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Unità-La Corte dei conti boccia il Dpef di Tremonti: "È scritto a matita"

La Corte dei conti boccia il Dpef di Tremonti: "È scritto a matita" di red Dopo le critiche dei sindacati e dell'opposizione che l'avevano definito un "guscio vuoto", ora tocca alla Corte dei Co...

25/07/2003
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l'Unità

La Corte dei conti boccia il Dpef di Tremonti: "È scritto a matita"
di red

Dopo le critiche dei sindacati e dell'opposizione che l'avevano definito un "guscio vuoto", ora tocca alla Corte dei Conti bocciare il Documento di Programmazione Economica e Finanziaria. E il supremo organo della magistratura contabile lo ha cassato senza appello. Il Dpef " è scritto a matita", cioé talmente generico e indefinito da non essere attendibile. "L'impianto della manovra correttiva definita dal Dpef risulta necessariamente scritto a matita", afferma perentoria la magistratura contabile durante l'audizione al Senato sul documento preparatorio alla Finanziaria del prossimo anno.

Il Dpef, a giudizio della Corte dei Conti "manca vistosamente proprio alla funzione principale che, nelle presenti difficili condizioni economiche e di finanza pubblica, avrebbe dovuto svolgere: esplicitare le condizioni di compatibilità economico-finanziaria di medio periodo e rimodulare tempi e contenuti ad una seria ricognizione delle risorse disponibili". Insomma non è un documento di politica economica e soprattutto è totalmente inadeguato rispetto alle sfide dell'economia: più semplicemente mancano i soldi per raggiungere gli obbiettivi previsti nel documento e non c'è traccia di come reperirli efficacemente.

In assenza, quindi, di queste condizioni la Corte dei conti non se la sente di esprimere un giudizio di congruità riguardo le manovre correttive indicate nel documento, che non garantiscono la copertura finanziaria di certi interventi attuativi fondamentali per il buon funzionamento dello stato sociale, come le riforme del mercato del lavoro, dell'istruzione e soprattutto della previdenza.

Il Dpef fa acqua in particolar modo sul versante delle entrate poiché "non appare disegnato il percorso di attuazione della riforma fiscale", così come risulta carente sul versante della lotta all'evasione fiscale e su quello dell'emersione del lavoro sommerso, questione questa particolarmente cara al governo di centrodestra e su cui si era approntata la riforma del mercato del lavoro, più conosciuta come legge Biagi.

Giudizio critico da parte della Corte anche sui condoni: "resta da valutare '#8211; sottolinea la magistratura - l'influenza destinata ad avere sul comportamento dei contribuenti meno osservanti la reale efficacia delle alternative, come la sanatoria e il condono". In altre parole la magistratura contabile dubita non solo che la politica dei condoni serva realmente ad educare gli evasori, ma anche che sia realmente un efficace strumento per 'fare cassa' ed aumentare la quantità di risorse necessarie alle riforme. Tutto questo per ricordare a Tremonti che la politica dei i condoni e delle sanatorie non paga nel lungo periodo, perché non garantisce delle entrate stabili allo Stato da reinvestire negli interventi previsti nella manovra.

Per quanto riguarda, invece, le entrate diverse da quelle tributarie, e cioè il programma di privatizzazioni e di cessioni del patrimonio statale a soggetti esterni alla Pubblica Amministrazione, la Corte sottolinea come siano vaghi i programmi e complesse le strategie legate a queste operazioni. A questo si deve aggiungere che i tempi previsti nel Dpef per le cessioni sono troppo lunghi e i criteri contabili poco chiari. Al contrario, conclude la Corte, sono proprio questi criteri a dover essere definiti con il maggior rigore possibile, altrimenti si rischia di non rispettare i vincoli di bilancio.

La parte finale dell'intervento al Senato ha riguardato la questione Anas. Secondo quanto previsto dal Dpef le spese di competenza di questo organismo dovrebbero essere escluse dal bilancio della Pubblica Amministrazione, ma la Corte dei Conti crede che l'intervento sia quantomeno discutibile, perché nella società non esistono ancora le condizioni di autonomia finanziaria che il documento prevede perché tale novità possa essere introdotta.

Intanto per il ministro dell'Economia arriva anche il monito dell'Unione Europea. Dalla commissione per gli Affari Economici fanno sapere che l'Italia finora non ha rispettato i parametri relativi alla riduzione del debito pubblico. Ma per ora l'Europa non parla di sanzioni, almeno fino a che a Bruxelles non verrà letta la legge di bilancio del 2004.


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