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Scuola, le gabbie della Lega

07/12/2023
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Collettiva.it

Stefano Iucci

Ci sono pratiche parlamentari che non tramonteranno mai: prima, seconda, terza Repubblica e anche oltre. Una di queste è certamente quella del blitz notturno, punto di coagulo spesso tra tensioni nelle maggioranze, tentativi di far passare proposte azzardate, provocazioni per vedere fino a che punto si può azzardare. È successo anche ieri notte.

La proposta di legge che – tra le proteste – ha di fatto cancellato il salario minimo deve essere sembrata al plotone di deputati leghisti guidati da Andrea Giaccone e Rossano Sasso rifugio sicuro per piazzare – anzi ripiazzare – un vecchio pallino (di origine bossiana) del Carroccio: quello delle gabbie salariali per gli insegnanti, con la risibile motivazione che la vita al Nord costa di più.

Si tratta di un ordine del giorno, che pertanto non impegna in alcun modo la maggioranza, ma che politicamente ha una rilevanza assai grave, fosse solo come puntello ideologico all’autonomia differenziata – questa sì pericolo concreto e incombente – che tra i suoi effetti nefasti avrebbe anche questo. Differenziare, cioè, i salari che a quel punto potrebbero essere usati anche come “grimaldello” dalle Regioni più ricche per attirare insegnanti, penalizzando il resto del territorio.

L’odg chiede al governo di “valutare l’opportunità di prevedere con apposito provvedimento un intervento sulla contrattazione del pubblico impiego”. Ma è l’istruzione a essere nel mirino: “Per alcuni settori, come ad esempio nel mondo della scuola” serve “un’evoluzione della contrattazione”, per arrivare a “una base economica e giuridica uguale per tutti, cui aggiungere una quota variabile di reddito temporaneo correlato al luogo di attività”.

Il motivo è quello classico di chi difende le gabbie salariali: “Lo stipendio unico nazionale”, infatti, può “comportare diseguaglianze sociali su base territoriale, creando discriminazioni di reddito effettivo”. Esiste tutta una letteratura che spiega molto bene nel dettaglio l'iniquità di un sistema siffatto e la sua inefficacia anche in termini di giustizia sociale: le gabbie salariali finirebbero ovviamente per acuire le distanze che nel paese ci sono, limitandosi a fotografare e cristallizzare situazioni esistenti.

La verità è che in Italia, a partire dalla scuola, il tema della povertà salariale esiste ed è complesso. E se parliamo di scuola non si può non citare il mancato rinnovo dei contratti. In estate è stato siglato un accordo già scaduto, quello 2019-21, mentre attualmente si sta discutendo il rinnovo di un’intesa che scadrà quasi subito, quella 2022-24: lo Stato è davvero un cattivo datore di lavoro.

Nel nostro paese le retribuzioni dei docenti sono, a ogni livello, sensibilmente più basse rispetto a quelle dei colleghi europei. Secondo l’Ocse, nella scuola superiore lo stipendio annuo medio in Italia è di circa 7 mila dollari inferiore rispetto alla media, ma se si prendono paesi come Francia e Germania il dato è ancora più impietoso.

Meno noto è il fatto che guadagno sensibilmente di meno anche rispetto ai pari livello del resto della pubblica amministrazione. A fronte di questa situazione, la proposta delle gabbie salariali sembra proprio una provocazione, anche perché inserita in un provvedimento che dovrebbe contribuire al rispetto dell’articolo 36 della Costituzione, quello che parla di salario giusto e dignitoso.

La realtà è un’altra: le risorse previste in legge di bilancio non sono sufficienti neanche per recuperare l'inflazione del primo anno di contratto scaduto. Secondo calcoli della Flc Cgil, nonostante l'inflazione sia arrivata al 18%, gli aumenti salariali a fine triennio contrattuale si attesteranno al 5,80%.

A queste mancanze si aggiungono delle vere e proprie provocazioni. Imbattibile la trovata del ministro Valditara che ha pensato a un carnet di sconti per docenti : soggiorni in agriturismo o per l’acquisto di prodotti alimentari locali, parcheggi in aeroporto e così via.

Insegnanti con lo sconto dunque, e a pensar male magari si commette peccato ma ci si prende. Come ha scritto la Flc Cgil in una nota, “invece di aumentare gli stipendi, trovando le giuste risorse per il rinnovo del contratto istruzione e ricerca 2022-24, il governo pensa evidentemente a come abbassarli”.


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