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Unità-Rifiuta lo Stato di Diritto

Rifiuta lo Stato di Diritto di Nicola Tranfaglia Silvio Berlusconi, in questi due anni di governo, ha mostrato una notevole varietà di incarnazioni: dall'imprenditore al politico, dal narratore ...

30/04/2003
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l'Unità

Rifiuta lo Stato di Diritto
di Nicola Tranfaglia

Silvio Berlusconi, in questi due anni di governo, ha mostrato una notevole varietà di incarnazioni: dall'imprenditore al politico, dal narratore facondo di barzellette, al pagliaccio che fa le corna ai suoi colleghi e via dicendo.
Ma ieri per la prima volta con la sua lunga lettera a il Foglio è andato oltre.
È diventato storico di se stesso e dell'intero Paese nell'ultimo decennio delle vicende italiane.

Già ieri, apprendendo la condanna del suo amico e sodale Cesare Previti, aveva anticipato la sua decisione di perseguire la magistratura politicizzata senza più distinguere tra "toghe rosse" e di altro colore, giudicando quello appena finito come un processo politico e irregolare, nonostante le sette ricusazioni, le numerose sentenze avverse della corte di Appello, le ordinanze della corte di Cassazione e persino la pronuncia della corte Costituzionale che hanno permesso ai giudici di arrivare in fondo. Ma subito dopo ha voluto, come si può dire, alzare ancora il tono e dichiarare guerra a tutti quelli che non hanno seguito le sue idee e hanno una diversa concezione della democrazia repubblicana e della sua Costituzione democratica.

Ci troviamo così di fronte ad una "vulgata" di questo decennio che interpreta le inchieste contro la corruzione pubblica e privata, di politici come di imprenditori, non come la risposta, sia pure tardiva, da parte di magistrati di ogni orientamento politico e culturale all'aumento patologico avvenuto negli anni Ottanta e Novanta che ha portato l'Italia alle porte del baratro finanziario bensì come il progetto consapevole secondo una logica golpista di sostituire la Repubblica parlamentare con una "Repubblica dei giudici". Si accusano nello stesso tempo gli uomini e le donne di centrosinistra di essere stati complici di questo progetto di golpe che sarebbe, secondo la lettera partita dall'autorizzazione a procedere chiesta contro Bettino Craxi nell'aprile '93 e si sarebbe realizzata con l'abolizione dell'immunità parlamentare. In questo periodo per lui oscuro l'unica luce sarebbe stata rappresentata dal suo primo governo nel 1994. Le sue dimissioni, conseguenza come è noto a tutti, dell'uscita della Lega e dell'attuale suo ministro Umberto Bossi nel dicembre '94 sarebbero a suo avviso effetto dell'azione dei suoi nemici feroci individuati appunto nei giudici e nel gruppo editoriale che fa capo a Carlo De Benedetti. Nella sua ricostruzione che non si può definire storica per le troppe affermazioni contrarie ai fatti, incomincia da quel momento con il cosiddetto ribaltone (leggi governo Dini da lui stesso in un primo tempo indicato come presidente di un governo di tregua) sarebbe iniziato un periodo di sei anni di nuovo grave oscurantismo. Berlusconi arriva al punto da dimenticare che nell'aprile del 1996 si sono svolte nel nostro Paese regolari elezioni politiche che hanno portato per cinque anni al governo i partiti del centrosinistra.

Per lui, con tutta evidenza, esistono soltanto le elezioni che lui ha vinto: parla di quelle del '94 e di quelle ultime del 2001.
Quelle del '96 vinte dalla coalizione di centrosinistra guidata da Romano Prodi non esistono più, sono un puro prolungamento del ribaltone che lo portò all'opposizione.
Come una simile falsa ricostruzione del decennio si leghi al processo che ha portato ieri alla condanna in primo grado dell'onorevole Cesare Previti non è chiaro. Ma la spiegazione emerge limpidamente dall'insistenza della logica golpista dei giudici che a suo avviso hanno collaborato con la quarta sezione del tribunale milanese in modo da consentire la conclusione del processo. Il progetto che gli sta a cuore è di ripristinare l'immunità parlamentare in una versione così ampia da impedire qualsiasi atto giudiziario non soltanto contro i ministri e il presidente del Consiglio durante il loro incarico ma anche di tutti i parlamentari, e dunque anche di Previti. E con questo ritorniamo all'inizio del discorso. Di fronte alla violenza dell'attacco di Berlusconi contro i complici di quello che egli definisce il mostro giustizialista e il ribaltone (bisognerebbe chiedersi cosa pensa oggi della Lega e di tutti quelli che fanno parte da poco della sua maggioranza) è inevitabile chiedersi se ci troviamo ancora una volta di fronte all'esigenza urgente e prioritaria di salvare Previti.

Quella stessa urgenza che ha fatto approvare a passo di carica da parte del Parlamento le leggi sulle rogatorie internazionali, sul legittimo sospetto, sul patteggiamento allargato e così via.
E c'è da pensare che Berlusconi sia terrorizzato dalle conseguenze di una condanna definitiva del suo amico. Forse quest'ultimo sa troppe cose e il presidente del Consiglio è disposto a tutto purché non le dica a nessuno. Anche ad una nuova accesa battaglia parlamentare come avvenne per la legge Cirami anche a uno scontro aperto con il Quirinale, anche alla violazione di principi fondamentali della Costituzione che per altro da due anni a questa parte si stanno succedendo non soltanto in campo giudiziario.

Ottenuto l'appoggio e il silenzio di una buona parte dei media, a cominciare da quelli televisivi, Berlusconi ha ora bisogno di ridurre all'obbedienza i giudici per ottenere sostanziali pieni poteri e si appresta a realizzare rapidamente questo secondo obiettivo se gli italiani e le forze politiche dell'opposizione non reagiranno con l'energia necessaria, nel Parlamento e nel Paese.


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