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Unità-La fatwa del mullah Berlusconi

.05.2003 La fatwa del mullah Berlusconi di Furio Colombo "Il presidente del Consiglio italiano ha attaccato i giudici, li ha accusati di agire per scopi politici e di decidere con le sentenze il...

04/05/2003
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l'Unità

.05.2003
La fatwa del mullah Berlusconi
di Furio Colombo

"Il presidente del Consiglio italiano ha attaccato i giudici, li ha accusati di agire per scopi politici e di decidere con le sentenze il governo che preferiscono. Non è il primo attacco contro i giudici, ma certo è il più grave. Adesso la situazione si fa seria per l'Italia, non solo per Berlusconi". Così ha scritto il settimanale inglese The Economist, il 3 maggio.
Infatti Berlusconi non solo ha lanciato una violentissima azione di guerra contro il potere giudiziario italiano (tutto, procure, GIP, collegi giudicanti, corti d'Appello, Corte di Cassazione, Corte Costituzionale), ma ha voluto che questa azione distruttiva, che esplode nel cuore delle Istituzioni della Repubblica, avesse tutta la pubblicità possibile. Per farlo ha usato i suoi giornali, le sue televisioni (tutte), i suoi complici. Alcuni di essi, che in passato avevano persino intentato cause per negare di essere affiliati politici del movimento che fa capo a Silvio Berlusconi, hanno dovuto venire allo scoperto e dichiarare la loro fedeltà ad alta voce, proprio nel momento più devastante e di aspra divisione che la Repubblica abbia mai subito: un attacco totale allo Stato dall'interno dello Stato.

La descrizione dell' Economist, dunque, dice meno di ciò che gli italiani già sanno.
Gli italiani sanno, infatti, e proprio per volontà di Berlusconi, che i giudici sono "golpisti", che l'Italia è in preda alla "barbarie giustizialista" (un modo di descrivere sentenze sgradite), che "il pool milanese è notorio" (espressione che sta per "malfamato"), che ogni volta che si processa un imputato di corruzione in realtà "si vuole distruggere la sovranità del Parlamento e instaurare la repubblica delle procure".

Ma c'è una frase in più, nella versione dell'Economist: "Adesso la situazione si fa seria per l'Italia, non solo per Berlusconi". Il settimanale inglese intende spiegare con chiarezza qual è il problema. Se il primo ministro di un Paese intende correre il rischio di attaccare con tutte le sue forze e gli strumenti che ha a disposizione, uno dei tre poteri dello Stato, se intende destabilizzare la Repubblica, il colpo non può essere accusato soltanto dai giudici.

Il colpo riguarda tutto il Paese. Berlusconi non manda a dire, ma dice al capo dello Stato: "Suonano ipocriti gli appelli ad abbassare i toni". E incita invece "ad alzare il tono", che qui vuol dire lotta frontale contro lo Stato dentro lo Stato.
Tanto che il ministro della Giustizia Castelli fa subito sapere che, "su richiesta di Cesare Previti" manderà ispettori al Tribunale di Milano per verificare eventuali violazioni della legge a danno dell'imputato. Il ministro della Giustizia. Su richiesta di Cesare Previti.

Tanto che le televisioni (tutte le televisioni italiane, che agiscono sotto la stessa guida dello stesso primo ministro Berlusconi) "Hanno dato molto più spazio all'imputato Previti che ai suoi giudici, agli argomenti della sua accusa". Tanto che, come scrive ancora l'Economist: "Tutti gli italiani hanno potuto vedere sui loro schermi la difesa di Cesare Previti sostenuta senza alcun contraddittorio da Cesare Previti". Tanto che è avvenuto l'ormai noto e commentato evento di Porta a Porta: l'imputato va a dire per ore tutto quello che vuole contro i suoi giudici a bordo della televisione di Stato, incalzato e incoraggiato, a volte sostituito, dal presentatore-guida di quel programma cui evidentemente è stato chiesto di mollare ogni pretesa e di finzione e di agire allo scoperto.

Ma proprio questa trasmissione, la televisione di Stato che lascia guidare il suo maggior veicolo informativo da un imputato di corruzione a tutta velocità contro lo Stato, ci porta alla frase dell' Economist: "Adesso la situazione si fa seria per l'Italia". Come dire che si aspetta e si attende un gesto di difesa delle Istituzioni netto, coraggioso, coerente e sopratutto esteso all'intera opposizione e a tutta quella parte d'Italia che di solito non compra i giudici e non viola la legge.
C'è stata la voce del Capo dello Stato. Ha detto che nessuno può permettersi di togliere legittimazione ai giudici (intendendo: meno che mai gli imputati) e che se è vero che l'imputato resta innocente fino al giudizio definitivo, il rispetto dovuto è, come minimo, reciproco.

L'opposizione però era tranquillamente presente, alla trasmissione in onore dell'imputato Cesare Previti. Eppure avevano parlato con chiarezza sia il Capo dello Stato sia la presidente della Rai, Annunziata. E anche il presidente della commissione di Vigilanza Petruccioli.

Perché Ciampi, Annunziata, Petruccioli hanno parlato, dal momento che ognuno di loro manca del potere esecutivo di cui invece è dotato il gesto distruttivo di Silvio Berlusconi?

Perché essi sanno che l'opinione pubblica è il testimone finale di ciò che è giusto e ingiusto, tollerabile e intollerabile, di ciò che è o non è moralmente ammissibile (prima ancora di considerare eventuali violazioni delle leggi). Perché l'opinione pubblica è la giuria finale di ogni evento finché dura, benché strappata e lacerata, una situazione di democrazia.
Ora è evidente che la presenza, del tutto inspiegabile del capo gruppo della Margherita, senatore Bordon alla serata Previti ha cancellato ciò che aveva detto il presidente della Repubblica, ha sconfessato Lucia Annunziata (che aveva fatto riferimento all'indicazione della commissione di Vigilanza sulla opportunità di escludere gli imputati dal privilegio di avere una Tv a disposizione per difendersi al di fuori del processo) e lo stesso presidente Petruccioli che aveva sostenuto la presidente della Rai nel suo impegno di decenza. Occorre infatti riconosce a "Porta a Porta" di avere detto in anticipo e con chiarezza lo scopo e il protagonista della trasmissione.

Qui si apre un fronte in apparenza modesto ma in realtà cruciale dal punto di vista simbolico e del rapporto con l'opinione pubblica: ogni partecipazione alle serate politiche di "Porta a Porta" serve a legittimare l'uso gravemente improprio di quel programma come attacco alla Giustizia e ai giudici, come "Casa dell'imputato", come veicolo della guerra senza quartiere lanciata da Berlusconi contro i giudici del Paese di cui è capo del Governo, come luogo in cui la "fatwa" di Berlusconi contro i suoi giudici e i giudici dei suoi amici è stata lanciata, ripetuta e confermata nei modi più vistosi e drammatici.

Esserci vuol dire partecipare. E far sapere che non è accaduto niente di grave e che possiamo sempre parlarne, con i dovuti "toni bassi" che Berlusconi ha già rifiutato. Il problema: dove si traccia il confine tra ciò che è e non è sopportabile, che non può essere sostenuto, a cui non si può partecipare ? Dove, quando si dice all'opinione pubblica qual è, irreversibilmente e fermamente, la linea dell'opposizione della Repubblica contro la maledizione lanciata da Silvio Berlusconi alla giustizia e ai giudici di ogni ordine e grado del suo Paese?

Partecipare o no a "Porta a Porta" è un simbolo. Per chi non possiede alcuno strumento di controllo dei mezzi di comunicazione, un simbolo ha un'importanza grandissima. Dice con chiarezza ai cittadini da cha parte stai prima di andarti a immergere in un contenitore che non controlli e in cui prevale, sulle parole e le argomentazioni spezzate, il fatto che c'eri e che dunque nell'insieme, sei della partita e hai approvato.

Come si può mantenere un atteggiamento di signorile disinvoltura, mentre accade una cosa così grave da intaccare i rapporti di minima cortesia tra il capo del governo e il presidente della Repubblica? Come si può conversare amichevolmente di "lodo Maccanico", alludendo alla proposta dell'ex ministro che suggeriva un certo grado di immunità temporanea per alcune cariche istituzionali, come se ci trovassimo in un club di costituzionalisti? Si può cadere nella trappola di accreditare, di fronte all'opinione pubblica, un comportamento eversivo e distruttivo trattando chi lo impersona come se non fosse successo niente? Niente è ciò che percepisce chi non segue tutti i dettagli della vita politica se non può capire la risposta alla sfida nelle grandi linee del comportamento di chi si oppone. Nelle grandi linee conta un forte sentimento identitario. Devo sapere e sentirmi dire con chiarezza che cosa è accaduto e qual è il pericolo. Devo sapere e sentirmi dire con fermezza che cosa farà l'opposizione che mi rappresenta e perché è decisa a non permettere che si calpestino leggi, Costituzione, e anche il senso civile del vivere insieme in una repubblica democratica.

Devo capire da che parte sta chi mi rappresenta anche a partire da gesti simbolici. La storia è segnata da gesti simbolici, che si ricordano nei decenni, come punti di riferimento, come un alza-bandiera.

Il fatto è che - nel modo brutale e golpista in cui opera - il presidente del Consiglio ha inteso aprire la campagna elettorale, e ha lanciato una sfida, dura e precisa: chi non risponde non esiste.

L'opinione pubblica è in attesa.


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