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Unità-Quel progetto toglie il futuro

Quel progetto toglie il futuro di Nicola Rossi Resoconto sommario dei lavori della Camera dei Deputati. Seduta di martedì 11 febbraio 2003. Dall'intervento del ministro dell'Istruzione, dell'Univ...

18/02/2003
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l'Unità

Quel progetto toglie il futuro
di Nicola Rossi

Resoconto sommario dei lavori della Camera dei Deputati. Seduta di martedì 11 febbraio 2003. Dall'intervento del ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, dottoressa Letizia Moratti: "Possiamo avere visioni diverse sui mezzi e sugli strumenti per realizzare la riforma del sistema scolastico, ma credo che possiamo riconoscerci nelle finalità generali del sistema, (') facendo riferimento al valore di una scuola finalizzata al massimo sviluppo della persona, all'affermazione del valore universale del concetto di diritto allo studio".
No, dottoressa Moratti, non è così. Alla scuola pubblica obbligatoria, da quando essa esiste, abbiamo sempre chiesto qualcosa di più. Le abbiamo chiesto di essere non solo finalizzata allo sviluppo della persona ed all'affermazione del diritto allo studio. Le abbiamo chiesto di essere il canale più efficace ed importante di redistribuzione delle opportunità. Uno straordinario strumento di redistribuzione non di mero potere d'acquisto ma di possibilità di partecipazione e di autonomia. Alla scuola pubblica abbiamo chiesto di spezzare quel filo sottile eppure così resistente che lega ognuno di noi, nel bene e nel male, al proprio passato ed al proprio presente e rende spesso il futuro di tanti un momento già scritto.
La scuola pubblica italiana non ha mai spezzato del tutto quel filo. Ed ancora oggi la stratificazione sociale trova nella scuola pubblica non il suo principale nemico ma, purtroppo, spesso ancora un complice. Legga, dottoressa Moratti, le pagine scritte di recente da Daniele Checchi, fra gli altri, su questo argomento. Pagine che documentano come ragazzi provenienti da famiglie con ridotto capitale umano tendano a ripetere questo o quell'anno scolastico, a completare a stento la scuola dell'obbligo e quindi a scegliere i canali della formazione professionale. Mentre l'opposto accade ai ragazzi nati e cresciuti in ambienti ricchi di capitale umano.
Invertire queste tendenze dovrebbe essere uno degli obbiettivi di fondo della scuola pubblica. E non sarebbe un obbiettivo impossibile. Bisognerebbe puntare a favorire l'accumulazione di capitale umano da parte degli adulti e, al tempo stesso, a ridurre l'influenza degli ambienti familiari sulle carriere scolastiche degli studenti.
Ciò, a sua volta, comporterebbe la necessità di puntare sulla scolarizzazione precoce e sulla piena integrazione fra scuola dell'infanzia e scuola dell'obbligo. Ciò porterebbe ad allungare il tempo di permanenza a scuola fino a farne una scuola a tempo pieno ed a puntare sulle forme di sostegno interne alla scuola stessa: dalle librerie alle aule informatiche, ai corsi di recupero. Ciò suggerirebbe di posporre per quanto possibile il momento della scelta fra diversi canali formativi al fine, per quanto possibile, di consentire ai ragazzi di rovesciare scelte fatte, anche in assoluta buona fede, per loro da altri. L'obbiettivo dovrebbe essere soprattutto uno: puntare a dare a tutti opportunità che sono oggi appannaggio solo di pochi.
Ma non è questo ciò che lei, dottoressa Moratti, ha in mente. Né è questo l'oggetto della sua "riforma". L'idea di scuola pubblica dell'obbligo che emerge da quel provvedimento dimentica, infatti, la ragione stessa della introduzione e la finalità profondamente redistributiva della pubblica istruzione. Una ragione che ha da sempre accomunato tanto le posizioni di matrice socialista quanto quelle di origine liberale. La cosa, peraltro, non può sorprendere. Questo è infatti uno di quei casi in cui la parola "riforma", lungi dall'essere malata, esprime al meglio il suo significato. Fuor di ogni polemica, la sua, dottoressa Moratti, non è infatti una riforma ma piuttosto un provvedimento intrinsecamente teso a conservare la struttura della società italiana. Esso ci consegnerà un Italia molto prossima, purtroppo, a quella attuale: statica e socialmente immobile. Non è questa la missione della scuola pubblica e non è questo ciò che vorremmo per il Paese.
Post scriptum: come si è visto, il Governo non è in grado di finanziare e la maggioranza non è in grado di garantire il numero legale su un provvedimento di questa portata. Nessuno dubita, dottoressa Moratti, della sua volontà di lasciare un qualche segno - condivisibile o meno - del suo passaggio nel sistema educativo italiano ma le capita mai di dubitare dell'interesse del suo Governo e della sua maggioranza per lo stesso argomento


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