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Alla scuola italiana mancano ancora trentamila docenti

Stipendi bassi, precarietà continua e difficoltà di reclutamento creano scompensi enormi ancora a pochi giorni dall’inizio delle lezioni: da giugno a oggi state coperte solo cinquantamila delle ottantunomila cattedre lasciate vuote da pensionamenti e trasferimenti

07/09/2023
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Silvia Calvi

Linkiesta

A pochi giorni dall’inizio del nuovo anno scolastico, ci risiamo, il leitmotiv è sempre quello: il 12 settembre ci saranno ben trentamila cattedre vuote. E naturalmente, per non lasciarle scoperte, inizierà il solito balletto delle supplenze. Già a giugno, però, si sapeva che degli ottocentomila docenti impiegati nella scuola pubblica, tra pensionamenti e trasferimenti, ci sarebbero stati da coprire ottantunomila posti per il 2023/2024. Ma solo cinquantunomila hanno firmato un contratto. E questo quadro non comprende gli insegnanti di sostegno, tra i quali al momento un posto su due è ancora scoperto: si tratta di cinquantamila posti di lavoro.Capire perché ogni anno succede sempre lo stesso pasticcio non è facile. Occorre orientarsi tra diverse graduatorie e sigle. Ci sono le Gae, le graduatorie a esaurimento con i nomi di chi è abilitato all’insegnamento (si chiamano così perché dal 2006 sono chiuse all’inserimento di nuovi aspiranti: il ministero deve pescare da qui almeno per il cinquanta per cento dei posti disponibili. Poi ci sono le Gps, graduatorie provinciali di supplenza, liste di insegnanti con e senza abilitazione. Mentre le graduatorie di merito sono quelle con i nomi di chi ha vinto il concorso pubblico a cattedre. E infine, le graduatorie di istituto, cioè liste di insegnanti che si candidano per una supplenza in quella precisa scuola. Non è un caso che tutti, dirigenti e insegnanti, diano la colpa proprio a questo farraginoso sistema di reclutamento. 

«Negli ultimi cinque anni sono stati applicati modelli di reclutamento diversi: concorsi riservati, concorsi aperti, ma alla fine sono tutti risultati inadeguati», spiega a Linkiesta Gianna Fracassi, segretario nazionale Cgil scuola. «Per coprire i posti disponibili andrebbe data priorità a concorsi e graduatorie permanenti o a esaurimento: perché quest’anno sono state fatte meno assunzioni rispetto ai posti disponibili? Il ministro non lo ha spiegato. A questo poi si aggiungono anche le carenze territoriali come, al Nord, la mancanza di docenti di materie come matematica, informatica e scienze».

Una carenza dovuta in parte alla scarsa attrattività della scuola per i neolaureati in materie scientifiche: garantire stipendi adeguati, in linea con i livelli europei, sarebbe già un incentivo interessante e certamente utile, altrimenti i giovani cercano lavoro solo nelle aziende, meglio se all’estero. «Ma qui entra in gioco un altro problema: pochi sanno che l’ultimo contratto nazionale, chiuso a luglio, ha richiesto tre leggi di bilancio. In pratica vuole dire che appena approvato è già scaduto e che noi sindacati dobbiamo chiederne già il rinnovo per il triennio 2022-2024».

E poi c’è il tema della precarietà che riguarda centosedicimila insegnanti di sostegno, un esercito di contratti a termine dovuto al fatto che gli insegnanti abilitati al sostegno sono pochi e – dopo aver assunto questi – le scuole ricorrono autonomamente alle Mad, acronimo di “messa a disposizione”, cioè chiamate per supplenze brevi di personale non qualificato per questo delicato servizio.

«La scuola italiana ha il problema cronico di non riuscire a coprire i posti scoperti con personale di ruolo che, però, a oggi può essere assunto solo con procedura concorsuale. Un meccanismo lento, complicato e che genera soprattutto precariato: non riusciremo mai ad avere il cento per cento dei posti coperti tramite concorso, anche perché, ogni anno, trentamila insegnanti escono dalla scuola e vanno in pensione», spiega Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale dirigenti pubblici (l’associazione cui fanno riferimento i dirigenti scolastici). La soluzione? «Questo problema ormai cronico si può risolvere dando alle scuole il potere di assumere i docenti: con i concorsi centralizzati non ce la faremo mai. Germania, Finlandia e Paesi Bassi, per esempio, fanno così. Non la Francia, dove si utilizza il sistema dei concorsi, però lì vengono fatti con la giusta cadenza. C’è chi obietta che senza i concorsi, con la chiamata diretta da parte dei dirigenti, si rischiano corruzione e meccanismi clientelari. Ora, è vero che questi sono problemi reali della pubblica amministrazione, ma se un dirigente scolastico ha la responsabilità di un’assunzione, non rischia il posto assumendo personale non qualificato magari solo per amicizia o scambio di favori. In poche settimane, si solleverebbero alunni e genitori».


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