5 ottobre Giornata mondiale degli insegnanti, ma il governo guarda altrove e non prevede risorse per restituire dignità al mondo dell’Istruzione e della Ricerca
Comunicato stampa della Federazione dei Lavoratori della Conoscenza CGIL.
Roma, 5 ottobre - Oggi è la Giornata mondiale degli insegnanti promossa dall’UNESCO per riconoscere e valorizzare il ruolo e l’importanza degli insegnanti per il benessere, la convivenza e il progresso democratico dei popoli.
Un ruolo che, nel nostro Paese, diversamente che in altri, viene particolarmente penalizzato sul piano retributivo e della qualità del lavoro.
È quello che emerge con evidenza dal rapporto “Education at a glance”, ovvero l’annuale indagine dell’OCSE sullo stato dell’istruzione a livello mondiale pubblicata poche settimane fa.
Il divario tra l’Italia e tutti i paesi maggiormente sviluppati aumenta sotto ogni profilo a partire dagli investimenti complessivi in Istruzione e Ricerca. Secondo il rapporto, gli stipendi degli insegnanti italiani sono ancora molto al di sotto della media dei colleghi, sia dei paesi OCSE, che dell’Unione Europea, tanto per i livelli iniziali che nel corso della carriera. Un insegnante di scuola media italiano appena assunto percepisce 30.739 dollari (i salari sono rapportati in dollari a parità di potere d’acquisto) mentre a livello europeo la media è di 33.041; al massimo della carriera la retribuzione di un docente italiano di scuola media è di 46.030 dollari mentre a livello europeo gli insegnanti percepiscono mediamente 56.006, ovvero il 21% in più, senza considerare che per raggiungere il massimo della carriera in Europa occorre molto meno dei 35 anni necessari ai docenti italiani.
Il contratto Istruzione e Ricerca firmato pochi mesi fa per il triennio 2016-2018 è già scaduto ed ora occorre rinnovarlo per il triennio 2019-2021. A tal fine è necessario che la legge di bilancio per il 2019, che sta per essere varata dal governo, contenga le risorse necessarie. Però da quanto emerge leggendo il DEF, ovvero il Documento di Economia e Finanza, sembrerebbe che non vi sia alcuno stanziamento per rinnovare i contratti dei lavoratori pubblici e questo nonostante si preveda una manovra economica di oltre 21 miliardi. Non solo non vi è alcuno stanziamento per avvicinare almeno in parte gli stipendi italiani a quelli dei colleghi europei, ma non vi sono neanche le risorse per garantire il potere d‘acquisto delle retribuzioni rispetto all’inflazione per il triennio 2019-2021. Anzi, nel DEF è scritto chiaramente che i redditi da lavoro dipendente della pubblica amministrazione si ridurranno dello 0,4% in media nel biennio 2020-2021!
Più che il governo del cambiamento ci sembra quello della continuità anzi, peggio, se prima le risorse investite per il rinnovo contrattuale erano poche, ora non ci sono affatto.
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