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Università a tutta autonomia

Nel dl Semplificazioni un pacchetto di riforme. Più semplice accreditare nuovi corsi di laurea. Prova didattica per aspiranti ricercatori di fascia B

14/07/2020
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ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Anche le università non virtuose potranno sperimentare modelli di governance e di didattica autonomi. Sarà compito del ministero dell'università vagliare le richieste e sottoscrivere i singoli accordi quadro di sperimentazione. Dopo la riflessione sull'autonomia universitaria avviata sotto il governo Conte I dall'allora capo dipartimento Giuseppe Valditara, a proseguire il discorso riformatore è il ministro Gaetano Manfredi. Che nell'ambito del decreto legge di Semplificazioni ha inserito la norma che potrebbe facilitare l'applicazione delle disposizioni della legge 240 del 2010. Dando la possibilità anche ai cosiddetti atenei di serie B di adottare modelli di autonomia più ampi di quelli previsti dagli schemi della legge Gelmini.

L'articolo che apre alla maggiore autonomia universitaria sopprime dell'articolo 1, comma 2 della legge n.240 del 2010 «le parole: “che hanno conseguito la stabilità e sostenibilità del bilancio, nonché risultati di elevato livello nel campo della didattica e della ricerca». E così le università che non abbiano conseguito risultati di eccellenza e che non abbiano condizioni ottimali di bilancio potranno essere autorizzate a sperimentare modelli funzionali e organizzativi diversi da quelli codificati, forse anche con una articolazione più flessibile dell'impegno degli stessi docenti tra didattica e ricerca.

Un'apertura che dovrebbe consentire, negli intenti del legislatore, al ministero di sostenere con piani ad hoc le potenzialità della singola università.

Tra gli altri interventi operati dal Semplificazioni, spunta lo scambio per i docenti consenzienti tra sedi universitarie diverse: «La mobilità interuniversitaria è, altresì, favorita prevedendo la possibilità di effettuare trasferimenti di professori e ricercatori consenzienti attraverso lo scambio contestuale di docenti, anche di qualifica diversa, tra due sedi universitarie», recita la norma, «con l'assenso delle università interessate e nei limiti delle relative facoltà assunzionali, che sono conseguentemente adeguate a seguito dei trasferimenti medesimi. I trasferimenti di cui al presente comma sono computati nella quota del quinto dei posti disponibili, di cui all'articolo 18, comma 4».

Le università virtuose, quelle che hanno una spesa per il personale sotto il tetto dell'80% del bilancio, inoltre sono autorizzate ad avviare procedure di arruolamento dei docenti ordinari di atenei che virtuosi non sono.

Inoltre, per gli aspiranti ricercatori di fascia B, il dl inserisce la prova didattica nell'ambito del settore scientifico disciplinare oggetto del bando.

Più semplice dovrebbe poi essere, sulla scia di quanto già avviato dal precedente Governo, l'accreditamento dei corsi di laurea: a decorrere dall'anno accademico 2022-2023, con regolamento ministeriale, sentiti l'Anvur, la Conferenza dei rettori delle università italiane e il Consiglio universitario nazionale, «sono definite le modalità di accreditamento dei corsi di studio da istituire presso sedi universitarie già esistenti, in coerenza con gli obiettivi di semplificazione delle procedure e di valorizzazione dell'efficienza delle università». La concessione o il diniego dell'accreditamento dovrà aversi entro il 15 aprile dell'anno accademico precedente quello di eventuale attivazione.


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