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Unità-Pace, piazze, barbarie e poltrone

Pace, piazze, barbarie e poltrone di Antonio Padellaro Usciti da un racconto di Flaiano, ebbri di gioia e di spaghetti alle vongole, gli eroici alleati non belligeranti di Bush, posizionati a dist...

13/04/2003
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l'Unità

Pace, piazze, barbarie e poltrone
di Antonio Padellaro

Usciti da un racconto di Flaiano, ebbri di gioia e di spaghetti alle vongole, gli eroici alleati non belligeranti di Bush, posizionati a distanza di sicurezza nelle più strategiche trattorie dello stivale, brindano alla liberazione di Baghdad.

Cosa non avrebbero pagato per essere lì a dare una spintarella alla statua di Saddam. Quanto avrebbero desiderato stringere con le loro mani il cappio giustiziere al collo del tiranno in effige, per poi marciare accanto ai marines e farsi acclamare dalla folla festante. Purtroppo, un attimino storditi dal primo sole, le nostre truppe da sbarco sulla spiaggia di Fregene devono accontentarsi di gesta meno azzardose. Eccoli pronti a scodellare sui giornali del padrone un valoroso contributo alla causa dell'Occidente: bombardare l'opposizione, arruolarla tra gli sconfitti e chiederne l'internamento a Guantanamo.

Una ossessione maniacale, ma tutto sommato innocua. Il caos regna nell'Iraq liberato? Loro sfogliano febbrilmente l'"Unità" nella inutile ricerca di un cedimento prosaddam o di una piroetta probush. Gli uomini bomba si lanciano contro i soldati americani? L'avanzata dei peshmerga curdi scatena la Turchia contro Washington? Loro imprecano contro le manifestazioni per la pace, strillano e battono i piedi per terra. Sembra incredibile, ma per la destra combattente sulla pelle altrui il conflitto che continua a insanguinare l'Iraq, e rischia di fare esplodere il mondo arabo, interessa solo come becero regolamento dei conti sotto casa. Magari per raccattare qualche voto in più alle prossime elezioni provinciali.

A questi qua dei morti, americani o iracheni, non gliene importa niente. Gli abbiamo sentito dire senza un fremito di vergogna che le bombe sui mercati, che le stragi di gente innocente, che i bambini ridotti dei tronchi umani, sono "effetti collaterali". Che, insomma, anche le bombe intelligenti possono sbagliare e non c'è mica da farne un dramma. Bisogna riconoscere che tanto ripugnante cinismo non si ferma neppure davanti al dramma dei soldati per cui fanno il tifo come allo stadio. Sulle loro gazzette a stelle e strisce, infatti, non abbiamo mai letto nulla di toccante in memoria di quei ragazzi tornati in patria dentro lugubri sacchi di tela nera. La cosa sembra non riguardarli: incassano cadaveri come i dividendi di un buon investimento. Le loro esibizioni televisive sono pornografia pura mentre stravaccati e gonfi di livore insolentiscono gli inviati in prima linea: che la piantino di piagnucolare se hanno visto un collega con le budella di fuori; se hanno tanta paura di morire in guerra, che non ci vadano a fare i reporter.

Si potrebbe pensare a dei patetici pasdaran a libro paga, se con la stessa sciagurata leggerezza non intervenisse, un minuto dopo la fuga del raìs, Silvio Berlusconi. Dispiaciuto con la sinistra italiana, rea di non aver mostrato "la nostra stessa allegrezza per la liberazione di un popolo". Ha detto proprio allegrezza. E noi che pure lo giudichiamo pessimo premier ma sicuramente persona sensibile alle altrui sofferenze, ci domandiamo un po' attoniti come diamine si possano provare sentimenti festosi davanti ai seguenti numeri, calcolati per difetto: 124 soldati americani e britannici uccisi, 2320 soldati iracheni uccisi, 1267 civili iracheni uccisi. Totale: 3711 adulti e bambini uccisi.

Signor presidente del Consiglio, provi a contare con allegrezza fino a 3711. È mai possibile che lei, in questi ventitré giorni di guerra non abbia mai trovato un momento, un palpito, per esprimere una sola parola di dolore per tutta quella sofferenza, tutto quel sangue versato? Che non le sia venuto in mente quello che è venuto in mente alla direzione del "Giornale", di un suo giornale, che ha deciso di adottare il piccolo Alì, visitato da un missile intelligente e rimasto senza braccia e senza genitori? Ci dispiace, ma non ci sentiamo obbligati a condividere la sua allegria, anche se ciò dovesse costarci l'accusa di antiamericanismo, il peggior crimine di cui, oggi, ci si possa macchiare.

È comprensibile il tentativo dell'opposizione di valutare con il dovuto senso di responsabilità il dopoguerra che il mondo ha davanti. C'è da rincollare i cocci di un Europa andata in frantumi con il robusto contributo di Palazzo Chigi. C'è il semestre di presidenza italiana che giunge nel momento forse più delicato. Ci sono i richiami all'interesse nazionale e al ruolo che il nostro paese potrà avere sulla scena internazionale della ricostruzione.

È naturale che il centrosinistra venga sollecitato a dare una mano al governo. Ma è altrettanto giusto chiedersi: dare una mano per cosa?, per quali obiettivi? Per contribuire all'affermazione di un nuovo diritto imperiale, fondato sulla legge del più forte? Per legittimare un ulteriore allargamento del conflitto oltre i confini iracheni? Per accettare la triplice logica della guerra preventiva, della guerra unilaterale, della guerra infinita? Per ratificare, dentro questo quadro agghiacciante, il dissolvimento degli organismi internazionali, la definitiva emarginazione dell'Onu, ridotto al ruolo di ente erogatore di aiuti umanitari? Per ritagliare all'Italia (o all'Italietta) una posizione permanente di vassallaggio rispetto a politiche decise altrove? È per questi risultati che l'opposizione dovrebbe dare una mano a una maggioranza dominata da una visione rancorosa e piccina dei problemi dell'umanità?

Sono domande a cui la manifestazione di oggi contro la guerra, contro tutte le guerre dovrà cominciare a dare delle risposte. Una manifestazione forse mai così importante e così opportuna. Come si ostinano a non capire quelli che hanno vinto la guerra standosene in poltrona


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