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unità-Devolution, la rivolta delle Regioni

Devolution, la rivolta delle Regioni di Caterina Perniconi Le regioni si scagliano contro la devolution. Il provvedimento che avrebbe dovuto favorirle è stato formulato nel modo sbagliato e crea...

10/04/2003
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l'Unità

Devolution, la rivolta delle Regioni
di Caterina Perniconi

Le regioni si scagliano contro la devolution. Il provvedimento che avrebbe dovuto favorirle è stato formulato nel modo sbagliato e crea sconcerto sia tra i presidenti appartenenti alla maggioranza che all'opposizione. L'artificio politico che ha unito il nazionalismo di Fini ed il separatismo di Bossi, con la decisione d'inglobare la devolution della Lega alla riforma del titolo V della Costituzione, non convince nessuno. Questo, infatti, è un capitolo della Costituzione relativo alle Regioni, alle Province e ai Comuni. Che non sono stati interpellati sul nuovo ddl in creazione, deciso nel salotto della residenza romana del presidente Berlusconi.

In realtà del disegno di legge annunciato non c'è traccia: "Ho parlato direttamente col ministro La Loggia - dice il diessino Claudio Martini, presidente della regione Toscana - e mi ha confermato che il provvedimento è ancora in fase di scrittura. Forse pensava di rassicurarmi - aggiunge Martini - in realtà è un problema che il governo definisca la fase in corso 'avanzata' quando non c'è ancora un testo definito". La Toscana è stata colpita da vicino con questa legge, perché il testo dell'Ulivo, tutt'ora in vigore, chiariva i processi di riconoscimento delle autonomie speciali, che si stavano realizzando soprattutto sui temi culturali e ambientali. "Per le cose che stiamo leggendo siamo molto preoccupati e da domani, con la divisione totale dei poteri tra Stato e regione, faremo un grande passo indietro, soprattutto sulle autonomie speciali" sottolinea Martini. Che resta molto contrariato dalla mancanza di uno sbocco condiviso sul federalismo fiscale, e definisce un "paradosso" la legge che avrebbe dovuto dare autonomia alle regioni e in realtà arretra su molti dei punti principali.

Forte anche la contestazione del coordinatore nazionale della Conferenza dei Consigli Regionali, Riccardo Nencini, minato personalmente da una riforma che intende "affossare la Commissione Bicamerale, a cui noi siamo tutti favorevoli, passo sbagliato da parte del Governo e del Parlamento nei rapporti con le regioni - dice Nencini - perché ogni cambiamento sulla legislazione che riguarda il rapporto Stato-Regioni deve tener conto di un vero confronto preventivo con l'intero sistema delle rappresentanze territoriali".

Ma la protesta è bipartisan e arriva su fino al Piemonte del forzista Enzo Ghigo, che ha contestato la clausola "salva Italia", costruita per frenare la devoluzione-fai-da-te di Bossi, vista come una "tutela eccessiva, e una mancanza di rispetto nei confronti delle regioni". Inoltre anche Ghigo ha auspicato un maggiore coinvolgimento delle regioni e invocato la concertazione con le opposizioni. Per Vasco Errani, presidente della regione Emilia-Romagna, il decreto è "un mega-pasticcio istituzionale, inadeguato e pericoloso". Secondo Errani la pericolosità del provvedimento nasce innanzitutto dal "braccio di ferro politico che sta stravolgendo una logica di federalismo da modificare intorno ad un tavolo e non con un metodo astrattamente metodologico. Poiché - spiega il presidente dell'Emilia-Romagna - la filosofia del titolo V è la cooperazione tra Stato, Regioni, Province e Comuni. E per adesso noi non siamo stati consultati, cosa incomprensibile per questo tipo di riforma".

Errani è toccato da vicino anche dalla concessione straordinaria fatta a Bossi sulla possibilità di istituire, con legge costituzionale, nuove regioni con minimo un milione di abitanti, quando ne facciano richiesta un decimo degli elettori residenti in quel territorio e la proposta sia approvata da un referendum fra gli stessi residenti. E ciò potrebbe favorire la scissione tra Emilia e Romagna tanto sospirata da Bossi, che Errani si limita a definire "poco nobile".

Risentimenti anche nel Lazio, arrivati per voce dell'assessore regionale agli Affari Istituzionali Donato Robilotta, che ha criticato fortemente la devolution di Bossi "perché - ha detto - non risolve nessuno dei problemi creati dalla riforma del titolo V della Costituzione anzi ne aggiunge di nuovi, come la controversa questione della polizia locale". Secondo l'assessore la dizione "polizia locale" e soprattutto "un nuovo corpo di polizia regionale" aggiunge solo confusione.

Per tutti questi motivi, ma soprattutto per essere stati "tagliati fuori dal discorso" gli enti locali, come annunciato ieri, hanno chiesto un incontro urgente con Enzo Ghigo, Presidente della Conferenza delle Regioni. "La prima cosa che noi chiediamo - dice Leonardo Domenici, presidente dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani - è che il Governo convochi i Comuni e tutte le altre autonomie locali per discutere del nuovo disegno di legge". Richiesta inoltrata anche dall'Unione Province Italiane, che ritiene "improrogabile" una discussione aperta agli enti locali, per costruire un "assetto normativo federalista efficace e attuabile".


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