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Unità-Guardare la guerra

.03.2003 Guardare la guerra di Furio Colombo Adesso accade. Dopo una fila di discorsi civili e preoccupati sul pericolo di usare le armi. Dopo ore e ore di futili talk show e assemblee di falsi ...

23/03/2003
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l'Unità

.03.2003
Guardare la guerra
di Furio Colombo

Adesso accade. Dopo una fila di discorsi civili e preoccupati sul pericolo di usare le armi. Dopo ore e ore di futili talk show e assemblee di falsi esperti. Dopo invocazioni e preghiere. Dopo editoriali crudeli che chiedevano: allora, quando cominciate? Adesso accade.

È un inferno senza scampo che si scatena dal cielo sopra la città di Baghdad e dentro molti altri luoghi che non vediamo in televisione. In quel momento si polverizzano le ragioni, buone o cattive, che hanno portato decine di potentissime macchine al prezzo di molti miliardi a volare qui sopra per incenerire un pezzo di mondo.
In quel momento cessano di avere senso conversazioni e dibattiti, discorsi e simulazioni. Accade e basta. Ogni tentativo di trovare un passaggio tra le immagini che varie televisioni rimbalzano nel mondo, e una ragionevole spiegazione logica, si disperde. Questo uso massiccio di armi di distruzione di massa avviene per impedire che qualcuno abbia e usi armi di distruzione di massa. E per farlo si è dovuta interrompere la verifica della esistenza di armi di distruzione di massa. E si esegue l'uso di potentissime armi di distruzione di massa, in modo che il loro effetto si veda in modo esemplare, e dia luogo a quello stupore che è il tema di questo spettacolo vero destinato a provocare terrore.

Guardi le immagini e ti accorgi che, insieme allo stupore, al terrore, c'è uno strano effetto di incredulità.

Una ragione è che il cinema più dispendioso e potente ci aveva già colto di sorpresa, e con grande effetto, mostrandoci al momento giusto immagini come queste.
E dunque non è istintivo, non è istantaneo rendersi conto che ciò che vediamo avviene davvero. Ma è uno spettacolo. L'effetto speciale qui è calcolato, come in un film, e c'è un che di strano e di ipnotico mentre sei costretto a constatare la verità; qualcosa di non credibile nel mondo civile in cui adesso viviamo, qualcosa che sta accadendo a centinaia, a migliaia di persone mentre noi stiamo guardando.
A torto o a ragione, siamo abituati a pensare alla nostra parte del mondo come alla parte più buona, se non altro per confronto con quel che accade in certi Paesi e in certi governi.

Sappiamo che, dentro la scena a cui stiamo assistendo, si intende colpire un regime brutale e un dittatore senza scrupoli. Ma eravamo assolutamente convinti di essere in una fase del progresso morale e di civiltà tecnologica molto più avanzato non solo della guerra medievale, che distrugge un popolo per scacciare un re, ma anche delle guerre mondiali dell'altro secolo in cui vaste distruzioni di città e di persone erano l'unico percorso per raggiungere e colpire il cuore del male.

Avevamo costruito organizzazioni internazionali, precauzioni, sistemi di comunicazione e di mediazione, organi di verifica e di intervento. E lo avevamo fatto mentre il mondo (1945) era una montagna di cadaveri. Quei cadaveri avevano una causa orrenda: occorreva abbattere due deprecabili dittatori come Hitler e Mussolini. E avevano una causa buona, la coalizione di Stati e di persone che avevano deciso di liberare il mondo benché il prezzo di quella liberazione fosse grandissimo.

È allora che abbiamo inventato le Nazioni Unite. Perché tutto quell'orrore, persino con la buona ragione di abbattere due spaventosi tiranni, autori di infinite stragi e della Shoah, non si ripetesse mai più.

Nessuno ha potuto mai pensare che sarebbe stato uno strumento perfetto. Le sue lentezze, i suoi squilibri, la sua incapacità di intervenire con mezzi immediati e radicali, sono le imperfezioni di tutto ciò che è umano, del carattere degli esseri umani, e della necessaria protezione di tale carattere, infinitamente imperfetto e infinitamente vulnerabile.

Improvvisamente, nel mezzo di una prova particolarmente difficile e particolarmente importante (verificare fino in fondo il sospetto di possedere armi di distruzione di massa da parte di Saddam Hussein e del suo regime, nel Paese mediorientale chiamato Iraq) la prova è stata interrotta, lo strumento è stato scartato, l'operazione è stata derisa, l'intera istituzione è stata dichiarata (parole di Silvio Berlusconi, primo ministro italiano, e partner della coalizione che adesso si è dedicata alla guerra) "incapace, superata, non credibile".

Come sostituirla in modo rapido ed efficace? Con migliaia di missili Cruise su Baghdad e su tutto l'Iraq, pari a decine dei peggiori bombardamenti su città d'Europa durante la seconda guerra mondiale, pari al peggio di tutto ciò che aveva motivato i vincitori, che avrebbero potuto godersi un mondo dominato e sottomesso, e dare vita a una nuova organizzazione, le Nazioni Unite, allo scopo di rendere non più agibile, non più utile, non più necessaria la guerra unilaterale e l'uso della potenza, neppure nei casi estremi.

Ecco perché anche coloro che non erano nati al tempo della seconda guerra mondiale, che non ricordano le immagini di una città dopo un bombardamento e non sanno cosa vuol dire guardare un cielo pieno di "fortezze volanti" (si chiamavano così allora e si chiamano così adesso) hanno avuto l'impressione di un pauroso salto all'indietro, di un brutto, angoscioso ritorno a un passato che pensavamo di avere cancellato per sempre.

L'Onu era un vanto americano, da condividere con tutti i Paesi che avevano combattuto per la libertà. Infatti l'impronta americana era forte: Assemblea generale con diritto di voto, Segretario generale eletto, Consiglio di Sicurezza, come un abbozzo infinitamente imperfetto di governo del mondo destinato a impedire il peggio, dotato di un suo DNA che puntava alla democrazia e alla prevalenza della ragione, nonostante il permanere del diritto di veto dei Paesi fondatori.
Non si tratta di mitizzare le Nazioni Unite, che hanno tante volte fallito. Si tratta di ricordare la ragione che ha fatto nascere le Nazioni Unite: per evitare l'orrore della guerra. Ciò che dicono adesso milioni di ragazzi per le strade del mondo, lo avevano detto, nel 1945, gli statisti che avevano appena liberato l'Europa.

Ecco da dove viene il senso insopportabile di ritorno al passato, un passato il cui orrore è diventato materia di tante tragiche narrazioni nella letteratura e nel cinema. Pensavamo di averlo esorcizzato per sempre quel passato. E di essere debitori sopratutto all'America di quella barriera contro il passato, un'America che si era auto-costretta ad essere meno potente, proprio mentre aveva vinto, pur di non correre e far correre il rischio di altri conflitti mondiali.

Ecco da dove viene il senso di incredulità e di stupore. Nel vedere le Nazioni Unite respinte per far posto al famoso "bisturi" della guerra. La morte di massa dichiarata di nuovo il potente e più avanzato strumento di soluzione del conflitto.
Questa è la peggiore delle guerre, quella per cui si era cercato di costruire un argine, la guerra di potenza detta "preventiva". La guerra che adesso il suo comandante, il generale Franks definisce "come nessuna mai nella storia".

Si capisce perché il vecchio senatore americano Robert Byrd, una delle voci più nobili della vita politica americana abbia detto: "Invece di isolare Saddam Hussein, l'America sta isolando se stessa". Byrd è un uomo politico che ha lasciato un'impronta profonda nel suo Paese. Ha 85 anni, ha combattuto, ha visto la guerra e la speranza di non fare mai più la guerra. Ha conosciuto l'orrore che stiamo vedendo in televisione. E ha concluso il suo discorso in Senato, il 19 marzo, con le parole: "Possa Dio continuare ad assisterci, perché noi abbiamo perduto saggezza e visione".

Dopo aver visto da lontano, con orrore, le prime immagini di "Stupore e terrore", che non è un film, ma un modo di dare la morte, adesso, ai nostri giorni, con il grado di civiltà di cui pensiamo di essere portatori, non ci resta che unirci a quella invocazione.

Il resto, la politica, le cosidette alleanze, gli equlibri del mondo, i rapporti internazionali, il rispetto fra parti diverse e culture diverse, è stato spazzato via. Adesso, ai nostri giorni.


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