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La storia di regime cancella il fascismo di Bruno Gravagnuolo Come volevasi dimostrare. Dopo la lunga campagna sulla revisione e il "filtraggio" dei manuali, alla fine i nodi dell'uso politico de...

19/06/2003
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l'Unità

La storia di regime cancella il fascismo
di Bruno Gravagnuolo

Come volevasi dimostrare. Dopo la lunga campagna sulla revisione e il "filtraggio" dei manuali, alla fine i nodi dell'uso politico della storia di centrodestra vengono al pettine. E il pettine sono i banchi della maturità. E la "traccia" della prova di "ambito storico politico" - quella relativa alla forma di articolo o breve saggio - in apparenza neutra e invece ben strutturata dall'interno. Eccola la traccia iniziale: "Il terrore e la repressione politica nei sistemi totalitari del Novecento". Articolata in quattro punti: fascismo , nazismo, Russia e comunismo, e crimini vari del "secolo breve" (con le foibe istriane in testa).

Poi in parallelo gli "allegati". Un passo tratto dal Libro nero del comunismo, passo scritto da Stephan Courtois, dedicato alla trasformazione dell'avversario in "nemico da eliminare", nel segno di un'umanità da "purificare" e fondere in un'unica entità. Uno scritto di Altamirano, leader dei socialisti cileni, sui crimini nel Cile trasformato in immenso carcere. Una citazione sul concetto di "genocidio", tratta dalla Convenzione Onu del 1948 ("La distruzione etnico, razziale e religiosa"). E infine due righe da Memoria del male di Todorov, sulla "manomissione completa della memoria" nei regimi totalitari. Colpisce subito - nei quattro punti che incardinano lo svolgimento - l'esiguità del riferimento al fascismo: due righe, e nessun cenno al suo "primato cronologico", né alle leggi razziali. Poi il raffronto dei morti, le vittime naziste dell'eutanasia, i 6 milioni di ebrei, i 15 milioni di civili uccisi dai nazisti, i deportati e così via. Ma subito dopo, al terzo punto, balzano subito in evidenza i 100 milioni di morti che sono il cavallo di battaglia del libro nero (tradotto da Mondadori e distribuito da Berlusconi nel 1998 ad una convenzione di An) e che includono in realtà tutti i caduti delle guerre civili e nazionali interne alla storia comunista.

Mancano tuttavia alcuni dati. I 100 milioni dei caduti della seconda guerra scatenata dal nazifascismo. E i 20 milioni di caduti sovietici in quella guerra. Come pure, in relazione alle foibe, mancano le migliaia e migliaia di civili eliminati dei fascisti in Croazia, Serbia e Montenegro (Gulag tricolori e fucilazioni). "Dettagli" certo, in questa programmatica contabilità dell'orrore, che senza dubbio ha il suo peso, laddove altresì, quel che salta agli occhi, è il compendio d'insieme della storia del Novecento, così concepito e propinato agli studenti. Senza raffronti di merito, senza contesto, senza antecedenti, notte funerea dove tutte le vacche sono nere. Che ne pensano gli storici di questo schema? È plausibile? Onesto? Problematico o che altro? Dice Mario Isnenghi, storico del fascismo: "La traccia è inchiodata e non lascia alcuna possibilità di districarsi. C'è già tutto. O ci si adegua, o il tema non si fa. Nel merito ci sono buchi e omissioni assurde, in un quadro tutto scontato, che equipara l'inequiparabile: Gulag e Auschwitz. Ormai storia e politica vengono unificati totalmente. Un vera e propria 'modernizzazione' della storia e del suo ruolo, non c'è che dire...". Sarcasmo a parte, per Isnenghi sono esattamente queste le ricadute del revisionismo storico-politico: "Cortocircuito e strumentalismo anti-antifascista". Diversa la chiave di lettura di Lucio Villari: "Sbagliato presentare il Novecento come secolo funebre e solo di massacri: alla fine è stato invece il secolo della democrazia e dei diritti. La propaganda, e lo strumentalismo di centrodestra in questa traccia, derivano da una visione tragica, che mette al centro la contabilità della morte, e dimentica l'emancipazione di miliardi di uomini nel segno del progresso materiale. La colpa? Anche della sinistra, che ha rimosso a lungo il valore della democrazia".

"Penoso", è l'aggettivo usato dal cattolico Pietro Scoppola, contemporaneità, nell'ascoltare al telefono la lunga traccia proposta ai ragazzi. "È mistificatorio giustapporre e comparare a quel modo realtà totalitarie difformi, che richiederebbero ben altre distinzioni e inquadramenti. Non si stimola la riflessione a quel modo. No, è manipolatorio. E assolutamente insoddisfacente".

Controcorrente rispetto ai colleghi Massimo Salvadori, ordinario a Torino di Storia delle dottrine politiche e storico del socialismo: " Si può eccepire, si può discutere la scelta di una traccia manchevole di riferimenti e contesto più ampio. Si possono rifiutare comparazioni con l'accetta. Ma il punto proposto era 'il terrore e la repressione politica nei sistemi totalitari del Novecento', e non il Novecento nel suo insieme. E, da questo angolo visuale, il fascismo fu molto meno terrorista di nazismo e comunismo. Quanto a nazismo e comunismo, in quei regimi non si sarebbero certo potuti scrivere i Quaderni del Carcere di Gramsci. E poi, se è vero che i rispettivi miti erano diversi - 'razza' nell'uno e 'classe' nell'altro - dal punto dei vista dei milioni di morti, causati da entrambi, non c'è alcuna differenza alla fine". A Salvadori non sfugge l'"ìntentio" surretizia e strumentale della traccia, "ma con quei problemi - dice - occorre fare i conti, anche se dispiace". Restano però le omissioni: le due righe due sul fascismo. L'uso del "libro nero" senza altre fonti storiografiche di riscontro. La rimozione della colpa della seconda guerra. L'assimilazione implicita di Gulag e Auschwitz. Le foibe evocate a quel modo, come orrore inesplicato e senza antecedenti. Amnesie o "memoria del male" selettiva?


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