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Aprileonline: Quale futuro senza scuola pubblica?

In Campania la riforma Gelmini ha avuto e avrà un impatto devastante.

29/09/2008
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Aprileonline

Tonino Scala,

Napoli è fra le città costrette a pagare il maggiore tributo di cattedre nell'ambito dei tagli, il che sul versante sociale porterà a 4.725 disoccupati. Mentre sono almeno 2mila i plessi a rischio chiusura. E' questo un modo di risparmiare e di investire nello sviluppo del Paese?

La mozione presentata dal Gruppo consiliare di Sinistra Democratica ha trovato nell'aula consiliare, nella seduta tenutasi il 24 settembre, il consenso di tutti., e non poteva essere altrimenti: la Campania è una delle Regioni che è stata messa in ginocchio prima dal decreto 112/08 e dopo dalla cosiddetta Riforma Gelmini.

Ogni volta che un nuovo governo s'insedia si ricomincia a parlare di riforme. Certo, le riforme si rendono necessarie per contestualizzare esigenze e programmi. Ogni riforma, però, è una cosa seria e quella della scuola lo è ancora di più, se si pensa che la scuola non solo deve garantire a tutti il diritto di accesso allo studio, ma deve anche essere in grado di preparare la classe dirigente di domani. Da tempo ormai i conti pubblici non tornano, per cui è pensiero comune che tagliare gli sprechi, che sono stati responsabili, in gran parte, del deficit economico in cui versa lo Stato italiano, è un punto imprescindibile da cui partire. Pur tuttavia una società civile non considera mai uno spreco i fondi che si spendono per la formazione, perché essa rappresenta il miglior investimento che una società possa fare.

Certo, l'istruzione rappresenta un costo sociale, ma è un costo che serve a costruire il futuro di una società, a metterla al pari con i tempi, a creare professionisti seri e affidabili, che però non devono poi essere costretti a lasciare l'Italia per cercare occasioni migliori per mettere a frutto la propria professionalità. Forse è questo che deve essere considerato uno spreco, anche perché se ciò avviene è per la cecità della classe dirigente chiamata alla guida del Paese.

Mirando al risparmio, dunque, si riduce di 7,8 miliardi di euro la spesa per la Pubblica Istruzione e lo si fa con il decreto 112/2008 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria) e con il decreto legge n. 137/2008 dal titolo (Disposizioni urgenti in materia di istruzione e università), meglio noto come decreto Gelmini.
Per rendere concreti i tagli si propone una "organizzazione scolastica" ad hoc con l'articolo 64 del decreto legge 112/08, e con l'articolo 4 del dl 137/08, che resuscitando, il maestro unico nella scuola elementare, recupera lo stipendio di 60.000 insegnati, futuri "nuovi" disoccupati.

Con l'articolo 64 del decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008 la scuola subisce sostanziali modifiche. Il titolo dell'articolo 64 "Disposizioni in materia di organizzazione scolastica" a prima vista lascia presagire che l'intento è di apportare le tanto attese modifiche al sistema scolastico. Migliorare la scuola ed eliminare gli sprechi, queste le motivazioni principali addotte da chi queste modifiche le ha volute, pensate e varate. Ma, a ben vedere, le cose non stanno così. Se si leggono con attenzione tutti i comma dell'articolo 64 si capisce bene che esso mira ad andare oltre la semplice materia organizzativa. Si va dalla "ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola", piani di studio e quadri orari compresi, "con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali" (comma 4, punto a), alla "rimodulazione dell'attuale organizzazione didattica della scuola primaria" (punto d) e alla "ridefinizione dell'assetto organizzativo -didattico dei centri di istruzione per gli adulti" (punto f). Per non parlare degli effetti che investono non solo la dimensione organizzativa, ma anche quella didattica, derivanti dal previsto accorpamento delle classi di concorso (comma 4, punto a), dall'incremento di un punto entro l'anno 2011/2012 del rapporto alunni/docente (comma 1), dalla stessa riduzione del 17% del personale ATA nel triennio 2009/2001 (comma 2), e dalla sospensione dell'accesso ai corsi SSIS (Scuola di Specializzazione all'Insegnamento Secondario).
E' innegabile che, pur partendo da ottime motivazioni, l'applicazione di quest'articolo ha penalizzato la scuola tagliando 70 mila posti di docenti e 43 mila di ATA, oltre ai 47 mila già soppressi dalla Finanziaria Prodi. Ha prodotto una massiccia espulsione di precari, un aumento degli alunni per classe fino a 35, una riduzione delle ore di lezione, un attacco al sostegno all'handicap, la cancellazione delle scuole con meno di 500 alunni.

L'articolo 4 del dl 137/08, in piena sintonia con la filosofia dei tagli, impone il ritorno del maestro unico cui eravamo abituati nel secolo scorso, nonostante siano trascorsi 20 anni da quando, con l'istituzione dei moduli organizzativi, questa figura è stata totalmente abolita, estendendo a tutta la scuola elementare le pratiche di collaborazione e condivisione di responsabilità tra docenti maturate nella sperimentazione del tempo pieno. Va da sé che, così facendo, si finisce per immiserire l'insegnamento di una scuola tra le più apprezzate al mondo. Un solo maestro per classe, infatti, comporterebbe meno ore a disposizione per la didattica delle singole materie e quindi meno tempo dedicato ad attività complementari che generalmente gli alunni svolgono nel pomeriggio.
Certo è innegabile che il ritorno al maestro unico crei una grande fonte di risparmio, ma creerebbe, altresì 60.000, nuovi disoccupati.

In Campania la ricaduta di tali riforme ha provocato un vero e proprio tsunami nella scuola. Napoli è fra le città costretta a pagare il maggiore tributo di cattedre nell'ambito dei tagli alla scuola. .
Il nuovo anno scolastico in Campania si è aperto con numeri che indicano tutta la sofferenza del settore: in base ai dati del Ministero dell'Istruzione, in cattedra siedono circa 7.000 docenti in meno, 5.000 solo a Napoli e provincia; 50.000 i minori che non hanno iniziato per nulla l'anno scolastico, e ben 2.000 plessi scolastici che rischiano di essere chiusi.
Se il criterio, per stabilire la sopravvivenza dei plessi scolastici, adottato è quello del numero degli alunni, facendo una proiezione sui plessi che hanno un numero inferiore ai 100 alunni in Campania, potrebbero chiudere i battenti il 71,6% delle materne, il 40% delle elementari , il 31% delle medie ed il 13,4% delle superiori. In totale ben 2189 plessi saranno chiusi.
Vale la pena di ricordare che in Campania il 61% dei comuni è al di sotto dei 5000 abitanti e che esistono oltre alle piccole, anche realtà comunali più popolose con territori sparsi ricchi di frazioni, in cui sono presenti plessi scolastici.

Sul versante sociale tutto questo si traduce in un dato allarmante: ci saranno 4.725 lavoratori che negli ultimi otto anni hanno sempre avuto l'incarico a tempo determinato e che andranno a rimpinguare le sacche di disoccupazione, senza che per essi si preveda alcun tipo di ammortizzatore sociale.

Quindi, ricapitolando, la riforma sancisce che si deve procedere ad accorpare le scuole, chiudendo quelle che non raggiungono i 500 allievi, cosa, si dice, che porterebbe a un notevole risparmio. Ma davvero è così? Davvero ci sarebbe risparmio? Forse per lo Stato che non paga stipendi, ma quanto costerebbe questo alle famiglie? Se i ragazzi dovessero spostarsi da un posto all'altro per raggiungere la nuova sede che potrebbe essere in un paese vicino, non ci sarebbero disagi e costi aggiuntivi per le famiglie e Comuni? I genitori dovrebbero accompagnare i ragazzi a scuola e i Comuni dovrebbero provvedere a organizzare i trasporti per le scuole dell'obbligo. Quando poi avremo tagliato 2.000 scuole, avremo non colpito le grandi città, ma i piccoli paesi che resterebbero svantaggiati. E ancora, è noto che il fenomeno della dispersione scolastica in Campania è già abbastanza grave, cosa succede se a causa di questa riforma dovrebbe aumentare l'evasione dell'obbligo scolastico? Veramente possiamo dire che questa riforma scolastica ha come finalità più efficienza, meritocrazia, serietà, cultura fruibilità e meno sprechi?
Davvero un bel regalo per questo Sud e, soprattutto per la Campania. A quanto pare più che tagliare gli sprechi si tagliano posti di lavoro e opportunità di sviluppo.

Il Ministero della Pubblica Istruzione e la Regione Campania, negli ultimi scorci della vecchia legislatura, nelle persone dell'allora Ministro Fioroni e del Presidente Bassolino, hanno sottoscritto a Napoli un accordo per la realizzazione, per il biennio 2008-2010, di interventi finalizzati all'integrazione e al potenziamento dell'offerta di istruzione per l'innalzamento del livello di qualità della scuola in Campania. L'accordo prevedeva che Regione e governo finanziassero con 20 milioni di euro di fondi europei, e del Ministero della Pubblica Istruzione, la creazione di 760 nuove cattedre, ma mentre la Regione ha confermato l´impegno, da Roma non si è saputo più nulla. Nei mesi scorsi, la Regione ha stanziato 100 milioni di euro per diverse iniziative nel campo dell'istruzione pubblica, grazie ai quali il Ministero potrebbe impiegare circa 800 insegnanti. Altri 300 milioni, decisione di questi giorni a detta del Presidente Bassolino, sono stati destinati alla costruzione o alla ristrutturazione di edifici scolastici presenti sul nostro territorio.
Ma tutto questo, resta di essere vanificato se anche non ci dovesse essere a livello nazionale.

Per questo è necessario che la Regione Campania si faccia carico di intervenire presso il governo nazionale per fare presente la situazione campana e riferire sulla ricaduta negativa che la riforma ha nel territorio. E deve chiedere, nel contempo, l'impegno al rispetto del protocollo firmato dalla Regione con l'allora Ministro Fioroni, per trovare un correttivo delle norme che tanto penalizzano la nostra realtà nella prossima finanziaria nazionale, e modificare, in alcuni punti, la cosiddetta riforma Gelmini.
Su una scuola efficiente e fruibile a tutti si costruisce il vero futuro del nostro Paese, ed è questa semplice verità che deve arrivare a chi, incautamente, vara progetti che guardano solo al presente contingente ma che, di fatto, rischiano di negare il futuro.


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