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Unità-Anche la badante ha un progetto

19 Dicembre 2005 Anche la badante ha un progetto Bruno Ugolini Ormai la legge 30, quella voluta dal governo di centrodestra, sollecita le più incredibili fantasie imprenditoriali. E gett...

19/12/2005
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l'Unità

19 Dicembre 2005

Anche la badante ha un progetto

Bruno Ugolini

Ormai la legge 30, quella voluta dal governo di centrodestra, sollecita le più incredibili fantasie imprenditoriali. E getta un'ondata di ridicolo su quei ministri e sottosegretari che avevano esaltato quella formula contrattuale che avrebbe permesso ai semplici Co.Co.Co. ovverosia "collaboratori coordinati e continuativi", di assurgere al ruolo ben più impegnativo di "lavoratori a progetto". Non sarebbero più stati donne e uomini subordinati, soggetti alle stesse regole dei dipendenti normali. Con una finalmente acquisita forma di libertà nell'organizzare il proprio lavoro, la propria esistenza, senza dover sottostare a vincoli soffocanti. La realtà, come abbiamo più volte denunciato in questa rubrica, dimostra ogni giorno, con esempi concreti, che solo una piccola parte è giunta ad un simile approdo e gode di una tale condizione. Gli altri sono soggetti agli imbrogli più incredibili. Gli esempi migliori alle volte ci sono offerti, sfogliando i giornali locali dell'Italia più profonda.
Ed ecco che troviamo su La Provincia di Como un'ampia rassegna delle novità in questo settore e in quello specifico territorio. Sono state, infatti, scoperte, assicura il resoconto del collega Mario Cagnetta, la presenza di lavoratori a progetto con funzioni le più diverse. C'è, così, la badante che ha come progetto quello di rimboccare le coperte dell'assistito, preparare i pasti, eccetera eccetera. C'è il cuoco che ha come progetto quello di curare diete particolari per i clienti. C'è la segretaria assunta con quella medesima formula contrattuale e non con quella tradizionale perché ha il progetto di telefonare e concordare appuntamenti per il capoufficio. Sono quasi tutti fuori-legge. Gli organi ispettivi dell'Inps e la direzione provinciale del lavoro hanno sostenuto che oltre la metà dei contratti stipulati è da disconoscere.
Ecco un modo per celebrare la legge 30, due anni dopo. Il giornale raccoglie, a questo proposito, un commento del dirigente sindacale che capeggia l'organizzazione dedicata ai lavori atipici, l'Alai-Cisl. Dichiara Gianmarco Gilardoni, "possiamo tranquillamente sostenere che lo scopo per il quale la riforma Biagi era nata, quello di impedire l'abuso di collaborazioni a scapito del lavoro subordinato, è fallito. Nei nostri uffici continuano ad arrivare segnalazioni e denuncie da parte di persone assunte con un progetto inesistente per evitare il contratto a tempo indeterminato". Sono riflessioni da tempo presenti nel Nidil Cgil, l'altra organizzazione dedicata a questo settore e che ha presentato in materia una serie di indagini elaborate con l'ausilio dell'Ires.
Fatto sta, che, per ritornare a Como qui, nel 2004, sono stati stipulati ben 2.945 contratti di lavoro a progetto. E secondo Inps e direzione provinciale del lavoro almeno 1500 sono illegali. Un anno dopo, nel 2005, da gennaio a settembre gli avviamenti a progetto sono stati 2672 e almeno 1400 non sono in regola. Una situazione davvero insopportabile. La denuncia è accompagnata da precisazioni di Dario Buzzoni responsabile dell'ufficio ispettivo dell'Inps il quale spiega come il 50 per cento dei contratti sia da "disconoscere". Ovverosia da cancellare. E questo perchè, precisa, manca un progetto effettivo, non c'è autonomia, non vi sono particolari professionalità, e non c'è nemmeno indipendenza totale o parziale del lavoratore. La verità, prosegue "è che spesso la gente non ha il coraggio di ribellarsi, perchè non ha altre richieste da giocarsi. E quindi preferisce accontentarsi di quel poco che guadagna, anche a costo di subire sfruttamenti pur di non rimanere a casa senza lavoro".
Altri dati sono emersi in un'altra città, Bergamo. Qui durante un congresso della Fiom si è svolto un incontro tra dirigenti sindacali e responsabili del personale delle principali aziende di Bergamo, prendendo lo spunto da una ricerca curata dal professor Enzo Rodeschini. Qui si è accertato che nel 2004 le assunzioni sono state 120mila e 113 mila nel 2005. Quelle a tempo indeterminato erano 48 mila, quelle a part-time 8 mila, e ben 59 mila quelle a tempo determinato (11.600 apprendisti). E' in questi ultimi dati, si è sottolineato, che si insinua il tarlo della precarietà, visto che solo il 17 per cento si sono trasformati in lavori stabili.
Ecco fatto. E allora perché irritarsi se nell'ambito del centrosinistra crescono le prese di posizione programmatiche tese a ipotizzare un "superamento" della legge 30, come si è stabilito alla recente conferenza programmatica dei Ds a Firenze? Romano Prodi, dal canto suo, ha fatto l'esempio di un lavoro precario che dura da quindici anni. Una vita. Altro che ponte verso un'occupazione meno fragile.
brunougolini@mclink.it

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