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Repubblica-PAlermo-La scuola dei progetti è lontana dalla sua realtà

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30/11/2005
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la Repubblica

La scuola dei progetti è lontana dalla sua realtà
GIORGIO CAVADI


Esiste senza dubbio una scuola dei cattivi progetti, come quella evocata da Maurizio Barbato sabato sulle pagine di questo giornale. È la scuola priva di un'idea di scuola che si affida a iniziative estemporanee sebbene ben remunerate (sempre in proporzione ai magri stipendi della scuola), che manda avanti iniziative velleitarie che tali vengono recepite anche dai genitori. Questa percezione, insieme all'abbassamento generalizzato della qualità dell'insegnamento, è indubbiamente alla base del boom delle iscrizione ai licei che si verifica anche a Palermo. Strano destino dunque, quello della scuola italiana, che invece di adeguarsi nei suoi percorsi formativi alle esigenze di una società post-industriale, trova rifugio nel tranquillo porto dell'istituzione liceale, un modello che si avvia a compiere i cento anni.
La scuola dei progetti, però, segue una tendenza ormai consolidata. Una di tipo economico, apertamente dichiarata già dal 2001 dal ministro Moratti e cioè quella di far ricadere su fondi provenienti da altre fonti di spesa che non sia il bilancio dello Stato, la ricerca di una qualche forma di salario accessorio per gli insegnanti. Operazione particolarmente agevole in quelle regioni che beneficiano degli stanziamenti rivolti alle regioni Obiettivo 1 del Fondo sociale europeo (Sicilia, Campania, Calabria, Sardegna). Questa politica ha una sua indubbia funzione positiva quando rimpingua le magre casse degli istituti scolastici. Ma, sotto un altro aspetto, scatena una caccia al progetto, un cannibalismo da parte di veri e propri esperti della progettazione e della realizzazione di percorsi non curriculari, una ricerca spasmodica di corsisti di tutte le età (molti di questi corsi si rivolgono ad adulti, genitori ma anche a studenti a vario titolo hanno abbandonato la scuola). Tutto ciò produce un indubbia ricaduta nelle tasche di pochi docenti, ma sottrae energie di studenti e insegnanti alla scuola del mattino, quella delle conoscenze, delle lezioni frontali, della trasmissione del sapere di base, spesso più noioso e meno accattivante dei tanti laboratori di pittura, murales, identità di genere, educazione al proprio corpo e varie. Con il risultato che nella ricerca di un salario accessorio da parte degli insegnanti, di risorse "altre" che ingrassino il bilancio della scuola, si assiste a un vero depotenziamento delle attività curriculari. Con il risultato che, tra breve, la scuola del mattino diverrà ancella della scuola dei progetti e dei laboratori che si svolge al pomeriggio.
Ma questo è, in tutta evidenza, il frutto di una scelta politica. Già in una situazione normale, un gruppo-classe di 25 o 30 studenti non consente di fornire a tutti un'istruzione della stessa qualità. Ancor di più in situazioni sociali di degrado, una scuola di grandi numeri diventa prevalentemente un luogo di contenzione sociale. D'altro canto, un docente ben remunerato, con classi di non più di venti studenti, affiancato da veri specialisti a sostegno del disagio sociale, psicologico e fisico, non si trasformerebbe in un cacciatore di incarichi e non infonderebbe in questa pratica gran parte delle sue energie, relegando in secondo piano i suoi compiti istituzionali.
Questa tendenza ha più di una ragione nelle scuole medie e negli istituti comprensivi (nati dall'unione verticali di scuole elementari e medie). In molte realtà sociali le scuole pubbliche sono come abbiamo scritto più volte, gli unici avamposti che lo Stato è in grado di offrire al territorio. Se entrate in molte classi di queste scuole è possibile rendersi conto che l'istituzione scolastica in questi contesti di degrado, non assolve quasi alcun compito inerente la formazione del cittadino e l'istruzione delle conoscenze e delle abilità di base, se dobbiamo dare retta alle cifre corpose sull'alfabetismo di ritorno. Esse sono piuttosto delle zone protette di contenzione sociale, dove molti docenti si autopercepiscono quali insegnati-badanti che non realizzano percorsi di conoscenza, ma svolgono, appunto, una funzione di contenimento del disagio. Ecco, in queste condizioni la valanga di progetti finanziati con fondi europei e gestiti o dall'assessorato regionale (i Por) o dallo stesso ministero su base nazionale (i Pon), non fanno altro che realizzare un prolungamento di questa forma di contenzione che, se amplifica la funzione sociale della scuola, ne depotenzia a tal punto il valore didattico da snaturare la sua stessa funzione istituzionale.
Si può ragionevolmente dire che almeno un quarto delle scuole medie di Palermo si trovino in queste condizioni. Sono realtà più diffuse di quanto si creda anche e ben oltre i canonici quartieri dello Zen 2, del Cep o di Marinella. In tutta la zona adiacente al fiume Oreto, nei quartiere della Guadagna, a ridosso delle borgate di Brancaccio e Falsomiele, non un luogo fisico o istituzionale che non siano le scuole, accoglie gli adolescenti dei quartieri che ricadono nella III circoscrizione, al di là delle solite sale giochi. Simbolo di questo degrado è l'unico campo privato di calcetto del quartiere. Lo trovate incastrato sotto il ponte dell'Oreto, tra la sponda sinistra e la colata di cemento delle palazzine che sovrastano il fiume, quasi fosse un manufatto che suscita vergogna e perciò debba essere nascosto, occultato. Della Guadagna meglio non parlare. Uno slargo in via Chiavelli è utilizzato dai bambini come spazio dei loro giochi. Eppure, ci diceva qualche giorno fa Francesco Palazzo che di quella circoscrizione è consigliere dell'opposizione, accanto alla media Cesareo due lotti di terreno aspettano da anni di essere acquisiti dal Comune per destinarli a scopi di pubblica utilità, in primo luogo si spera in tutto o in parte, al gioco dei tanti bambini del quartiere; così come l'area del vecchio deposito Agip di via Buonriposo. Per il resto di zone attrezzate per bambini del quartiere, nemmeno a parlarne.
Per queste istituzioni scolastiche che operano in situazioni sociali, economiche e culturali di profondo malessere, la scuola dei progetti sostenuta dai fondi europei sorregge e potenzia la funzione sociale della scuola, ma spesso a scapito dell'abdicazione della sua funzione di trasmissione e consolidamento dei saperi disciplinari e basilari per la formazione di una cultura propria. Ma, lo ripetiamo, è il frutto di ben precise scelte politiche e di conseguenza, di una continua erosione delle risorse provenienti dal bilancio dello Stato. In queste condizioni gli Osservatori sulla dispersione possono fare ben poco: osservare appunto, monitorare il dilatarsi della forbice fra la scuola e il territorio che produce l'abbandono e la deculturazione progressiva delle nostre periferie.


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