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12.04.2003 Pace, guerra, Occidente e altri problemi di Furio Colombo Mentre tanti di noi si interrogavano sul modo in cui il precipitare degli eventi iracheni avrebbe segnato pensieri e compor...

13/04/2003
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l'Unità

12.04.2003
Pace, guerra, Occidente e altri problemi
di Furio Colombo

Mentre tanti di noi si interrogavano sul modo in cui il precipitare degli eventi iracheni avrebbe segnato pensieri e comportamenti di chi si oppone alla guerra, si è socchiusa una porta del centrosinistra e ne è uscito uno spiffero gelido. Era la voce di Giuliano Amato che diceva ("La Repubblica", 9 aprile): "Dobbiamo dirimere una questione di fondo: Siamo ancora Occidente? Vogliamo continuare ad esserlo? Tra noi e Usa ci sono radici comuni. La sinistra le ha smarrite, perdendo i contatti, con la realtà. Mi chiedo: l'idea di una Europa antagonista degli Usa può migliorare il mondo? Aiuta l'idea di una Europa potenza civile dove quel che conta è solo l'aggettivo (civile) e non il sostantivo (potenza)?". E' una sgridata con cui tutti siamo invitati a prendere atto del fatto compiuto, senza stare a fare tante storie nel recinto inutile dei sentimenti (chiamati aggettivi). Leggi e rileggi, con disagio e stupore, e ti accorgi che le parole chiave sono "Occidente", "realtà" e "potenza".

L'Occidente si è paurosamente ristretto. E' solo quello che di volta in volta viene indicato dal piccolo cerchio degli ideologi di George W. Bush, una pattuglia di estrema destra che imbarazza altri membri del governo americano e - si sente dire sempre più spesso - anche George Bush padre. Realismo per realismo, perché non pensare (si vedano le dichiarazioni durissime del senatore Kerry, candidato democratico alle prossime elezioni presidenziali)che a un temporaneo incantamento della destra fondamentalista seguirà un risveglio in cui l'America tornerà a riconoscere i suoi amici di sempre, i veri alleati delle mille battaglie sui diritti umani, i diritti civili, l'orrore per le guerre di civiltà e l'estraneità all'uso ossessivo della potenza?

Questo non è l'Occidente, è una scheggia di esso che - contro tutti i principi della grande cultura politica americana (Daniel Bell, John Rawls) - afferma la potenza come valore morale, la superiorità come unico carattere positivo, e il giudizio di alcuni americani occasionalmente al potere (ricordate i risultati elettorali?) come il tribunale supremo della Storia. Certo, l'Occidente ha patito paurose malattie autoritarie. Ma il vanto dell'Occidente è stato di saper elaborare meglio e prima e con più coraggio di ogni altro sistema, gli anticorpi che negano la visione assoluta , respingono l'intreccio mortale fra Dio e la politica personale di qualcuno.

Io non so quanto siano "occidentali" le tesi del prof. Kagan, teorico della nuova aggressività di George W. Bush. So che quella visione coincide con la classica strategia dei grandi invasori asiatici: attaccare e colpire per primi, senza badare alla distruzione e alle vittime.

Unicamente occidentale, invece, è il pacifismo, con la sua radice francescana e la profonda radice democratica che dice: io rischio, mi espongo, mi metto in pericolo per un valore in cui credo con tutto il cuore, e lo faccio nel più totale disinteresse.
Unicamente occidentale è il coraggio di opporsi a una guerra, anche quando essa è proposta da paesi amici (gli Usa) e da persone che si stimano (Tony Blair), rischiando di essere considerati ostili pur di dire con fermezza: è un grave errore. E' un grave errore per l'America, per le conseguenze che su quel paese amico ricadranno. E' un grave errore per Blair, per la sinistra che rappresenta, per l'Inghilterra.

Ma poniamo che questa persuasione sia sbagliata o perché troppo pessimista o perché fondata su premesse non logiche. Sono fatti da dimostrare, ma possibili. Dov'è il delitto? Dov'è l'uscita dall'Occidente? Dov'è la rottura con gli Usa, visto che chi si oppone all'invasione dell'Iraq e alle sue conseguenza lo fa con le stesse parole di Arthur Schlesinger, di Edward Kennedy, di Robert Byrd, di John Kerry, di Howard Dean, di Ted Sorensen, tutti personaggi di primo piano della vita americana, e alcune di essi probabili protagonisti della prossima America?

Unicamente occidentale è il principio che chiede e anzi impone a un governo (si vedano i "Federalist Papers" americani che sono gli atti fondativi di quella repubblica) di rispettare il dissenso e anzi di proteggerlo. In questa Italia tutto il peso del governo e tutto il peso delle informazioni controllate dal governo sono scagliati contro chi dissente, indicati di volta in volta come terroristi, saddamisti e complici del nemico.
Ma il vento gelido che si leva dalle parole di Giuliano Amato nell'intervista a "Repubblica" porta folate di uno strano umore che proviene (caso forse unico in Europa)dall'interno della sinistra, dall'interno dei Ds. Amato si preoccupa di ammonire "pacifisti, estremisti, massimalisti" (parole sue) cioè coloro che riempiono le strade, le scuole, le piazze, le fabbriche d'Italia con bandiere di pace. Poiché dissentono da Bush e dai suoi cinque ideologi (da cui prendono le distanze le migliori intelligenze dei campus americani), essi - dice Amato - sono fuori dall'Occidente. Li rimprovera di "essere provinciali" lo stesso giorno in cui Pat Cox, presidente del Parlamento Europeo, eletto dalle fila dei conservatori inglesi scrive (su "Europa"); "Chi di noi crede al valore duraturo delle relazioni transatlantiche non può più mettere da parte le profonde divergenze che esistono attualmente tra Europa e Stati Uniti. Io sono orgoglioso di questa nostra Europa della solidarietà e delle scelte differenti che abbiamo compiuto rispetto ai nostri amici negli Stati Uniti".

Come si vede, il principio di realtà è usato in due contesti radicalmente diversi.
Per Pat Cox, cittadino e politico di un paese in cui non si è chiamati a vergognarsi del dissenso, realtà vuol dire sapere che c'è e non si può nascondere ( non si deve) una divaricazione con gli Usa che non ha nulla di disonorevole e nulla di massimalistico.
Giuliano Amato invece dice che occorre tornare con i piedi per terra e rendersi conto che, se le cose vanno così, è bene non farsi trovare troppo lontani dai vincitori, perché il mondo è quello che è. Siamo sicuri che questo sia ciò che ha da dire la sinistra a tutti coloro che provano confusione e repulsione di fronte alle immagini di orrore, dolore, anarchia e morte?

Mentre scrivo vedo che il giornale inglese "The Indipendent" (a cui Tony Blair si guarderebbe bene dall'imputare "una sciagurata linea filosaddamista" come qualcuno ha fatto sapere da sinistra all'Unità) descrive così Baghdad in queste ore: "Anarchia, odio, paura, violenza, saccheggi, vendette selvagge, sospetti e bombe umane".
Quel giornale si pubblica a Londra. Qui, invece, c'è una strana sintonia fra l'intera destra - da Berlusconi alle sue frange peggiori - e una parte della sinistra e dei ds. Il club di Bruno Vespa, con i suoi generali cinici e antichi tipo "Uomini contro" (ricordate quel film esemplare su che cosa è guerra di Francesco Rosi?), con le sue signore spinte da irruente protagonismo (possono mettere becco su tutto però se dissentono sono ammesse a pronunciare non più di due frasi) lavora notte dopo notte a forgiare un implacabile consenso. Segna confini oltre i quali non sono ammesse voci e dissensi. Si è stabilita così una prova di accettazione nel club. E' una prova durissima per chi deve aver voce per quella vasta parte d'Italia che aspetta in piazza.

Si chiede Giuliano Amato nell'intervista citata: "Aiuta l'idea di un'Europa potenza civile dove quel che conta è solo l'aggettivo ma non il sostantivo?".

Molti di noi credevano che "civile" (società, persone, rapporti, tipo di vita e di mondo) fosse una parola grande, una parola chiave.

Molti di noi pensavano che "potenza" fosse una questione dell'altro secolo e che "sinistra" volesse dire civiltà e non potenza. Fino a Clinton eravamo arrivati insieme a un'America che cominciava sempre i suoi discorsi così: "proprio perché siamo i più potenti non possiamo, non dobbiamo ...". Adesso un conto è prendere atto che temporaneamente l'America è cambiata. E un conto è invitarci a essere realisti, e unirci al gruppo dei "vincitori", un gruppo che nel nostro Paese è particolarmente squallido.

Tutto ciò è stato detto nella speranza vera, onesta, di avere sbagliato interpretazione, di avere perduto qualcosa di un discorso il cui senso forse ci è sfuggito. E con un'altra speranza. I Ds partecipano oggi alla manifestazione di pace contro tutte le guerre in corso, contro la brutale violenza che sta ancora sconvolgendo l'Iraq, in solidarietà con le vittime il cui numero nessuno, ancora, ha contato.

E' il luogo giusto per sentire una voce calda e viva, capace di guidare.


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