Istruzione: quanto mi rendi?
L'indagine di Banca d'Italia evidenzia perché è importante investire nell'istruzione.
Presentato dalla Banca d’Italia un nuovo studio sul rendimento dell’istruzione in Italia. Lo studio, di F.Cingano e P.Cipollone, evidenzia come gli investimenti nell’istruzione costituiscono una leva politica fondamentale per la crescita economica e occupazionale del Paese.
In particolare si evidenzia che:
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il rendimento per chi investe in istruzione è del 8,9%, mentre per azioni e obbligazioni il ritorno è bassissimo.
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Il rendimento privato di un anno d’istruzione risulta maggiore al sud e per le donne.
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I sussidi all’istruzione, l’aiuto pubblico diretto aumentano il rendimento perché riducono i costi.
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I rendimenti associati alla laurea, al diploma di scuola superiore risultano superiori al rendimento medio di tutti i livelli d’istruzione.
Lo studio analizza inoltre i risvolti sociali ed economici di questa tipologia di investimenti; senza voler entrare nella specifica analisi economica possiamo affermare che siamo nuovamente dinanzi ad una conferma delle nostre tesi: investire nell’istruzione è fondamentale per lo sviluppo sociale ed economico di un paese.
Purtroppo le politiche socio-economiche messe in atto dall’attuale governo vanno in tutt’altro verso: si motivano gli ingenti tagli alla scuola e all’università come necessari in tempo di crisi!
Anche sulla base delle tante indagini nazionali e internazionali, le indicazioni dell’UE individuano nell’innalzamento degli anni d’istruzione, il possesso di un titolo di studio secondario superiore e nell’apprendimento permanente i fattori fondamentali per l’inclusione sociale e lo sviluppo economico di un paese.
Indicazioni troppo spesso distorte ed utilizzate strumentalmente dal ministro Gelmini per le sue scelte scellerate in campo scolastico.
Da ultimo contrasta decisamente quelle indicazioni la pervicacia con la quale il Ministro intende procedere alla revisione della scuola secondaria superiore, in tempi strettissimi e solo sulla base di esigenze economiche, volte esclusivamente a soddisfare le indicazioni di tagli previsti dalla legge 133/08 di Tremonti, senza tener in nessun conto le ricadute sociali che quella riorganizzazione avrà per le nuove generazioni.
Roma, 16 novembre 2009
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