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Unesco: pericoli e opportunità della scuola a distanza

Secondo le ultime stime oltre il 91% di studenti di tutto il mondo sta portando avanti il proprio percorso scolastico con la “didattica on-line”

08/04/2020
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Il Sole 24 Ore

Flavia Foradini

Secondo le ultime stime dell'Unesco, oltre il 91% di scolari e studenti di tutto il mondo sta portando avanti il proprio percorso scolastico attraverso la didattica a distanza. Il 16 febbraio il provvedimento di sospensione delle lezioni in presenza riguardava solo la Cina. L'1 di marzo le misure contro la diffusione del coronavirus investivano il 17,3% della popolazione scolastica globale di ogni ordine e grado. Dal primo aprile l'impatto concerne 188 Paesi e un miliardo e mezzo di utenti, come dire: il futuro del mondo, chiuso fra quattro pareti.

Un fenomeno che attraversa Paesi industrializzati e non, Paesi ricchi e Paesi in estrema povertà.
A fronte di un'alfabetizzazione mondiale pari al 90% per gli uomini e l'82,7% per le donne, cinque anni fa l'Agenda 2030 dell'ONU aveva individuato un traguardo più ambizioso, rimodulato poi nel luglio del 2019: “un'educazione di qualità, equa e inclusiva, con pari opportunità di apprendimento continuo”, da raggiungere omogeneamente a livello planetario, al più tardi entro questo decennio. E proprio in questi giorni, il comitato che monitora quel traguardo n.4 ha rinnovato il proprio appello ad agire e ha emanato una serie di raccomandazioni, nel tentativo di non fermare i progressi compiuti negli ultimi decenni, o ancor peggio, di innescare una negativa inversione di tendenza.

Nelle previsioni dell'Unesco, assieme agli studenti da classi sociali svantaggiate, fra le coorti più colpite dalla nuova pandemia spicca quella delle ragazze adolescenti, più esposte ad un aumento dell'abbandono scolastico. Lo sottolineano Stefania Giannini, vicedirettrice della sezione Istruzione dell'Unesco e Anne-Birgitte Albrectsen, direttrice dell'organizzazione umanitaria Plan International: “Il pericolo è un aumento della disparità di genere, ma anche degli abusi sessuali, di gravidanze precoci e indesiderate e di matrimoni forzati, specialmente nell'emisfero sud del mondo. Inoltre, alla luce delle difficoltà che stanno vivendo, le famiglie potrebbero azzerare i loro investimenti nell'educazione delle figlie”.

Cruciale nell'affrontare la sfida della pandemia in atto è la necessità di ogni sforzo possibile per garantire equità, evidenzia ancora Stefania Giannini assieme a Suzanne Grant Lewis, direttrice dell'Istituto UNESCO per la pianificazione dell'istruzione: se è vero che il distanziamento sociale è diventato un atto di solidarietà e ancor più una misura imperativa per proteggere la salute pubblica, le conseguenze a lungo termine della chiusura delle scuole rischiano di essere drammatiche per i più vulnerabili e marginalizzati, aumentando esponenzialmente le diseguaglianze anche in termini di istruzione.
Massimamente urgente è dunque sanare il divario digitale, offrendo pari opportunità di accesso degli studenti alla didattica online e laddove questa fosse assente, di sviluppo di modalità di apprendimento via radio e TV.
Altrettanto capitale è, secondo l'Unesco, garantire un supporto efficace ai docenti ora fortemente sotto pressione e in prima linea nel cambiamento epocale dei paradigmi dell'istruzione, garantendo la loro sicurezza e salute e preservando posti di lavoro e salari.
Mentre in Gran Bretagna si valutano cause contro le autorità, qualora continuino a non garantire uguale possibilità di partecipazione al dialogo formativo a distanza, in Italia la più recente informativa ISTAT ci dice che fra i minori fino a 17 anni, il 57% deve condividere il proprio PC o tablet e il 12,3% non ne dispone affatto, e che fra coloro che hanno navigato negli ultimi 3 mesi il 34% ha competenze basse e il 32% solo abilità di base.
Sono questi i dati da cui ripartire per intervenire concretamente a livello nazionale, anche in vista di un ritorno alla scuola in presenza. Ma questa situazione drammatica può diventare pure un'opportunità per sviluppare una visione almeno tendenzialmente più olistica.
Nel 2015 l'Unesco aveva pubblicato uno studio (Ripensare l'educazione: verso un bene comune globale?, tradotto in italiano nel 2019) contenente alcuni spunti rispetto ad un possibile futuro della scuola come istituzione, che, scriveva Irina Bokova, allora direttrice dell'UNESCO, “deve insegnare a vivere in un pianeta sotto pressione, superando la visione ristretta dell'utilitarismo e dell'economismo”.
Riflessioni di un quinquennio fa, quando il Coronavirus non era all'orizzonte con tutta la sua forza squassante, ma che oggi appaiono ancora più valide.
Il mezzo suggerito? “Un approccio umanistico, capace di incidere sulla definizione dei contenuti dell'apprendimento e sulle scelte pedagogiche, oltre che sul ruolo degli insegnanti e degli altri educatori. E che è ora tanto più pertinente, alla luce del rapido sviluppo delle nuove tecnologie, in particolare quelle digitali”.
Fondamentale, asseriva Bokova, è la “ricontestualizzazione dell'istruzione e della conoscenza come beni comuni globali”.


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