Adesso basta! La conoscenza non ci sta
Il 17 novembre si fermano scuola, università, ricerca e Afam. La segretaria generale Flc Cgil Gianna Fracassi spiega i motivi: salari, contratto e tanto altro.
Salari e rinnovo del contratto, innanzitutto. Ma poi anche i temi generali della mobilitazione nazionale, a cominciare dalle pensioni. Gianna Fracassi, segretaria generale della Flc Cgil, spiega a Collettiva i motivi per cui l’intera categoria della conoscenza – scuola, università, ricerca e Afam – si fermerà in tutta Italia il 17 novembre nella prima giornata dello sciopero generale indetto da Cgil e Uil contro la finanziaria.
Fracassi, cominciamo dal contratto…
In estate abbiamo chiuso un contratto già scaduto (quello 2019-21, ndr). Come si sa la nostra categoria è una di quelle i cui rinnovi sono legati agli stanziamenti in legge di bilancio. Ebbene, le risorse previste non sono sufficienti neanche per recuperare l'inflazione del primo anno di contratto scaduto.
Siamo a fine 2023 e la vertenza in corso è per il contratto 2022-24 che scadrà tra un anno. Una situazione paradossale…
È la dimostrazione che rinnovo del contratto e valorizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici non rappresentano una priorità per questo governo.
Tuttavia il governo, con il decreto Anticipi, ha stanziato due miliardi come, appunto, anticipo dei futuri aumenti. Arriverà a dicembre insieme alla tredicesima…
Lo abbiamo definito un “pacco di Natale”. Il governo da una parte dà e dall’altra toglie: si tratta di una partita di giro. Come se non bastasse, il ministro Valditara ha tentato di addolcire la pillola inventando una scontistica per il personale della scuola. Ma non siamo all’epoca del baratto e le bollette non si pagano con i prodotti alimentari abbiamo. Mentre l’inflazione cumulata nel triennio è arrivata 18%, gli aumenti salariali a fine triennio contrattuale si attesteranno al 5,80% e se si considera che nei nostri settori i salari sono mediamente più bassi anche rispetto al resto della pubblica amministrazione, si capisce bene la gravità della situazione. Ma poi c’è una questione più generale che riguarda la contrattazione.
Cioè?
La riconquista del terreno contrattuale: in questi anni abbiamo assistito a un'invasione sistematica della legge sul contratto e Valditara non fa eccezione. Si cerca di cancellare il ruolo della contratto nazionale e il “pacco di Natale” va nella stessa direzione, perché deciso unilateralmente, senza alcun confronto.
I settori della conoscenza sono anche pieni di precari…
Sì, ed è un’altra delle ragioni per cui scioperiamo. Nella scuola quest’anno registriamo 200 mila supplenze, poi ci sono tutti i precari della ricerca, per i quali abbiamo recentemente organizzato un presidio. C’è un precariato di altissimo livello, per così dire, che con assegni di ricerca e dottorati precari consente al nostro paese di avere un sistema universitario e della ricerca solido, costruito però sulle spalle di tante ragazze e ragazzi con pochi diritti e tutele. Tornando alla scuola c’è un’esigenza di stabilizzazione di personale precario che spesso riguarda figure particolarmente sensibili, come quelle degli insegnanti di sostegno, o il personale Ata che conta ben 50 mila supplenze sia nelle segreteria ma anche tra i collaboratori scolastici che svolgono una funzione fondamentale di sorveglianza negli istituti.
Ma aldilà del tema fondamentale dei contratti e delle retribuzioni, qual è il vostro giudizio sul finanziamento del sistema scolastico in Italia?
Pessimo. È in corso un definanziamento del settore, con tagli lineari e una spending review che nella scuola si tradurrà in un dimensionamento selvaggio che rischia di sguarnire il sistema dell’istruzione soprattutto nei territori più deboli: il Sud, le aree interne e le periferie urbane. A questo si accompagna un tema di cui si parla ancora troppo poco: il tentativo di privatizzare il sistema della conoscenza.
In che modo?
Lo vediamo soprattutto nella nuova filiera tecnico-professionale, ma anche nelle “banali” convenzioni con le fondazioni che privatizzano pezzi di istruzione. La filiera tecnico-professionale non solo riduce di un anno la durata dei corsi, ma colloca la governance del sistema non negli organi collegiali ma in cabine di regia che possono decidere in merito ai curricoli, agli indirizzi e al personale – si pensi agli esperti esterni – e in cui sono presenti anche le aziende. Non è più neanche "semplicemente" scuola-lavoro, ma addirittura scuola-impresa. Si tratta di una gravissima piegatura del sistema dell’istruzione verso la mera occupabilità, negando la funzione che esso invece dovrebbe avere: costruzione della coscienza critica e della cittadinanza. Offrire strumenti per affrontare il mondo del lavoro, però non vuol dire un semplice addestramento al lavoro.
Continua anche la battaglia contro l’autonomia differenziata, un progetto che rischia di spaccare ulteriormente il paese…
Sì e su questo faremo una grande iniziativa tra le persone proprio per spiegare la nefandezza di un’idea che vuole sottrarre la scuola al sistema nazionale.
Poi ci sono i temi generali della mobilitazione di Cgil e Uil che però riguardano da vicino anche le lavoratrici e i lavoratori della scuola.
Sì, in particolare le pensioni. I ricalcoli contributivi delle aliquote previsti danneggiano particolarmente il personale degli enti di ricerca e anche della scuola. Tra tutte le altre misure non condivisibili vorrei sottolineare il drastico peggioramento di Opzione donna che ovviamente ha un impatto forte nel mondo della scuola dove le lavoratrici sono la maggioranza.