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Università, gli studenti danno i voti Promossi nove docenti su dieci

Record a Lettere e Filosofia (96%), un po’ più severi i ragazzi di Architettura (86%)

06/02/2011
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Corriere della sera

ROMA — È la stessa percentuale degli italiani che stanno a casa per il pranzo di Natale, dei ragazzi di 15 anni che ascoltano musica pop o delle persone che riconoscono nei cinque cerchi il simbolo delle Olimpiadi. Praticamente tutti. È dunque una maggioranza più che schiacciante quella degli studenti universitari che promuovono i loro professori. «Sei soddisfatto di come è stato svolto questo insegnamento?» . Il 91,9%dei ragazzi ha risposto sì nel questionario distribuito nella gran parte delle università italiane. Per una volta le differenze sono soltanto sfumature: la percentuale dei professori promossi è un po’ più alta al Nord rispetto al Sud, nelle università piccole rispetto a quelle grandi. Ma restiamo sempre sopra la soglia bulgara del 90%. Anche guardando alle singole facoltà il risultato è sempre da altissimo gradimento: i «peggiori» sono i professori di Architettura, promossi dall’ 86%degli studenti, mentre al primo posto c’è Lettere e Filosofia dove si supera il 96%. Addirittura più degli italiani che fanno Natale in casa. A pensarci bene sembra impossibile. E invece sono dati ufficiali, contenuti nell’ultimo rapporto del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, che tra qualche mese dovrebbe lasciare il posto alla nuova agenzia di valutazione, l’Anvur. Professori promossi in massa, dunque. Una buona notizia per un pezzo fondamentale del nostro Paese, spesso criticato per sprechi, sistemazione di parenti, varie ed eventuali? Certo. Ma il risultato è talmente clamoroso da aver seminato qualche dubbio negli stessi autori della ricerca. In discussione non c’è il valore statistico delle tabelle. In Italia i voti ai professori sono arrivati con una legge del 1999, qualcuno si era mosso già prima, e ormai riguardano tre insegnamenti su quattro. A far pensare, piuttosto, è il modo in cui viene organizzata l’intera operazione. I questionari possono essere riempiti solo dagli studenti che hanno seguito in aula le lezioni. Giusto, perché chi dà un voto deve conoscere costa sta giudicando. Ma c’è un problema: quasi sempre quei fogli vengono distribuiti verso la fine del corso, a pochi giorni dagli esami. «A quel punto in aula sono rimasti solo i fedelissimi ed è chiaro che il loro giudizio è sempre positivo» , spiega Guido Fiegna, componente del Comitato di valutazione. Secondo lui «fatti così, i questionari servono a poco» . Il problema non è la sincerità di chi partecipa: i questionari sono anonimi e quindi, almeno in teoria, non ci sono ritorsioni da temere al momento dell’esame. Il problema è che si taglia fuori il giudizio non solo di chi non ha frequentato, come è giusto che sia. Ma anche di chi ha seguito le prime lezioni e poi, proprio perché insoddisfatto, ha deciso di lasciar perdere. Per scelta non per pigrizia. Con ogni probabilità il loro giudizio abbasserebbe la media. E soprattutto sarebbe utile a correggere il tiro perché il questionario non chiede solo di promuovere o bocciare il professore ma anche un giudizio puntuale su diversi aspetti, dal carico di studio alla chiarezza nella spiegazione, fino alla disponibilità nell’orario di ricevimento. «Per questo— spiega il presidente del Comitato ed ex numero uno dell’Istat Luigi Biggeri— si potrebbe far partecipare non solo chi frequenta le lezioni ma anche gli altri. Ad esempio tutti gli studenti che si iscrivono all’esame» . Non un foglio di carta da riempire in classe ma una semplice mail ricevuta al momento dell’iscrizione. Possibile ma con qualche rischio. Qualche anno fa un’iniziativa simile venne organizzata dal mensile Campus. Potevano partecipare tutti gli iscritti all’università, usando la stessa votazione degli esami. Vennero bocciati quattro professori su dieci, persino Umberto Eco si beccò un triste 26.

Lorenzo Salvia


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