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Un quiz tra distanze e biro monouso La doppia sfida dei medici di domani

Percorso a ostacoli per il test di ingresso. Ieri in tutta Italia coinvolti 66 mila studenti. Un banco di prova verso la nuova normalità dell'università

04/09/2020
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La Stampa

Niccolò Zancan

Visti dall'alto della pista di collaudo del Lingotto, tutti quegli studenti sembravano formiche. Procedevano ordinati. Avanti. Stop. Ancora attesa, tre ore di fila come minimo. Ma a guadare da sotto, invece, notavi il pallore di chi non aveva fatto nemmeno un giorno di mare.Distanziamento e ripasso. Una foto ricordo. Un saluto da lontano ai genitori troppo apprensivi che non se ne volevano andare, l'ultimo tiro di sigaretta elettronica prima di passare il varco Covid. «Spero solo di non avere la febbre per l'emozione», diceva la diciannovenne Elisa Gentile.

Sono i dottori del nostro futuro, camici bianchi che verranno: 66.638 iscritti in Italia ai test di ingresso alle facoltà di Medicina e Chirurgia per 13.072 posti. Solo uno su cinque ce la farà, pur con 2 mila iscritti in meno rispetto al 2019. Ma quello andato in scena ieri mattina non era un banco di prova soltanto per loro, per i magnifici aspiranti, ma per tutta l'Università italiana tornata in vita dopo mesi di lezioni dentro ai computer.

«Sono diplomata in violino al Conservatorio, solo che diventare un chirurgo è il mio sogno fin da quando ero bambina», diceva la studentessa Gentile. «Ho un piano B. Però passare questo test è ciò che desidero di più al mondo. Ammetto di sentire un po' di pressione. Avremo poco tempo per rispondere, e so che saranno domande difficili. Possono chiedere qualunque cosa. E poi c'è questa lunghissima attesa per ragioni sanitarie. Ognuno di noi ha ricevuto una mail con la zona assegnata, la mia è: padiglione 3, macro settore 11, settore B, postazione 2». Il candidato doveva avere con sé quattro cose e neanche una di più: la carta di identità, l'autocertificazione sullo stato di salute, la mascherina sul viso e il bollettino che attestava il pagamento di 100 euro per partecipare alla prova. Quando alle 8.30 di ieri mattina il lunghissimo serpentone umano si è messo in moto, i 2800 iscritti torinesi hanno scoperto che ad attenderli al primo ingresso c'erano i volontari dell'Associazione nazionale carabinieri. «La prego di scostare i capelli», diceva l'ex impiegato della poste Franco De Fillippis, 65 anni, uno degli incaricati di misurare la febbre. Puntava il termometro digitale all'altezza del collo. «Prego, si accomodi!». Era il momento del controllo dei documenti, con il registro delle presenze. A ogni candidato veniva consegnata una busta con dentro una mascherina chirurgica (vietate quelle di stoffa) e una penna per rispondere ai

test. Ma erano già passate oltre due ore ed erano ancora tutti fuori, nella zona antistante al padiglione del Lingotto Fiere. E faceva effetto vedere tutti quegli studenti aspettare proprio davanti all'ingresso del luogo consueto del Salone del Libro. Era uno strano déjà-vu.

Un uomo di trent'anni stava in coda fra i ragazzi, si chiama Elia Zortea, è un infermiere delle Molinette, già musicista, già espatriato in Irlanda e già in prima fila per l'emergenza Covid con il suo lavoro: «La verità è che hai le idee chiare su quello che vuoi fare solo quando diventi grande. Almeno, a me è successo così. Studiare per dieci anni e intanto fare l'infermiere non so quanto sia compatibile con una vita normale di relazioni, ma voglio tentare. Vale la pena provarci». Una ragazza del collettivo studentesco «Noi restiamo» urlava nel megafono: «L'università deve esser veramente pubblica e veramente accessibile! Basta al numero chiuso». Il signor Antonello Giancaspro, guardia giurata, seguiva la trafila della figlia Lucrezia, di 19 anni, da dietro alle transenne, finché molto lentamente è arrivato il suo turno di misurare la febbre: «Ci spera tanto, e noi speriamo con lei. Non abbiamo fatto neanche un giorno di vacanza per preparare il test. Magari domani andiamo in montagna». A quel punto, i primi erano attesi dal secondo varco. Quello all'interno. Il più difficile da organizzare. Perché ognuno doveva abbassare la mascherina per il tempo necessario all'identificazione. Cioè: prima passava la carta di identità. Poi indietreggiava di tre metri. Quindi scopriva il viso. E si capiva come tutto questo, moltiplicato per migliaia di studenti, sarebbe stato un lungo lavoro difficile. Ma è stato fatto.

La studentessa Elisa Gentile alle sette di sera era stanca e un po' scoraggiata: «Il test non è andato tanto bene. Non mi aspettavo un esame così duro. Ho sbagliato una domanda di cultura generale, non ho saputo mettere in ordine i presidenti della Repubblica. E poi c'era un calcolo di matematica per me incomprensibile». Altre domande considerate memorabili: Le tre leggi di Asimov. Chi ha scritto il Signore degli Anelli? Di cosa si compone il capside? Cosa succede se a una sostanza con Ph15 aggiungo 10 litri d'acqua?

Passa anche da queste risposte la lunga strada dei prossimi medici italiani. —


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