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Unità-Paese a marcia indietro

.07.2003 Paese a marcia indietro di Chiara Saraceno Ha fatto bene il governo a non dare particolarmente rilievo alla notizia, apparentemente positiva, della diminuzione di un punto percentuale d...

28/07/2003
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l'Unità

.07.2003
Paese a marcia indietro
di Chiara Saraceno

Ha fatto bene il governo a non dare particolarmente rilievo alla notizia, apparentemente positiva, della diminuzione di un punto percentuale della povertà relativa in Italia nel 2002 rispetto al 2001. Dietro a quella diminuzione, infatti, sta un peggioramento complessivo del tenore di vita della popolazione, indicato da una diminuzione dei consumi, specie di quelli non alimentari.

Esso ha riguardato soprattutto le regioni più ricche del paese, che solo per questo vedono diminuire la distanza da quelle più povere: non perché la situazione di queste ultime sia migliorata. E le cose quest'anno non sembrano andare meglio. Nel 2003 può avvenire, anche in una grande città del Nord, anche in famiglie relativamente "garantite" (lavoro in una grande industria) che ci si interroghi sulla possibilità di mandare un figlio alle superiori, dato il costo dei trasporti (se si vive fuori città, dove il costo dell'abitazione è più basso) e dei libri. O si rimandi la visita al dentista, o dall'oculista. O che ci si interroghi ancora una volta sui costi e benefici, in termini economici, del lavoro della madre. I motivi sono diversi, certo: una situazione economica che se riesce ancora a creare lavoro senza sviluppo, tuttavia (e proprio per questo) lo crea a livelli di qualità bassa e di sicurezza decrescente. La interminabile crisi industriale, di cui quella Fiat è solo la più vistosa, con effetti diffusi che vanno al di là del pure preoccupante aumento delle ore in cassa integrazione. Una forza lavoro che presenta al proprio interno ancora quote consistenti di persone a bassa qualifica, perciò particolarmente vulnerabili alle crisi di mercato e alle ristrutturazioni. Un tasso di occupazione femminile ancora basso. Uno scarso riconoscimento del costo dei figli. Sono fenomeni di lungo periodo, di cui il governo non ha sempre la responsabilità. Ma di alcuni sì; mentre di altri ha la responsabilità di non vederli, e in alcuni casi sembra proporre soluzioni che rischiano di aggravarli.

La riforma del mercato del lavoro, ad esempio, al di là delle intenzioni di chi la ha voluta, vista la "creatività" di cui sono capaci i datori di lavoro italiani, sta già dando segnali preoccupanti di ulteriore precarizzazione: dalla richiesta di partita Iva a chi aveva "conquistato" la già precaria posizione di co.co.co, al licenziamento con promessa di ri-assunzione in altra "ditta" per lucrare i vantaggi destinati alle nuove assunzioni. Non mi soffermerò sulla proposta, al momento rientrata, di rinegoziare i mutui per finanziare i consumi, di fatto incoraggiando le famiglie a indebitarsi sistematicamente. Ma non molto diversa è l'offerta di sostegno all'acquisto dell'abitazione per le giovani coppie: di fatto la proposta di un indebitamento a lungo termine, sia pure a costi agevolati, che incentiva una doppia immobilizzazione - territoriale e di capitale - a giovani cui per altri versi si rende incerto l'orizzonte temporale del lavoro e delle sue protezioni. E a fronte della difficoltà che incontrano molte famiglie a garantire ai propri figli una istruzione adeguata, e confacente alle loro capacità, la proposta di una tantum di 800 euro alla nascita di un figlio più che un positivo riconoscimento del costo dei figli, appare risibile. Se è vero che le risorse sono scarse, sembrerebbe più sensato razionalizzarne l'uso anziché fare provvedimenti a pioggia. In realtà sembra che l'unica politica di sostegno al tenore di vita prospettata dal governo sia il ricorso alla buona vecchia solidarietà familiare (si veda anche il Libro bianco sul welfare, o il Piano d'Azione per l'Infanzia e l'adolescenza). Proprio quella che da sempre nel nostro paese fa fronte ai bisogni dei propri componenti e che tuttavia sembra anche sperimentare difficoltà crescenti, specie là dove ci sono figli minori o persone non autosufficienti.

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