Basta col software chiuso: lettera alla ministra Azzolina
Con una lettera appello del professor Angelo Raffaele Meo le associazioni del software libero chiedono al governo di sostenere l’industria informatica italiana nel rispetto delle leggi esistenti. Una questione di privacy e libertà, ma anche di sovranità tecnologica e sicurezza nazionale
Arturo Di Corinto
Le grandi aziende tecnologiche d’oltreoceano hanno costruito strumenti che permettono a tutti di comunicare a distanza in cambio dei nostri dati personali.
Per questo ogni servizio gratuito non lo è per davvero: lo paghiamo con la profilazione dei gusti e delle preferenze che ci qualificano come persone. La conoscenza di quei dati, è noto, permette a governi e Big Tech di orientare desideri e comportamenti, come dimostrato da numerosi scandali, dal Datagate a Cambridge Analytica.
Perciò, vista la diffusione dell’uso di sistemi di videoconferenza proprietari nel periodo di lockdown, le associazioni del software libero hanno deciso di scrivere alla Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. In realtà la lettera è stata scritta da uno dei decani dell’informatica italiana, il professore Angelo Raffaele Meo, che le chiede di preferire e valorizzare il software con il codice sorgente aperto, e di farsi promotrice di una serie di iniziative legislative in favore della privacy, della sicurezza dei dati e dell’industria italiana del software.
L’iniziativa è supportata da molte associazioni per il software libero e le libertà digitali: i Linux User Group di Bolzano, Mantova, Fabriano (quelli di iorestoacasa.work), Assoli, Hermes, LibreItalia e altri, che chiedono ai consimili di aderire al loro appello.