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Unità-C'è la firma del mandante

C'è la firma del mandante di Nicola Tranfaglia Le scritte sui muri di netto sapore razzista e antisemite nei confronti di un giornalista che ha diretto due tra i maggiori quotidiani italiani com...

10/03/2003
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l'Unità

C'è la firma del mandante
di Nicola Tranfaglia

Le scritte sui muri di netto sapore razzista e antisemite nei confronti di un giornalista che ha diretto due tra i maggiori quotidiani italiani come Paolo Mieli, appena nominato dai presidenti delle Camere nel Consiglio di Amministrazione della Rai e in predicato di diventarne presidente, sono un segnale gravissimo e indegno di un paese civile e democratico. Ma non é un fatto isolato o eccezionale,purtroppo.

Da due anni a questa parte, su questo giornale, più volte sono stati denunciati e segnalati episodi che mostrano come una delle forze politiche che costituiscono la coalizione di governo e forniscono ministri al governo Berlusconi, la Lega Nord di Umberto Bossi, adotti un linguaggio e parole d'ordine che hanno un chiaro sapore razzista, marci con l'on. Borghezio al fianco dei fascisti di Forze Nuove, dedichi - come é avvenuto l'8 febbraio 2002 - una pagina del suo quotidiano "La Padania" ad articoli e slogan antisemiti,esalti il sindaco leghista di Treviso Gentilini che guida l'assalto contro le case fornite legalmente ai lavoratori extracomunitari.

Per non parlare del silenzio del governo nel giorno della memoria che tante associazioni e tante istituzioni locali hanno celebrato quest'anno con particolare forza di fronte all'infittirsi del conflitto in Palestina e allo spettro della guerra che si avvicina o alla rivalutazione che Berlusconi di nuovo vuol patrocinare di chi pure ha confessato di aver tentato di compiere un colpo di stato contro le istituzioni democratiche della Repubblica.

Ma le denunce fino a questo momento hanno dovuto registrare il silenzio assoluto di tutti i grandi mezzi di comunicazione giornalistici e radiotelevisivi e l'inerzia totale dei rappresentanti del governo sul territorio come delle istituzioni - anche delle più alte - di fronte alla chiara violazione di fondamentali norme costituzionali,di attacchi non solo verbali ai principi che reggono la convivenza civile e democratica nel nostro Paese.

Come può succedere tutto questo - c'é da chiedersi - in un'Italia che é ancora retta dalla Costituzione repubblicana del 1948? In un Paese che ha visto negli ultimi mesi grandi manifestazioni pacifiche per la pace, per la difesa dei diritti dei lavoratori, per la giustizia, per la libertà di informazione?

Ebbene, se oggi ci troviamo di nuovo di fronte a volgari campagne antisemite contro Paolo Mieli, ad attacchi violenti contro uno dei più grandi giornalisti del nostro tempo, Enzo Biagi,all'ostracismo violento contro Michele Santoro e altri professionisti della carta stampata e della televisione, questo accade perché la Lega non é una scheggia impazzita che ogni tanto esce allo scoperto e lancia l'offensiva contro chi non é d'accordo con il governo e con la maggioranza ma é parte integrante, e non delle minori, della Casa delle libertà che governa dal maggio 2001 il nostro Paese.

Con la Lega Nord viene alla luce, con il consenso pieno o almeno tacito dell'intera coalizione di governo, un'Italia becera e profondamente arretrata e reazionaria che credevamo scomparsa da almeno trent'anni e che sta invece riemergendo con forza grazie a Umberto Bossi e ai suoi alleati di governo: un'Italia che non accetta i valori e i principi espressi nella Costituzione repubblicana (che vorrebbe, infatti, modificare radicalmente in ogni sua parte e, se non ha la forza parlamentare di cambiare, aggira per ora con una serie di espedienti), che considera ancora ogni minoranza come pericolosa e da emarginare, siano gli ebrei oppure gli immigrati africani, che ritiene normale il pesante conflitto di interessi di cui é gravato il capo di Forza Italia e del governo Silvio Berlusconi,che ritiene democratico l'attuale assetto del sistema radiotelevisivo e giornalistico e si potrebbe continuare.

Del resto non c'é pilastro di una democrazia moderna che non abbia subito o non stia per subire l'offensiva autoritaria del governo: si tratti della magistratura di cui oggi si decide un passo importante verso la netta separazione delle carriere alla scuola e all'università cui si tolgono le risorse e i mezzi favorendo una riforma come quella della Moratti che ci fa ritornare alla selezione precoce tra chi proseguirà gli studi superiori e chi dovrà andare alla formazione professionale secondo criteri non di merito ma di provenienza sociale ed economica, o si tratti ancora della legge sul sistema radiotelevisivo che ignora le sentenze della Corte Costituzionale, rafforza il duopolio collusivo Rai-Mediaset e assicura il perpetuarsi del semimonopolio berlusconiano in campo pubblicitario.

Il segnale dato con gli attacchi (non soltanto sui muri ma sull'organo ufficiale della Lega) contro Mieli dopo che egli ha dichiarato di accettare con riserva la nomina chiedendo il ritorno di Biagi e Santoro e la possibilità di concorrere in piena libertà a nominare, di intesa con il nuovo Consiglio di Amministrazione, il direttore generale ha un significato preciso che non si può in nessun modo ignorare: significa prima di tutto la critica esplicita all'operato dei presidenti delle due Camere, Casini e Pera, che pure sono stati espressi a suo tempo dalla maggioranza di centro-destra e nello stesso tempo rappresenta il tentativo evidente di spingere Mieli e non soltanto lui alle dimissioni.

È, in altri termini, un tentativo di attaccare le istituzioni parlamentari repubblicane e operare con la prepotenza e la volgarità propria di una forza politica come é diventata quella leghista al posto di esse per ottenere i propri obbiettivi: lo spostamento della Rete Due televisiva a Milano e l'infeudamento definitivo dell'intera Rai alla maggioranza di centro-destra. Non basta il controllo delle reti Mediaset al presidente del Consiglio: occorre che anche il servizio pubblico diventi un feudo della Casa delle libertà.

Se a una simile offensiva non seguisse una risposta chiara e senza ambiguità da parte dei mezzi di comunicazione e ancora pìù di tutte le istituzioni - anche delle più alte - dovremmo concludere purtroppo che la democrazia repubblicana si trova ormai in una situazione di sempre più acuto e allarmante pericolo.


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