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Unione sarda-La scuola dei disoccupati

Carla Raggio Il may day della scuola sarda anticipa lo squillo della prima campanella, atteso per il 15 settembre. Ormai la Sardegna è abituata: ogni anno scolastico parte all'insegna del caos...

03/08/2003
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L'Unione Sarda

Carla Raggio
Il may day della scuola sarda anticipa lo squillo della prima campanella, atteso per il 15 settembre. Ormai la Sardegna è abituata: ogni anno scolastico parte all'insegna del caos, tra bolgie infernali nei provveditorati e litigi con i sindacati che protestano per i tagli dell'organico. Chi ha ragione? Poco importa: da quando lo Stato si è inventato la 'razionalizzazione', i posti di lavoro vengono cancellati con un colpo di spugna. Quest'anno, tanto per avere un'idea, la forbice del ministro dell'Istruzione colpirà circa mille insegnanti: rispetto al resto d'Italia, dove complessivamente spariscono 8 mila posti, la scuola sarda paga il prezzo più alto, perde il 3,83 per cento dei docenti contro l'1,4 nazionale. Nella più grande azienda dell'Isola si va avanti a botte di mille tagli l'anno. Sia con la destra che con la sinistra: ora la riforma Moratti, qualche anno fa la rivoluzione dei cicli di Berlinguer. Chi tiene i conti spara: 3500 posti persi negli ultimi 4-5 anni. E dire che il numero uno della scuola in Sardegna, Armando Pietrella, di tagli non ne ammette nemmeno uno. Se mai ci fossero, replica, la colpa sarebbe degli alunni, cinquemila in meno tra i banchi il prossimo anno. I genitori sono avvisati: fate più figli per dare una cattedra agli zii disoccupati.
Al di là delle polemiche sull'indubbio calo demografico, c'è un dato di fatto: in provincia di Cagliari quest'anno saranno nominati 1300 supplenti, la metà di quelli che avevano lavorato nel 2002. Si continua a perdere lavoro in una terra dove i disoccupati sono ancora tanti mentre diplomati e laureati vivono avviliti dalla disoccupazione. La risposta dello Stato ancora una volta non arriva: da due anni sono bloccate le immissioni in ruolo dei precari, figli di un dio minore ai quali si continua a negare un lavoro. Tutto questo mentre si riduce il tempo pieno e prolungato (sia alle elementari che alle medie) e la Finanziaria porta le cattedre a 18 ore settimanali, per farne sparire alcune decine. Si stipano gli alunni in un'aula accorpando le classi, anche se l'anno è già iniziato e si condannano gli studenti a fare i pendolari da un paese all'altro.
E poi c'è la riforma Moratti che quest'anno varcherà i cancelli della scuola: a tutt'oggi il Governo non ha varato i decreti legislativi di attuazione come prevede la legge delega. La confusione che ha accompagnato la sperimentazione nei dieci istituti sardi coinvolti regna ancora sovrana: nelle materne, ad esempio, non ci sono (a parte qualche eccezione) le strutture indispensabili per dare ospitalità ai bambini che non hanno compiuto i tre anni. Come andrà a finire lo si vedrà solo quando il nuovo anno sarà inaugurato.
L'unica nota positiva sono quei 147 euro in più in busta paga che i professori hanno ottenuto col contratto, dopo due anni di travaglio. C'è poi un'urgenza che preoccupa più di tutte: la fuga dai banchi dei quattordicenni ora che è stata abrogata la legge sull'obbligo di studiare fino a 15 anni.
Pasticci di Stato, sempre più spesso risolti dal Tar: ma non saranno certamente i giudici a riportare in classe i ragazzi delusi dalla scuola.


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