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Unità: Down a scuola nell’epoca della tv

Oliviero Beha

25/11/2006
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l'Unità

Sono passate ormai due settimane dallo scandalo del video sul ragazzo Down tormentato nell'istituto tecnico di Torino, finito su internet e cliccatissimo tra i siti «più divertenti». Sull'episodio sono intervenuti in tanti. Contemporaneamente, quasi si fosse sollevato il coperchio, dalla pentola della scuola italiana è stato tutto un fuoriuscire di casi preoccupanti. Si è andati da quello dell'insegnante sessualmente troppo incline a rapporti intimi con gli alunni, ripetenti sì ma minorenni, nella scuola di Nova Milanese, a vicende di violenza su ragazzine da parte del branco di compagni, a sventagliate di bullismi che hanno provocato reazioni allarmate («a scuola di karate per difesa e autocontrollo», titolavano senza ironia i giornali...), al mistero dello scotch che una maestra avrebbe usato per tacitare una bambina secondo i genitori della medesima,a loro volta querelati dalla maestra.

Ce ne sarebbe abbastanza per un tomo sulla scuola e l'adolescenza di questo paese, essendo quest'ultima l'unica materia prima davvero indispensabile a qualunque latitudine e in qualunque tempo. E sotto qualunque governo.

Restiamo però al tema «ragazzi Down e nuove tecnologie», per vedere se si può andare oltre l'indignazione nobile degli articoli di Magris e lo scandalo e lo scandalismo che hanno fatto da alone alla vicenda, non senza menzionare almeno di passata una notazione serissima dello scrittore Antonio Scurati in margine al fattaccio di Nova Milanese sulla difficoltà per un docente di «sedurre» in senso socratico allievi ormai remoti da un qualunque clima scolastico appena decente. Ovviamente il caso pruriginoso è estremo,diceva in sostanza Scurati, ma almeno riflettiamo su che cosa è diventato nella scuola italiana, isola che sta affondando tra i marosi della società italiana, il rapporto tra un insegnante e i suoi studenti, distratti e «sedotti» da tutt'altro. È questa condizione assolutamente impari del docente, a fronte delle sirene perverse fuori dalle aule, che dovrebbe imporre uno stop, una riflessione,un allarmante bisogno di rovesciare la situazione.

Anche il caso di Torino è (o sembra...) fortunatamente estremo. Esso ha shakerato però un cocktail mostruoso di ingredienti «normali», versandolo nel bicchiere di chiunque, dell'opinione pubblica genericamente intesa. C'è la voce «disabile», il soggetto debole nella comunità certo non inventato dalla società contemporanea (una volta i Down li nascondevano con vergogna). C'è l'irresponsabile «cattiveria» astorica, virgolettata o no, dei giovani Franti. C'è la mancanza di controllo o il menefreghismo degli insegnanti, categoria appunto - cfr.Scurati - astenicissima e disarmata socialmente ed economicamente (quindi politicamente: si pensi che l'unica dimensione politico-mediatica davvero forte la dà l'incursione di un Ministro della Pubblica Istruzione in un liceo okkupato). Ci sono le nuove tecnologie. Una ragazza filma infatti facilmente, grazie al suo telefonino di recentissima generazione, le scene ributtanti dello scherno violento del compagno Down e poi le manda in rete, così che chiunque possa goderne grazie al comparto specifico di Google, naturalmente senza alcun filtro perché,sostengono i titolari del motore di ricerca più famoso del mondo, «non spetta a loro».

Siamo in pieno Blade Runner aggiornato a internet, da un lato con i blogger che hanno denunciato la presenza del video alle Associazioni Down così che la cosa si è risaputa ed è finito lo strazio, e dall'altro con il popolo della rete che ha messo insieme numeri vertiginosi cliccando su quel video non credo proprio per indignarsene e basta. Del resto questi navigatori obliqui rimandano a quest'estate, all'atroce episodio dell'assassinio di un giovane collaborazionista palestinese giustiziato tra i suoi connazionali e da essi filmato sempre coi telefonini e poi immesso in rete.

Qui la faccenda non è così cruenta,e menomale, ma appunto rimanda a parametri «normali», pacifici,assai distanti dalla collettiva tragedia mediorientale: questa «normalizzazione» è esattamente il bersaglio del mio discorso. Perché prendendo spunto dai Down, e dal loro uso e abuso, basta allargare la visuale, uscendo dalle nuove tecnologie ancora non del tutto sviluppate per gli italiani e restando invece in quelle ormai antiche e abituali per tutti, nel veicolo mediatico più diffuso, naturalmente la tv. Evidenziando ciò che è sotto gli occhi di tutti, ma passa in cavalleria, ormai «normalizzato» dal mezzo che lo diffonde.

Per mesi in un programma di grandissimo ascolto, un varietà di giovani con un pubblico giovane con bisogni e valori giovani... che rimanda appunto alla questione giovanile in questo paese, ai suoi maestri ormai vaporizzati, alla sua scuola, alle sue scuole in senso lato, Maria De Filippi ha ospitato dei ragazzi Down, buoni addirittura per gli spot della trasmissione. Naturalmente consenzienti, loro e i loro genitori.

C'è stato addirittura chi ha parlato di «sdoganamento» di questa porzione di italiani con un handicap molto marcato e in percentuale rilevante sull'intiera popolazione, come se farli apparire in tv e mostrare la propria disabilità,tanta o poca che fosse, fosse un favore reso loro. Ovviamente senza nessuna attenzione alla questione, alla natura di tale disabilità, ai problemi del singolo, della famiglia, della collettività, della scuola ecc. Si trattava pur sempre di un varietà...

No, ospiti particolari, adoperati con lo stesso spirito (!?!) con cui si ficcano in video i bambini, per i pubblicitari - come forse è noto - la merce più ambita, perché quella che tira di più e più direttamente invoglia a comprare. I bambini colpiscono le sfere emotive, i bambini sono una categoria protetta, per i bambini si spende con minor cautela. Dall'uso/abuso dei bambini, all'uso/abuso dei Down, con il solito, esclusivo obiettivo di vendere pubblico ai pubblicitari, che è naturaliter il denominatore comune della tv sotto qualunque cielo.

Il punto è proprio che non si intende collegare le cose, e i Down in tv sembrano tutt'altra storia dallo scandalo dell'alunno Down perseguitato in classe. In senso stretto naturalmente lo sono. Ma nel rapporto con i media, siano essi la tv o internet, questa alterità scompare, o scomparirà a breve, a brevissimo.

Qui ho soltanto preso spunto dai Down, dalla loro umanità dolcissima, che incarna per tanti versi la parte migliore di chi Down non è, e magari non sa, non sente, non capisce, come quei quattro disgraziati di Torino, che forse presi uno per uno a casa con un Down sarebbero umanamente squisiti, venendone migliorati così come vengono peggiorati dalla tv. Il problema è il contesto, i valori, le abitudini che si comunicano. E la confusione tra l'ignoranza e il dolo mercantile, tra il cialtronesco e il truffaldino, che si annida in certe consuetudini.

Pensate: ormai quasi quotidianamente c'è qualche classe di fanciullini in visita - che so - a Saxa Rubra, che s'affolla attorno al plastico della struttura della radiotelevisione pubblica come fosse il Colosseo. Questi bambini crescono con l'idea che la televisione sia importante quanto e più del Colosseo, «sia» il Colosseo contemporaneo. Ma escluderei che - per ragioni di età della scolaresca e di opportunità dei docenti... - venga loro spiegato criticamente, per sviluppare la loro facoltà critica, «come funziona la tv». A che serve, perché, chi la fa, come, ecc. Rimane semplicemente un luogo, a quell'età fantastico, e un luogo della mente importante, se viene visitato in questo modo.

La televisione, a partire dal luogo di produzione, è dunque equiparata involontariamente (forse) a un'istituzione,a un'occasione didattica, e, visto il contesto, a un'istituzione magistrale e maieutica. Poi però in video va quello che sappiamo. E così tutto si tiene, e alla dissoluzione della scuola si sostituisce più o meno scientemente il luminoso futuro delle vecchie e delle nuove tecnologie. Salvo poi lamentarsi dello scadimento umano della materia prima...

www.olivierobeha.it


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