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Via ai test sierologici per i prof giungla di regole da Nord a Sud

Dovevano partire ieri i test sierologici per i docenti ma in molte regioni ancora non sono arrivati.

25/08/2020
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Il Messaggero

Dovevano partire ieri i test sierologici per i docenti ma in molte regioni ancora non sono arrivati. Gratuiti e volontari, rappresentano una garanzia per migliaia di insegnanti che tra pochi giorni torneranno in classe a far lezione. Lo stesso vale per tutto il personale scolastico, come dirigenti, addetti alle pulizie, segretari e tecnici, che torneranno in servizio. La procedura per i test prevede che vengano effettuati almeno sette giorni prima dell'avvio delle lezioni, prevedendo che debba poi seguire uno o più tamponi in caso di positività. E così, trattandosi di oltre un milione di persone, è stata individuata come data di inizio il 24 agosto per far sì che tutti possano partecipare entro il 7 settembre.
PROCEDURE FARRAGINOSEBasti pensare che nel Lazio sono circa 120 mila le persone che potenzialmente potrebbero aderire allo screening, in Sicilia oltre 100 mila, in Campania e in Lombardia oltre 160 mila. Numeri importanti, che prevedono migliaia di test al giorno per arrivare puntuali al 14 settembre. Ma il primo giorno di analisi non è andato tutto liscio, non sono mancate infatti le polemiche a cominciare dalla giungla di procedure. Ogni regione, infatti, va da sé prendendo percorsi differenti. Di norma il docente, interessato a sottoporsi al test, deve rivolgersi al medico di base per avviare l'iter ma poi non si sa se tutto si svolge nell'ambulatorio del medico, nella azienda sanitaria locale di competenza o in un ambulatorio di riferimento che comprenda più territori. Oppure direttamente a scuola, come previsto nel Lazio, dove i medici potranno raggiungere i docenti con il test negli istituti. Ma non tutti i medici hanno aderito: c'è anche chi, come il Sindacato medici italiani, ha sollevato il problema della sicurezza: chi si occuperà di smaltire il materiale dei test e di sanificare l'ambulatorio? Se dovesse verificarsi un caso di positività, lo studio verrebbe chiuso? Tanti ancora i dubbi. In molti casi si è trattato di una falsa partenza: «Noi siamo pronti - ha spiegato Domenico Crisarà, vice segretario generale della Fimmg, la Federazione dei medici di medicina generale - ma ci sono delle difficoltà di partenza che non dipendono dai medici. Purtroppo in diverse regioni ci segnalano che i kit non sono ancora disponibili. Abbiamo ritenuto doveroso dare il nostro apporto per la ripartenza della scuola in sicurezza e in presenza. Ma è importante anche poter contare su una organizzazione efficace». E così i medici di base, in prima linea in questa fase delicatissima per la ripartenza della scuola, si trovano di fatto con le mani legate: senza il kit a disposizione, possono solo prendere gli appuntamenti per i volontari, per i prossimi giorni in attesa del test. I camici bianchi chiedono di poter ricevere il kit direttamente negli ambulatori anche attraverso la Protezione civile o la Croce rossa. Una situazione particolarmente critica in Lombardia, come racconta il dottor Angelo Rossi, segretario provinciale di Brescia dell'associazione di categoria Fimmg. In tutta la regione sono 206 mila i dipendenti scolastici tra insegnanti e operatori, in poche ore le richieste di sierologico sono state quasi 10 mila. Una pressione che la sanità di base fatica a reggere, dato che scarseggiano le adesioni da parte dei medici di medicina generale. E non per mancanza di buona volontà, ma perché scoraggiati dalle procedure e delusi dal sistema.
MEDICI LASCIATI SOLI«Ho dato la mia disponibilità per effettuare i sierologici, se avessi saputo a cosa sarei andato incontro non lo avrei mai fatto», si sfoga Rossi dalla scrivania del suo studio. È medico di medicina generale a Leno, come la moglie, e fare i test «è il meno - assicura - La parte peggiore è inserire i dati, è tutta la mattina che sto lavorando per caricare i test su due diverse piattaforme. Molti colleghi non hanno aderito, durante l'epidemia di Covid siamo stati abbandonati e c'è un po' di incattivimento. In un scenario di guerra bisogna avere territorio che regge, erano stati appena smantellati i distretti rimasti in piedi per anni e quando servivano non c'erano più».
Claudia Guasco
Lorena Loiacono


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