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Unità-Una manciata di soldi in più per la ricerca. Ma i rettori non ritirano le dimissioni

Una manciata di soldi in più per la ricerca. Ma i rettori non ritirano le dimissioni di Mariagrazia Gerina Il ministro dell'Economia, mentre con una mano concede - a malincuore - qualche soldo i...

18/12/2002
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l'Unità

Una manciata di soldi in più per la ricerca. Ma i rettori non ritirano le dimissioni
di Mariagrazia Gerina

Il ministro dell'Economia, mentre con una mano concede - a malincuore - qualche soldo in più all'università e alla ricerca, con l'altra agguanta il timone e commissaria i futuri progetti finanziati con quei soldi. Il fondo per finanziare nuovi progetti di ricerca, costituito con i proventi della tassa sul fumo, sarà gestito direttamente dalla Presidenza del Consiglio, ovviamente "di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze". È quanto si legge nel tanto atteso emendamento alla Finanziaria presentato dal relatore Lamberto Grillotti (An), al termine di un lungo braccio di ferro. Alla Moratti, il diritto di "proposta". Anche se la precedenza sarà data alle proposte del ministro Sirchia (avranno corsia preferenziale le ricerche sulla salute). Su tutto sorveglierà l'Alta commissione di vigilanza, organismo attualmente inesistente e che secondo il ministro sarà attivato a costo zero. La logica a cui dovrà rispondere è: "A chi ha sarà dato". I soldi in particolare dovranno andare solo a chi avrà già saputo utilizzare al meglio le risorse comunitarie. Quelle che secondo il ministro dell'Economia sono utilizzate malissimo dai ricercatori italiani ("rimboccatevi le maniche per spendere i soldi del fondo europeo", ha detto loro qualche giorno fa). L'impronta Tremonti è evidente. Viale Trastevere non commenta: "Non ci sono tensioni, solo qualche aggiustamento ancora da fare". Ma la soluzione trovata da Tremonti non piace nemmeno alla maggioranza, che si prepara a correggerla in corner con un "subemendamento" per ridestinare i 225 milioni di euro ai fondi per la ricerca già esistenti e sotto il controllo del Miur. E dare qualcosa in più anche all'università.
"Non c'è nemmeno una lira per il Cnr", registra deluso il presidente del Consiglio nazionale delle ricerche, Lucio Bianco: "Prima ancora che di finanziamenti per i progetti, abbiamo bisogno di soldi per laboratori e strumentazioni - ribadisce -, insomma per non chiudere i battenti". E poi aggiunge: "La soluzione prospettata dal governo mi sembra un pasticcio. È una rivoluzione, passata con un emendamento su un piccolo fondo che mette da parte il ministro della Ricerca e consegna la ricerca al ministro dell'Economia".
E mentre si annuncia battaglia sulla soluzione prospettata per la ricerca, la partita resta aperta anche sul fronte università. Mancano all'appello trenta milioni di euro per tornare ai finanziamenti dello scorso anno. "In aula faremo il possibile", promette Franco Asciutti (Fi), presidente della Commissione Cultura, che ieri ha ascoltato nuovamente le ragioni dei rettori. La maggioranza in aula si prepara a correggere l'emendamento del governo, che stanzia 170milioni per l'università e 225 per la ricerca, con un subemendamento che assegna 200milioni all'una e 200milioni all'altra, oltre a rivedere la questione del fondo voluto da Tremonti. Nell'attesa i rettori non ritirano le dimissioni. "C'è un impegno a lavorare anche in prospettiva", commenta il presidente della Crui (la conferenza dei rettori), Piero Tosi, al termine dell'audizione in Commissione Istruzione. A gennaio, si aprirà un tavolo per ragionare sulle questioni dell'università. E nell'immediato? "Abbiamo fatto una proposta minima e siamo fiduciosi di poter ottenere almeno quello", si limita a dire Tosi. "Finora però la proposta del governo (170 milioni di euro) è un debole segnale", ammette il rettore di Torino, Rinaldo Bertolino. E soprattutto si prospetta fumata nera sull'altro punto: che sia lo Stato a farsi carico degli aumenti di stipendio. C'è la possibilità di modificare la regola. E durante la discussione della Finanziaria nei prossimi giorni potrebbe essere presentato un ordine del giorno per vincolare il governo in tal senso. Ma per il 2003, non c'è nulla da fare. Saranno gli atenei a dover far fronte agli aumenti. Pessima notizia, appresa ieri a margine dell'incontro ufficiale. "Sono soldi che dobbiamo togliere agli investimenti e ai servizi", resta perplesso il rettore dell'università Mediterranea di Reggio Calabria, Alessandro Bianchi. I conti li fanno rapidamente i rettori: "Per il mio ateneo significa circa un miliardo di vecchie lire", riflette Bianchi. "Per il mio 480milioni di euro", ragiona Fabiani, rettore della terza università di Roma. E restano perplessi.
Ha avuto troppa fretta il ministro Moratti, che nella mattina di ieri aveva già annunciato: "La protesta dei rettori è praticamente rientrata". Contemporaneamente al Gr1 Tosi già annunciava: "Credo che sarà difficile arrivare al ritiro delle dimissioni, siamo in una situazione di emergenza gravissima".
E l'emergenza ieri è stata ribadita dalla protesta studentesca, che continua a montare negli atenei. "Non bastano le elemosine di Tremonti", rilancia l'Unione degli studenti. E ieri sotto accusa, a Cagliari e a Bologna per gli aumenti delle tasse già decisi quest'anno sono finiti gli stessi rettori. "Dimettetevi", hanno gridato loro gli studenti. Peccato che l'abbiano già fatto.


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