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Per migliaia di studenti non è ancora suonata la campanella: "Condannati all'emarginazione"

Sono tanti gli studenti disabili in attesa dell'insegnante di sostegno a scuola già iniziata. E spesso si tratta di professori che passano di cattedra in cattedra, non garantendo una continuità didattica e relazionale o di insegnanti non formati

30/09/2023
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Today.it

Daniele Tempera

Abbiamo avuto fino a cinque diversi insegnanti nei primi cinque mesi di scuola. In primis è stato nominato quello che sostituisce l'avente diritto, poi si sono succedute le nomine e siamo arrivati a Natale. Quando l'insegnante è arrivato il primo quadrimestre era già agli sgoccioli" a raccontarlo è Stefania Stellino, presidente di Angsa Lazio, l'Associazione Nazionale di genitori di soggetti autistici. "Mio figlio è un ragazzo autistico di livello 3 (la forma più grave del disturbo che comporta gravi deficit nella comunicazione sociale ndr) e ogni volta ha dovuto ricominciare tutto da capo. Storia come queste, per i genitori dei ragazzi autistici, sono ordinaria amministrazione e si ripetono tutti gli anni" racconta Stefania a Today. 

Un grido di dolore che ha trovato eco anche in una lettera al ministro dell'Istruzione Valditara da parte di Andrea Laurenzi, vice-presidente dell'Associazione Autismo Toscana che ha lamentato pubblicamente di come sua figlia autistica 17enne abbia cambiato ben 14 insegnanti di sostegno nel corso del suo percorso scolastico. "Sappiamo benissimo che fuori dal pianeta scuola per una persona autistica si aprono solo le porte dei Centri Diurni e dell’emarginazione. È nella scuola che dobbiamo costruire la vera inclusione" scrive il genitore. Eppure sappiamo che, dati Miur alla mano, i problemi rimangono immutati. Circa il 59% degli alunni disabili ha cambiato insegnante nel corso dello scorso anno. E ancora oggi, per molti di loro, la scuola non è ancora cominciata. 

Perché per molti studenti le lezioni non sono ancora cominciate 

Il tema è quello delle nomine degli insegnanti che, se è un problema per gli studenti comuni, lo è molto di più per quelli con disabilità. Un'emergenza che si riscontra da Nord a Sud. E non è purtroppo una novità: "La campanella non suona il 15 settembre per tutti, tutto il meccanismo delle nomine avviene spesso troppo tardi" spiega a Today Stefania Stellino presidente di Angsa Lazio.

Burocrazia delle nomine e quantificazione a ribasso delle ore di sostegno, che diviene spesso oggetto di ricorso al Tar da parte di molti genitori, sono due motivazioni importanti dei ritardi. L'altra è la carenza di personale sul sostegno, malgrado le nuove assunzioni effettuate o promesse. Si nominano quindi insegnanti pescati dalle mad, acronimo che sta per "messa a disposizione". Professionisti che non sono formati sul sostegno e che comunque incontrano molte difficoltà per le caratteristiche strutturali di questo tipo di insegnamento. E gli effetti sugli studenti si fanno sentire specialmente in caso di problematiche cognitive o intellettive.

"In caso di disabilità intellettive è fondamentale avere la stessa persona che, nel quinquennio della primaria o nel triennio della secondaria, possa seguire il ragazzo - ci spiega Stellino, presidente di Angsa Lazio -. L'autismo e le disabilità intellettive sono diverse da persona e persona, è fondamentale, per uno che fa questo lavoro capire chi ha davanti. Se si cambia insegnante ogni anno si perdono almeno due o tre mesi di didattica, perché per capire come interagire al meglio con il ragazzo e i suoi bisogni si impiegano almeno due-tre mesi". Va da sé che, se la nomina avviene a scuola inoltrata si va a pregiudicare un diritto. Che domani si trasformerà, molto probabilmente, in esclusione sociale. 

Eppure passi in avanti negli anni sono stati fatti. Gli insegnanti di sostegno e i finanziamenti statali sono cresciuti così come l'attenzione al tema. Ma è, ancora una volta la precarietà del corpo docente a pregiudicare un diritto essenziale per tanti ragazzi. Gli ultimi dati resi disponibili dal Miur, relativi al 5 settembre scorso e alla vigilia dell'anno scolastico 2024/24, parlano di oltre 194mila insegnanti di sostegno presenti nelle scuole italiane. 

Sono solo stime provvisorie che danno però conto di un'evidenza: il sostegno è retto ancora da una miriade di precari che sono destinati a crescere nel corso dell'anno scolastico. "C’è un numero enorme di posti in deroga assegnati di anno in anno, quest’anno potrebbero arrivare ai 110mila: parliamo della metà delle cattedre di sostegno. Molto spesso questi 'posti aggiuntivi' vengono predisposti anche per le sentenze del Tar, perché i genitori fanno causa contro dei diritti negati e vincono. Come può funzionare un sistema del genere?" osserva Manuela Calza segretaria nazionale Flc Cgil. Il tutto mentre il numero degli studenti disabili è aumentato anno dopo anno e i problemi del sostegno sono diventati sempre più urgenti.

Sostegno: l'emergenza è nelle regioni del Nord  

Quando parliamo di studenti con disabilità parliamo oggi di oltre 300.000 ragazzi che frequentano le scuole del nostro Paese. E il loro numero è cresciuti costantemente nel corso degli anni.

Ammontavano all'1.8% degli studenti totali nel 1990, ora rappresentano quasi il 5%. Merito di diagnosi effettuate tempestivamente e di un'attenzione ai diritti dei ragazzi con disabilità che è fortunatamente cresciuta negli anni. Quasi il 70% di loro ha una forma di disabilità di tipo intellettivo per cui sarebbe essenziale avere una continuità di formazione. 

Gli insegnanti di sostegno dovrebbero fornire quindi una sorta di mediazione tra l'alunno disabile e il resto della classe, coadiuvati anche da un'altra figura essenziale di questo tipo di formazione: gli assistenti all'autonomia e alla comunicazione. Si tratta di operatori socio-educativi che hanno il compito di facilitare la comunicazione, l'apprendimento e l'integrazione degli alunni disabili. E la loro mancanza si riscontra soprattutto in regioni del Sud come la Campania, dove ne è presente uno ogni 11,6 studenti.

Pochi ricordano che l'Italia è stata pioniera in questo tipo di formazione a livello mondiale. La figura dell’insegnante di sostegno nasce da noi nel 1977, esattamente 43 anni fa. Ma negli anni la formazione non è stata sempre supportata da investimenti adeguati. Oggi lo Stato investe 5 miliardi di euro l'anno sul sostegno. Ma se un insegnante italiano su quattro è precario in Italia, nel sostegno questa proporzione sale addirittura a uno su tre. E a soffrire maggiormente sono le regioni del Nord.

In realtà l'insegnante di sostegno è assegnato a una classe e non a un singolo alunno. La mappa sopra è una sorta di "semplificazione" che ci porta però a capire quali siano ancora le regioni d'Italia dove la carenza degli insegnanti di sostegno è più critica. Secondo i dati elaborati da Today, al 5 settembre 2023, sono soprattutto le regioni del Nord a fare registrare le più alta percentuale di alunni per insegnanti di sostegno. Il Lombardia la media è di 2,25 alunni per insegnante oltre quindi ai limiti stabiliti dalla legge che ne prescrive al massimo due.

"Anche sui posti autorizzati non sono stati individuati tutti gli insegnanti, succede soprattutto nelle regioni del Nord - spiega a Today Manuela Calza di Flc Cgil - le ragioni sono molteplici, ma possiamo riassumerle in due grandi tematiche: in primis c'è un problema economico, il mestiere dell'insegnante è scarsamente retribuito e non è attrattivo, specie in regioni dove il costo della vita è alto. In secondo luogo c'è il problema della formazione: i posti sono insufficienti ormai rispetto al fabbisogno ed è estremamente onerosa. Si può arrivare a pagare sui 3-4 mila euro per seguire corsi che durano un anno. A queste condizioni in molti desistono". Si ricorre quindi ai posti in deroga, con personale poco formato, che sopraggiunge ad anno scolastico già cominciato.

Le richieste dei genitori e le motivazioni dei sindacati sulla continuità

Le associazioni dei genitori si appellano a questo proposito al decreto legislativo 66 del 2017, promosso dall'allora ministra dell'Istruzione Valeria Fedeli. Il decreto avrebbe consentito ai genitori di richiedere al dirigente scolastico la conferma del docente supplente anche per l'anno successivo, assicurando così una continuità didattica per l'alunno disabile. Questo anche in caso di insegnante precario e quindi non titolare della singola cattedra. Il decreto non ha mai visto l'attuazione anche per l'opposizione di parte del mondo sindacale che riteneva la norma lesiva del diritto al lavoro dei docenti. Il rischio era quello di una gestione arbitraria delle nomine da parte del dirigente scolastico che avrebbe potuto scavalcare le graduatorie e i punteggi su scala nazionale. Oggi anche il ministro dell'Istruzione Valditara prova a riproporre l'idea di mantenere l'insegnante di sostegno anche l'anno successivo su richiesta dei genitori. Una proposta che susciterà probabilmente ancora le stesse perplessità. Perché punto è fare coesistere due diritti: quello dei lavoratori e quelli degli alunni disabili e non è sempre semplice. 

Mentre si dibatte di questo, molte assunzioni slittano al 2024: "La finanziaria del 2021 ha stabilizzato 25mila posti per i prossimi 3 anni aggiuntivi, ma non tutti questi posti sono stati coperti dalle assunzioni. Il ministero le ha autorizzate solo sul 60% dei posti vacanti - spiega Manuela Calza della Flc Cgil - Hanno fatto il gioco delle tre carte: siccome entro il 2024 dovremo assumere 70mila docenti hanno lasciato liberi dei posti che verranno assunti grazie ai piani del Pnrr, ma questo incide su tutto il sistema". Ma la precarietà non incide solo sugli insegnanti di sostegno, né solo sugli alunni disabili e una cosa è certa: per lo Stato significa risparmio. Ma sulla pelle di ragazzi e lavoratori. 

L'esercito dei precari della scuola: un affare per lo Stato, ma non studenti e lavoratori

Il loro numero è di 200.000 per i sindacati e di circa 130.000 per il ministero. È l'esercito dei professori precari che di fatto porta avanti la scuola italiana. Professionisti che girano ogni anno di scuola in scuola e passano di cattedra in cattedra, alle prese con metodi di reclutamento talvolta assurdi. Vengono spesso pagati in ritardo e percepiscono meno dei loro colleghi assunti (che vantano comunque alcuni tra gli stipendi tra i più bassi d'Europa). Senza di loro cominciare un nuovo anno scolastico sarebbe probabilmente impossibile, mentre lo Stato scandisce da anni le assunzioni con il contagocce. Una strategia dettata anche da logiche di convenienza economica. 

"Parliamo di assunzioni che vanno da settembre a giugno e in molti casi per periodi più brevi, quindi la retribuzione e le spese statali sono ovviamente inferiori. Inoltre non ci sono scatti di carriera, quindi il risparmio per lo Stato è sostanziale" osserva Manuela Calza di Flc Cgil. 

Uno studio del 2009 conteggiava in circa 9000 euro il risparmio dello stato per ogni precario. Applicando gli stessi parametri ai precari attuali lo Stato risparmierebbe quasi 2 miliardi di euro l'anno. Nel frattempo gli studenti si vedono avvicendare professori anno dopo anno e dei lavoratori si vedono ledere il diritto a essere assunti. Un diritto negato sul quale si è espressa anche la Commissione Ue che ha avviato già nel 2019 una procedura d'infrazione contro l'Italia per i contratti a tempo determinato nella pubblica amministrazione. Che continuano però a portare avanti un Paese che si regge sui precari. E che, da anni, non riesce più a vedere più in là del suo presente.


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