FLC CGIL
Contratto Istruzione e ricerca, filo diretto

https://www.flcgil.it/@3793857
Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Unità-Per Salvare l'Università

Unità-Per Salvare l'Università

Per Salvare l'Università Nicola Tranfaglia La settimana che si sta per aprire segna una grande mobilitazione dell'Università italiana (professori, ricercatori, personale tecnico ammini...

20/02/2005
Decrease text size Increase text size
l'Unità

Per Salvare l'Università

Nicola Tranfaglia

La settimana che si sta per aprire segna una grande mobilitazione dell'Università italiana (professori, ricercatori, personale tecnico amministrativo e, a volte, anche studenti) perché il disegno del governo Berlusconi, per quanto contraddittorio e indeterminato, incomincia ad esser chiaroLa maggioranza parlamentare, raccolta intorno al presidente del Consiglio, vuole rapidamente distruggere l'università pubblica, ripristinare in pieno il governo centralistico-burocratico del sistema dell'istruzione, svuotare completamente l'autonomia costituzionale assegnata alle scuole come agli atenei.
Vanno in questa direzione i finanziamenti enormi assegnati, secondo un metodo clientelare e paramafioso, a università private cattoliche (ma di estrema destra) che stanno sorgendo come funghi o a nuove università pubbliche scarsamente presenti sul piano della ricerca ma guidate da amici di Berlusconi o che hanno nel corpo insegnante esponenti della destra di governo passata e presente, cui si accompagna la contrazione dei finanziamenti alla maggioranza degli atenei che non hanno quei requisiti.
Nel biennio 2002-2004 le università hanno avuto complessivamente a disposizione soltanto 109 milioni di euro in più rispetto al finanziamento 2001,con un aumento annuale medio dello O,54 per cento a fronte di un'inflazione media del 2,35 per cento e di un incremento medio del PIL dello 0,93 per cento. L'aumento di 338 milioni di euro, disposto con la legge finanziaria del 2005, non compensa i tagli del precedente triennio ed è avvenuto a spese della scuola e della ricerca.
Quest'ultima è ormai in stato comatoso e ci pone all'ultimo posto dell'Europa: la ricerca umanistica che era tra le più avanzate a livello internazionale è ridotta al lumicino, quella delle scienze biologiche e naturali difetta degli strumenti essenziali per competere con il mondo anglosassone ma anche con quello russo e cinese.
A questa situazione sempre più drammatica si accompagna il blocco dei concorsi che ha luogo dopo un triennio di blocco delle assunzioni. Il ministro Moratti a qualche settimana dalla finanziaria ha prima rinviato di oltre sei mesi le elezioni per le commissioni dei nuovi concorsi, poi con una semplice nota (n.147 del 27-OI-05) ha sospeso di fatto sine die tutti i concorsi nelle università sia per il personale docente che per quello tecnico-amministrativo. Si tratta di un provvedimento chiaramente illegittimo ma è noto che questo governo ha trovato il modo, grazie a una maggioranza cieca e disposta a tutto, di cambiare la Costituzione non solo con leggi ordinarie ma addirittura con note e circolari dell'esecutivo.
Infine - e questo appare come la goccia che fa traboccare un vaso già troppo pieno - la riforma dello stato giuridico dei professori e ricercatori universitari non risolve alcuni tra i maggiori problemi di funzionamento dei nostri atenei giacché non definisce in nessun modo i diritti e i doveri dei docenti, non risponde all'invecchiamento dell'attuale personale docente né favorisce l'immissione dei giovani, non snellisce le procedure concorsuali, non regola in maniera adeguata le funzioni di tempo pieno e di tempo definito, non stabilisce le risorse necessarie per il mutamento legato alla legge delega del governo.
Di fatto allontana dal lavoro universitario i giovani migliori e più preparati che, piuttosto di una carriera assai precaria e tale da non garantire in nessun altro modo l'inserimento nel mondo del lavoro, se ne andranno in qualche altro Paese o decideranno di rinunciare a un cursus estremamente difficile e macchinoso in un mercato del lavoro che, a differenza di quanto avviene negli Stati Uniti, non offre possibilità alternative una volta che si sia stati per dieci o quindici anni impegnanti nel lavoro scientifico. Ancora una volta si copia il sistema americano in condizioni di fatto assai diverse e tali quindi da produrre veri e propri disastri.
Il risultato prevedibile è quello che tra dieci anni, o prima, gran parte degli attuali professori avranno lasciato l'insegnamento ma non ci sarà un ricambio a livello alto come è necessario se si vuole competere a livello internazionale giacché saranno troppo pochi i nuovi professori e non saranno i migliori ma soltanto persone che non hanno trovato altre e migliori alternative in Italia o altrove. Se questo non è un progetto per distruggere l'università pubblica e far crescere senza controllo istituzioni private ligie alle vedute della maggioranza e finanziate da enti economici o surrettiziamente dallo Stato, significa soltanto che l'attuale maggioranza parlamentare va istintivamente in questa direzione, guardando con fastidio e preoccupazione un mondo come quello dell'istruzione superiore che ha bisogno come l'aria di libertà di ricerca e di pensiero.
Ma c'è ancora un aspetto che emerge con chiarezza dalla politica universitaria di questi ultimi anni. Ed è l'abbandono della politica per il diritto allo studio che era stata intrapresa con forza negli anni novanta dai governi di centrosinistra. L'obiettivo della borsa di studio per tutti gli studenti che ne avrebbero diritto per merito e condizione economica si allontana sempre di più per il mancato adeguamento nella legge finanziaria del 2005 del fondo nazionale integrativo dedicato a questo aspetto.
I "prestiti d'onore", previsti dalla legge 390 del 1991 sono stati trasformati in "prestiti fiduciari" sottraendo risorse al sostegno degli studenti capaci e meritevoli privi di mezzi per destinarle a garanzie alle banche della restituzione dei prestiti a chiunque attribuiti; la legge sulle residenze universitarie del 2000 non è stata rifinanziata con la conseguenza di lasciare inevasi gran parte dei progetti presentati da università, regioni, cooperative e privati.
Si impone, a questo punto, da parte della coalizione di centrosinistra un progetto organico e complessivo per affrontare la crisi dell'istruzione superiore che deve essere concepita come un aspetto essenziale del piano dedicato alla scuola e alla ricerca. Lo spettro del sottosviluppo e dell'emarginazione da qualunque competizione internazionale e dal contributo che questo settore è chiamato a dare allo sviluppo del Paese è ormai presente. Il tempo è scarso. Spetta all'opposizione in parlamento e nel Paese far capire agli italiani l'importanza della partita che si sta giocando.


La nostra rivista online

Servizi e comunicazioni

Seguici su facebook
Rivista mensile Edizioni Conoscenza
Rivista Articolo 33

I più letti

Filo diretto sul contratto
Filo diretto rinnovo contratto di lavoro
Ora e sempre esperienza!
Servizi assicurativi per iscritti e RSU
Servizi assicurativi iscritti FLC CGIL