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Unità-Spoil system, Berlusconi vuole il Corriere

Spoil system, Berlusconi vuole il Corriere di Rinaldo Gianola "Leggete bene. Questo è il primo comunicato del nuovo azionista di maggioranza della Fiat". Domenica sera questa era l'osservazione c...

15/10/2002
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l'Unità

Spoil system, Berlusconi vuole il Corriere
di Rinaldo Gianola

"Leggete bene. Questo è il primo comunicato del nuovo azionista di maggioranza della Fiat". Domenica sera questa era l'osservazione che ambienti vicini al governo riferivano a chi chiedeva chiarimenti su quel testo alquanto criptico. Si erano appena chiusi i cancelli di Villa San Martino, che in tempi passati l'avvocato Previti riuscì a procurare a Silvio Berlusconi per un pugno di denari, e già era iniziata l'opera di orientamento sul vero significato di quell'incontro. Più che a un'azione di risanamento della Fiat, Berlusconi, infatti, sembra interessato ad ottenere la capitolazione della famiglia Agnelli e la conquista o la dispersione verso alleati affidabili, di alcune provincie dell'impero torinese oggi in via di decomposizione, ma pur sempre dotato di ricchi patrimoni. Assodato che nessuno può, nemmeno per sbaglio, prendere le difese degli Agnelli che hanno perseguito una linea sbagliata nella conduzione del gruppo, nell'allocazione degli investimenti e nella strategia industriale, sottovalutando gli effetti di un "lungo addio" all'auto avviato con l'accordo General Motors, è tuttavia necessario capire che attorno alla Fiat si gioca una partita di potere che cambierà gli assetti del capitalismo nazionale.
[Fuor di metafora che cosa intende dire Berlusconi quando sostiene che il piano va migliorato e che l'azionista deve fare la sua parte? Che cosa chiede il vice presidente Fini quando richiama l'esigenza di "comportamenti virtuosi" da parte dei vertici del Lingotto? Il governo, nel momento in cui ipotizza il ricorso ad ammortizzatori sociali o all'immissione di capitali, ancora tutta da verificare, per accompagnare la ristrutturazione o peggio del Lingotto, esige che gli Agnelli comprendano le esigenze di Berlusconi e, possibilmente, accolgano le sollecitazioni di Palazzo Chigi.
Per esempio: se la Fiat ha bisogno di soldi potrebbe mettere sul mercato la Toro Assicurazioni, una delle compagnie migliori del mercato italiano, per la quale certamente troverebbe molti interessi. Ancora: perchè gli Agnelli si ostinano a mantenere un atteggiamento poco collaborativo con i vertici di Mediobanca, anzi, nel recente passato hanno addirittura tramato per allontanare l'amministratore delegato Vincenzo Maranghi e si sono opposti alla fusione tra le Generali e la Mediolanum, di cui casualmente è azionista Berlusconi?
E poi perchè a Torino hanno sempre mostrato un ostracismo ingiustificato verso il costruttore Salvatore Ligresti il quale, partito da un sopralzo in via Savona a Milano, oggi vorrebbe concludere la sua faticosa e brillante carriera, costellata dall'amicizia coi La Russa e da qualche fastidiosa inchiesta giudiziaria, accomodandosi nel salotto di Hdp e del Corriere della Sera?
Dunque, forse di questo si tratta: il risanamento della Fiat, il mantenimento della produzione di auto in Italia, il salvataggio dei posti di lavoro a Termini e ad Arese passerebbero attraverso la capitolazione degli Agnelli di fronte alle richieste di Berlusconi e dei suoi alleati. Proprio ieri, a questo proposito, il presidente dei Ds, Massimo D'Alema, ha sostenuto che quando il presidente del Consiglio parla di salvataggio della Fiat, in realtà pensa a manomettere il Corriere della Sera e la Stampa, i giornali vicini alla famiglia Agnelli, che certo non possono apparire anti-governativi. Un sospetto legittimo, visti i tempi che corrono.
Oggi, mentre migliaia di dipendenti della Fiat assieme alle loro famiglie non sanno se potranno contare ancora sul loro lavoro da qui alla fine dell'anno, c'è il rischio che questa voracità predatoria del presidente del Consiglio, nell'occupazione di spazi di potere, possa alterare il già difficile confronto tra l'azienda e i sindacati, con richieste inusuali o ingiustificate. Proprio la debolezza delle strategie dell'azienda, alcuni formidabili errori passati e recenti (ma come si fa a dire, come ha fatto il presidente Fresco, che il problema non è se vendere la Fiat auto alla General Motors, ma quando e a che prezzo, mentre chiede licenziamenti e l'intervento del governo?) rendono più debole la posizione degli Agnelli e rafforzano Berlusconi che ha nei confronti della famiglia di Torino un atteggiamento simile a quello mantenuto verso il ministro degli Esteri, Renato Ruggiero. Il problema non c'è più se viene allontanato.
Da bravo venditore, il presidente del Consiglio può oggi disporre di una serie di prodotti che interessano alla Fiat (ammortizzatori sociali, incentivi alla ricerca e ambientali, magari aiuti finanziari) che, naturalmente, dovrà pagare un prezzo adeguato per ottenerli. Per il capo del governo, per anni tenuto ai margini dal grande capitale, creatore di uno dei pochi grandi gruppi imprenditoriali capace di svilupparsi al di fuori delle sfere di influenza degli Agnelli e di Cuccia anche se non della politica, deve essere stato un piacere presentarsi in Mercedes e in ritardo all'incontro con Fresco e Galateri di Genola dell'altra sera. Sono piccole soddisfazioni che Berlusconi riesce a cogliere e a gustare. La filosofia ispiratrice dell'azione di Berlusconi anche di fronte alla più grave crisi industriale che il Paese ricordi è, dunque, quella che già avevamo imparato a conoscere quando il presidente della Fininvest organizzava gigantesche cene con piccoli e medi imprenditori in giro per l'Italia per convincerli di quali straordinari successi avrebbero conseguito le loro aziende se solo avessero investito negli spot delle sue televisioni. Ogni tavolo aveva un posto libero, così Berlusconi poteva sedersi a tutti i tavoli.
Adesso, dopo molti anni, il proprietario della Fininvest si è seduto al tavolo della Fiat e potete essere sicuri che non si alzerà tanto presto.


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