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Mattino di Padova-L'insegnante veneto prenda di più

L'insegnante veneto prenda di più Una proposta "federalista" per riqualificare la scuola pubblica E un modo per combattere la dequalificazione delle cattedre ISTRUZIONE L'esempio delle altre regio...

15/12/2002
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Il Mattino di Padova

L'insegnante veneto prenda di più
Una proposta "federalista" per riqualificare la scuola pubblica
E un modo per combattere la dequalificazione delle cattedre
ISTRUZIONE L'esempio delle altre regioni autonome

di Enzo Martinelli (*)

In Veneto si fanno decine di convegni sulla scuola di qualità e decine di proteste contro i tagli e le razionalizzazioni di spesa. Ebbene, sembra una banalità ma la scuola di qualità si fa con docenti bravi e preparati. In Veneto, però, le persone più qualificate non accettano di lavorare agli stipendi che la scuola propone, a meno che non ci sia una profonda motivazione all'insegnamento. Finiamo, così, per avere in in cattedra quote sempre più consistenti di personale privo di abilitazione e di laurea. Nel Veneto si bandiscono ogni anno concorsi per 100 posti di frequenza ai corsi per il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento nelle discipline dell'area tecnica e scientifica. Fanno domanda per partecipare 25-30 laureati ogni anno. Quest'anno siamo arrivati al record di cinquanta. Eppure chi si abilita ha il posto fisso assicurato nelle scuole, prova ne sia che nelle altre Regioni le domande di frequenza sono tre o quattro volte superiori ai posti messi a concorso.
Ha fatto molto rumore la mia proposta di consentire una sorta di contrattazione integrativa che permetta di differenziare gli stipendi e quindi dia la possibilità a Regioni come il Veneto di poterli aumentare. Non vedo dove sia lo scandalo: l'ipotesi di una contrattazione articolata anche nel pubblico impiego (contenuta anche nell'ultimo lavoro di Marco Biagi) non tocca l'unicità del sistema scolastico nazionale, viene già attuata da Regioni che confinano con il Veneto e che, grazie ad una maggiore autonomia, pagano gli insegnanti anche un milione al mese in più, consente di adeguare gli stipendi degli insegnanti ad un mercato del lavoro diverso che nel resto d'Italia.
La diversità, del resto, è ormai nell'ordine delle cose. Chi insegna ad Enna, a Cosenza o a Benevento con lo stipendio della scuola raggiunge un tenore di vita superiore alla media dei cittadini. Il professore veneto, invece, è sotto la media retributiva. Un ingegnere, un informatico, un matematico e molte altre figure preferiscono trovare altri lavori, a meno che, ripeto, non siano dei missionari dell'insegnamento.
Non si può continuare a proclamare nei convegni che bisogna migliorare la qualità della scuola e pensare di non poter investire risorse anche per il pagamento degli insegnanti che ci lavorano che sono la materia prima della scuola stessa. Non si può continuare a pretendere un lavoro che è sempre più difficile dato il ruolo della scuola oggi ed anche, in Veneto, l'alto numero di stranieri che la frequentano, e non poter pagare salari un po'più alti.
Si dirà: mancano le risorse finanziarie. E' vero, il problema è complesso, ma ci sono ampi margini per poterlo risolvere, anche qui con un gestione decentrata delle risorse. Non è detto che il riordino della spesa debba essere uguale: per esempio nel Veneto avere un servizio di un bidello ogni due classi, com'è ora, è una necessità o un ammortizzatore sociale del quale in Veneto si può fare a meno e in Calabria no? Le direzioni regionali scolastiche sono state fatte per mero decentramento o anche per governare in modo flessibile un sistema che ha diverse specificità terrioriali? E' questo il vero federalismo: quello che pur tenendo unita la scuola tenga conto delle diverse situazioni nell' obbiettivo di aumentare la qualità per tutti.


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