del Ministero dell’Istruzione, delle singole regioni e le analisi di alcuni osservatori indipendenti,sono forse anche più impetuose dei numeri del Censis. Uno studente su quattro, pur avendone diritto, non riceve la borsa di studio. Dieci anni la proporzione era diversa (uno su cinque). La situazione invece che migliorare è peggiorata ed è destinata ad aggravarsi. Soltanto sei regioni hanno garantito la borsa di studio al 100% degli aventi diritto, in altre realtà più del 50% degli studenti idonei non ha ricevuto nemmeno un euro. Ultime in classifica la Calabria, che copre solo il 44,7% delle borse, e l'Umbria con il 42,3% delle borse coperte.

Non va meglio con i posti letto a disposizione dei fuori sede. Il dato medio italiano degli studenti idonei che a causa delle ristrettezze di bilancio non ricevono un alloggio è di poco inferiore alla metà (49,4%). Questa media in realtà nasconde alcune situazioni molto positive, come la grande quantità di alloggi per studenti messi disposizione da Friuli-Venezia Giulia, dalla Lombardia, dal Veneto e dal Trentino-Alto Adige, che coprono la totalità degli studenti che ne fanno richiesta, e alcune regioni, come il Lazio, la Sicilia o l'Abruzzo, che non riescono neanche a coprire il 20% degli studenti idonei. In calo anche il numero di collaborazioni part-time che le università attivano ogni anno per garantire una piccola entrata agli studenti. In cambio questi dovranno garantire il loro impegno in alcune mansioni di supporto alle attività universitarie, come la vigilanza nelle biblioteche, il supporto agli studenti disabili o l'apertura degli sportelli di assistenza e orientamento. Se nell'anno accademico 2001/02 le collaborazioni part-time erano 31.029, dieci anni dopo sono calate di quasi un quarto, raggiungendo la cifra di 24.920. Questo significa che se prima erano quasi il 4% gli studenti regolari ad usufruire di queste borse di collaborazione, ora solamente il 2,2% dei ragazzi riesce ad avere questa piccola integrazione al reddito. Se il trend negativo dovesse continuare, a rischio non sarebbe solo la possibilità per tanti di continuare a frequentare le aule universitarie, ma anche l'erogazione di alcuni servizi essenziali ai sempre meno studenti rimasti. In questa situazione di bilancio stupisce che negli ultimi anni tante energie, e anche tanti soldi, siano stati spesi nei progetti alternativi di aiuto agli studenti. Con il decreto ministeriale del 23 ottobre 2003 si inaugurava la lunga stagione dei prestiti d'onore, continuata poi con altre misure, come il programma «Diamogli credito» o «Diamogli Futuro». Cosa abbiano prodotto queste misure purtroppo non è dato saperlo. Ad oggi infatti non esiste nessun monitoraggio ne alcun documento ufficiale del ministero, ne del Dipartimento delle politiche giovanili, che ha coordinato alcune di queste attività, su questi interventi. È possibile quindi fare solo una stima dei prestiti erogati ogni anno, che non dovrebbero superare, in base ai dati in nostro possesso, le 7-800 unità per anno. Se da una parte il problema principale è la scarsa sistematicità di questi interventi paralleli (la Fondazione per il Merito, che avrebbe dovuto coordinare e finanziare un programma nazionale di prestiti d'onore, non è ancora partita, seppur istituita da 2 anni), dall'altra parte è soprattutto l'impegno finanziario a destare scandalo. Per tutti questi programmi infatti sono stati impegnati 47 milioni di euro. Non pochi se pensiamo che sono circa un terzo dei soldi disponibili ogni anno per le borse di studio (circa 160 milioni di euro). A colpire è quindi soprattutto la scarsa programmazione dei fondi che, in un momento di tagli di bilancio obbligatori, dovrebbe essere la priorità principale. Tra programmi speciali e fondi straordinari, la vittima sembra proprio la normale ed ordinaria vita del povero studente fuorisede.


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