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Unità-O di qua o di là

05.09.2003 O di qua o di là di Antonio Padellaro Onde abbassare i toni e favorire il dialogo, ieri, il portavoce di Forza Italia Sandro Bondi ha comunicato. Primo: che "bisogna eliminare un...

06/09/2003
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l'Unità

05.09.2003
O di qua o di là
di Antonio Padellaro

Onde abbassare i toni e favorire il dialogo, ieri, il portavoce di Forza Italia Sandro Bondi ha comunicato. Primo: che "bisogna eliminare una certa giustizia infame", non precisando se l'eliminazione dovrà essere anche fisica. Secondo: che "la sinistra non dovrà osare mai più parlare di questione morale perché ha sostenuto il regime criminale di Milosevic e finanziato il genocidio di un popolo". Oltre a essere il ventriloquo di Silvio Berlusconi, Bondi diventerà a giorni, per preciso volere del capo, il nuovo coordinatore di Forza Italia. Giudicarlo una figura minore, incline all'eccitazione verbale ma tutto sommato innocuo è stato l'esercizio preferito dagli abbassatori di toni, dagli equidistanti in servizio permanente effettivo, dai terzisti di ogni ordine e grado. Giochino che adesso non funziona più. Se il cautissimo presidente del Senato Marcello Pera è arrivato a denunciare l'attività di "guerriglieri nella maggioranza" che bisogna "smentire e fermare" (Corriere della sera, 4 settembre), significa che dentro la Casa delle liberta furioso divampa lo scontro. Vuole dire che tra il partito, per così dire, istituzionale, dei Pera (ma anche dei Pierferdinando Casini e dei Gianni Letta), e il fronte della guerriglia capeggiato da Bondi, il presidente-padrone ha già scelto.

Ricapitoliamo. In una lunga intervista a un settimanale britannico il presidente del Consiglio definisce i giudici italiani "mentalmente disturbati e antropologicamente diversi dalla razza umana". Il presidente della Repubblica reagisce con una nota di forte solidarietà alla magistratura che è una pubblica sconfessione del presidente del Consiglio. Una presa di posizione netta e inequivocabile quella di Ciampi, così come netto e inequivocabile è stato l'attacco di Berlusconi. Come mai era accaduto prima, giovedì sera è stata tracciata una vistosa linea di confine che nessuno potrà più fare finta di non vedere.

[CAP3]Di là, si pone mano alla demolizione della costituzione democratica per metterne in piedi una nuova di segno oligarchico e autoritario. Di là, si dice che nell'attuale democrazia ci sono tre "anomalie" che vanno combattute e deligittimate: l'opposizione di sinistra, accusata di complicità con i crimini di Stalin (e adesso anche di genocidio); i giornali che sfuggono al controllo dell'informazione unica (e che il capo ha espressamente indicato: la Repubblica e l'Unità); la magistratura, soprattutto se rischia la vita e non si fa corrompere. Di là si lanciano appelli alle maggioranze silenziose, si incita al ribellismo qualunquista (basta con la vecchia politica, diamo a Berlusconi tutto il potere di cui ha bisogno per cambiare il paese). Di qua ci sono i valori di democrazia, di legalità e di giustizia. Di qua c'è la Repubblica nata dalla Resistenza. Di qua c'è la Costituzione e ci sono le istituzioni di cui il presidente della Repubblica è il massimo garante. Quando sono in gioco concezioni di opposto valore, è davvero difficile fare gli equilibristi, restare in mezzo, saltellare un po' di qua e un po'di là.

Tutto si può dire della guerriglia scatenata da Berlusconi, tranne che i presupposti da cui essa muove non siano stati esplicitati con evidenza e da molto tempo. C'è gente che non si nasconde e non fa mistero delle proprie intenzioni. Gente che usa le parole come nodosi bastoni. Bisogna darne atto al direttore di Libero, Vittorio Feltri quando lancia il suo incitamento senza se e senza ma: "Vai Berlusconi, picchia". Bisogna darne atto al Giornale, quotidiano di famiglia, che attraverso Paolo Guzzanti annuncia che la loro "riforma della giustizia" farà in modo che "pazzi e biscazzieri della politica siano buttati fuori dai loro uffici". Liste di proscrizione, inutile dirlo, che compilerà personalmente il premier, scegliendo il meglio tra i suoi avversari. Il quale Berlusconi ci ha messo un giorno e mezzo per diramare una striminzita dichiarazione, non di insulti, rivolta alla magistratura. Salvo poi precisare che non tutti i magistrati sono affetti da turbe mentali, ma solo "certi" (probabilmente quelli che lo hanno incriminato). A qualcuno, probabilmente, questa penosa ammissione, faticosamente cavatagli da qualche maestro di palazzo, basterà per dichiarare riaperta la stagione del dialogo e delle riforme. Che poi in quel di Gubbio i suoi più fidati abbiano rilanciato, con gli interessi, ogni nefandezza espettorata dal capo sullo Spectator, poco importerà ai dispensatori di consigli. Che ieri, mentre il Quirinale trasmetteva alla nazione il senso del più profondo allarme, ancora si affannavano ad "appellarsi" a Berlusconi, "perché non comprometta da solo le chances dell'Italia in un delicatissimo momento europeo" (La Stampa). Oppure imploravano "i suoi alleati più accorti e i suoi collaboratori più equilibrati" di farlo riflettere (Il Messaggero). Nobili intenzioni ma che in qualche modo fanno torto all'intelligenza di Berlusconi. Che dalle anime belle sospese nel cielo dell'equidistanza continua a essere immaginato come un simpatico mattocchio da bacchettare quando sporca di marmellata la tovaglia di palazzo Chigi. Tutto sommato un sempliciotto della politica, che a governare gli italiani si annoia e ogni tanto straparla. Ha scritto Sebastian Haffner in 'Storia di un tedesco' che ci sono poche cose così bizzarre come la calma indifferente, superiore e divertita con cui molti rimangono a osservare quasi da un palco di teatro un fenomeno che in ogni caso mira esattamente a farli sparire.

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