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Unità-Difesa dei diritti e democrazia. Così si ritrova l'unità sindacale- di G.Epifani

Difesa dei diritti e democrazia. Così si ritrova l'unità sindacale di Guglielmo Epifani (Vice segretario Cgil) MILANO "Il punto è avere ragione circa l'obiettivo che si persegue. Il nostro è ...

16/08/2002
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l'Unità

Difesa dei diritti e democrazia. Così si ritrova l'unità sindacale
di Guglielmo Epifani (Vice segretario Cgil)

MILANO "Il punto è avere ragione circa l'obiettivo che si persegue. Il nostro è quello della difesa dei lavoratori. Tanto più adesso che il quadro si presenta sempre più incerto e sconfortante, con rischi per l'occupazione e per la spesa pubblica. Il conflitto sociale è già evidente ed esplicito. E quando si inizierà a discutere di Finanziaria misureremo lo scarto tra i problemi aperti nel Paese e le risposte che il governo sarà in grado di dare. Verificheremo anche le scelte di Cisl e Uil, gli obiettivi che si pongono". Guglielmo Epifani, fino al 22 settembre numero due della Cgil, parla delle preoccupazioni del sindacato per i mesi prossimi venturi, di quanto lo scontro sociale che si profila in Italia come nel resto d'Europa chiamerebbe ad un'unità sindacale in grado di sostenerlo con maggiore forza. Ma l'obiettivo primario, ribadisce, resta la difesa dei diritti dei lavoratori. E risponde al leader della Cisl, Savino Pezzotta, che dalle pagine dell'Unità si è detto speranzoso nella possibilità di ricomporre l'unità sindacale: "Il sindacato fondi le proprie scelte sul voto dei lavoratori, è questa la strada per ritrovare l'unità".
Epifani, lo stato delle cose è allarmante: Pil rivisto al ribasso, produzione in calo, scarsa disponibilità di risorse. E il rapporto presentato dal ministro del Welfare dice che la mancata crescita mette a rischio l'equilibrio dei conti previdenziali. Che succederà a settembre?
"Questo governo fatica a prendere rapporto con la realtà, e continua a baloccarsi con misure nè utili a dare certezze nè utili a rilanciare gli investimenti. È chiaro che se non si vuole affrontare il problema dalla porta principale, cioè non si pensa a come accelerare lo sviluppo, a come ripristinare un soddisfacente livello di crescita, si finisce inevitabilmente per mettere mano alla spesa pubblica, al fisco. È un modo patologico di affrontare i problemi. Che si ripercuoterà da un lato sul bilancio pubblico, e dall'altro sull'occupazione, sia in termini di diminuzione dei posti, sia nella tendenza alla precarizzazione dei rapporti di lavoro".
Il Patto per l'Italia è già archiviato?
"Non è archiviato relativamente ai tagli dei diritti, ma non reggerà alla prova dei prossimi mesi. Gli si è voluta dare una funzione salvifica, ma in realtà è costruito sulle sabbie mobili, visto che muove da una presupposta crescita del 3% per il 2003, senza peraltro determinarne le condizioni. È un'altra delle chimere di questo governoi. Quel tetto di crescita non si realizzerà, aver condiviso il Patto è stato e resta un errore. E le prossime settimane si incaricheranno di dimostrarlo".
Bossi sostiene che il Patto di stabilità vada rivisto, che blocca la competitività. Anche secondo lei è un problema?
"Bossi forse dimentica che quel Patto è stato già in parte rivisto con il vertice spagnolo di tre mesi fa, quando si è parlato dell'obiettivo di avvicinarsi al pareggio, il che dà parecchi margini di manovra. Di certo, non può scordarsi che siamo il Paese a più alto debito pubblico. Il punto non è quello di cercare di fare i furbi, piuttosto quello di chiarire se e come si possa cogliere l'occasione offerta dal Patto Ue per rimettere in moto lo sviluppo economico. E non mi sembra lo stiano facendo".
Il governo sta mancando anche questo appuntamento, quindi?
"Sì. Cercare solo di avere degli sconti significa ancora una volta affrontare la questione in modo riduttivo. Mentre non vedo la volontà di una discussione che abbia al centro l'obiettivo di far crescere l'Europa. Comunque il vero problema, semmai, è un altro".
E qual è?
"La mancanza di una vera sede di coordinamento delle politiche economiche, dove si assumano delle responsabilità. Una cabina di regìa, insomma, che non veda i singoli Paesi contrapposti alla Commissione, ma che anzi la affianchi e che riesca a dare più forza ed efficacia alle decisioni prese".
Torniamo all'autunno che verrà. La Cgil ha già previsto lo sciopero generale, si discuterà di Finanziaria: vi aspettate una saldatura tra lotta sociale e battaglia politica?
"La nostra iniziativa sociale non ha carattere di parte. Comunque, il primo requisito per una saldatura tra i due terreni è quello della coerenza nei comportamenti da parte delle forze d'opposizione. Intendo sui temi del confronto che abbiamo lanciato, la difesa dei diritti e le prospettive di sviluppo, a partire dal Mezzogiorno".
E poi si apre la fase dei rinnovi contrattuali.
"Con alcuni problemi già aperti, quello del tasso d'inflazione programmata, troppo basso (1,4%, ndr), quello della distribuzione degli oneri nel tempo. E con il grande nodo dei metalmeccanici: nonostante gli sforzi fatti, temo si arriverà con piattaforme separate".
Significa che l'unità sindacale è sempre più lontana?
Come si può ricomporre in assenza di punti di vista condivisi sulle singole scelte? Sul Patto per l'Italia le posizioni sono del tutto divergenti, sui rinnovi contrattuali lo verificheremo. Il punto vero, sul quale non si riesce a fare un passo in avanti, è che bisogna ripartire dalle regole della democrazia. Quando, nonostante i compromessi, che pure sono necessari, non si riesce a trovare una sintesi, esiste comunque uno strumento democratico cui ricorrere, che è quello di far decidere i lavoratori. E questo rimetterebbe in piedi qualsiasi possibilità di rapporto unitario".
Il leader della Cisl Savino Pezzotta (cfr l'Unità di ieri) si dice "speranzoso" nella possibilità di ricomporre i conflitti: non parla del voto dei lavoratori, ma della necessità, da parte della Cgil, di evitare commistioni con il terreno della politica.
"Anche seguendo questo ragionamento, ribadisco: l'unica strada è quella di fondare le scelte sul voto dei lavoratori. Comunque è una posizione che non condivido: l'autonomia della Cgil non è in discussione. In più, personalizzare la polemica nei confronti di Cofferati è sbagliato e ingeneroso. Semmai, una discussione seria e utile per tutti sarebbe quella sul rapporto tra l'autonomia sindacale e il quadro politico istituzionale. Resta un fatto: questo è un governo che fa scelte contro i lavoratori".
Andare allo scontro sociale con il sindacato diviso non è un problema da poco.
"Non c'è dubbio. Però lo scontro sull'idea di sviluppo e sulla difesa dei diritti si va delineando in tutta Europa. E se in Italia, la Cgil resterà l'unica organizzazione a rappresentare i lavoratori, non può essere un problema solo nostro. Noi siamo legati ad un modello di sindacalismo europeo, sono Cisl e Uil che stanno prendendo altre strade. Per chiarire quale sia effettivamente il loro punto di vista, comunque, credo occorra aspettare la Finanziaria, con le contraddizioni che renderà evidenti".


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