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Un mese dal 7 gennaio 2015: leggendo Sottomissione di Michel Houellebecq

di Aluisi Tosolini

09/02/2015
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La Tecnica della Scuola

E’ passato un mese dal 7 gennaio. Il giorno in cui la Francia è stata sconvolta dall’attacco dei terroristi islamici al giornale satirico Charlie Hebdo dove sono stati trucidati 8 giornalisti.

Immediata e fortissima la reazione da parte del mondo occidentale (così forte, tuttavia, da essersi quasi spenta in un solo mese).

Nello stesso giorno, il 7 gennaio, in Francia, avrebbe dovuto essere presentato anche l’ultimo e controverso romanzo di Michel Houellebecq intitolato, emblematicamente, Soumission.

In Italia il volume è uscito il 15 gennaio per i tipi di Bompiani ma, forse anche a motivo dei fatti di Parigi, mi pare se ne sia discusso piuttosto poco. E, in particolare, che il mondo della formazione e della scuola abbia dedicato scarsissima attenzione a un romanzo che proprio questo mondo tocca da vicino.

Proviamo a farlo in questo blog.

Soumission, Submission, Sottomissione

Il titolo del romanzo è particolarmente polisemico. Sottomissione richiama infatti una pluralità di significati tra loro contrastanti.

Islam, il termine che identifica la religione fondata da Maometto, vuol dire infatti sottomissione (sottinteso “alla volontà di Dio”). I credenti all'Islam si definiscono pertanto sottomessi alla volontà di Dio.

Ma Submission è anche il cortometraggio girato in inglese nel 2004 dal regista olandese Theo van Gogh e scritto da Ayaan Hirsi Ali. Il film racconta la storia di una donna musulmana picchiata e violentata da un proprio parente. Sul corpo di questa donna il regista fece scrivere alcuni versetti del Corano. Immediata la condanna di buona parte del mondo islamico e anche, come si ricorderà,  l’assassinio del regista, avvenuto ad Amsterdam il 2 novembre 2004.

E sottomissione è anche il concetto cardine da utilizzare per comprendere le opere del marchese De Sade a cui, guarda caso, era dedicata sino al 25 gennaio una importante mostra al museo d’Orsay a Parigi e che, assieme alle riflessioni sul più recente Historie d’O, occupa passaggi cruciali nel romanzo di Houellebecq.

Parigi, 2020

Di cosa parla il romanzo di Houellebecq?

Semplicemente immagina che nel 2020/22 la Francia sarà governata da una sezione locale dei Fratelli musulmani guidati da un leader moderato e rispettabile, Mohammed Ben Abbes, che supera i socialisti e arriva al ballottaggio per le presidenziali contro Marie Le Pen. Nella suspence delle elezioni (che saranno ripetute perché in solo seggio in tutta la Francia si verificano delle irregolarità) i socialisti decidono di appoggiare Ben Abbes e trattano con lui la composizione del governo. Il fatto interessante, e cruciale, è che i contrasti non ci saranno sul ministero dell’economia o della difesa ma su quello dell’istruzione, vero baluardo della laicità francese. Il compromesso trovato prevede che in sostanza ognuno si faccia la sua scuola: islamici, laici, cristiani…

E’ la fine della laicità repubblicana, dell’illuminismo e dell’Istruzione Pubblica.

Per il resto le conseguenze sono "positive": i disordini nelle banlieu spariscono, la disoccupazione viene risolta poiché alle donne è vietato lavorare, i ricchissimi emirati arabi investono miliardi di dollari per amicizia e fraternità religiosa comperando e finanziando anche diverse università tra cui la prestigiosa Nuova Sorbona.

Joris Karl Huysmans

Il protagonista del romanzo è François, ordinario di letteratura francese all’università di Parigi e massimo esperto di Joris Karl Huysmans, autore francese che occorre conoscere bene per comprendere il testo visionario di Houellebecq.

Huysmans (1848-1907), pur avendo ottenuto notorietà come romanziere, lavorò per tutta la vita come impiegato al ministero degli interni francese. Esponente del naturalismo francese e famoso per il suo stile, per la particolarità della lingua e per le sue scelte lessicali, Huysmans è figura centrale per Houellebecq perché il suo François non solo lo studia ma, almeno in parte, ripercorre le orme delle sue opere.

Il protagonista di Å rebours – romanzo pubblicato da Huysmans nel 1884 – è infatti il ricco Des Esseintes, un raffinatissimo esteta che per sfuggire alla volgarità dell’ambiente si crea nella solitudine una vita artificiale, ben presto riconosciuta impossibile. Fu a seguito della pubblicazione di A rebours  che Barbey D'Aurevilly propose a Huysman il dilemma che aveva già proposto a Baudelaire dopo Les Fleurs du Mal: "Dopo un simile libro, all'autore non resta che scegliere fra un colpo di rivoltella e la Croce". E Huysmans scelse la Croce: mentre En rade (1887) è ancora in parte un romanzo che ritrae la desolazione della vita borghese, in En route (1895) Huysmans racconta la sua conversione  al cristianesimo e come il suo personaggio trovi finalmente pace in un convento.

Il François di Sottomissione vive una parabola simile: assolutamente disincantato e deluso dalla Francia repubblicana pare non avere nulla da chiedere al suo mondo e alla cultura francese. Ripete stancamente i riti e le liturgie dell’istituzione universitaria, vive nel quartiere cinese (che, è interessante da notare, è del tutto estraneo ai violenti conflitti che attraversano Parigi), ha storie monomaniacali con le sue studentesse di cui annualmente si “innamora” a inizio corso per esserne poi abbandonato a fine corso. Nessun impeto. Nessuna passione. Un grigiore ed un torpore intollerabili.

L'avvento di Ben Abbes 

All’avvento alla presidenza della repubblica di Ben Abbes con conseguente governo dei Fratelli Musulmani, François fugge prima in campagna e poi, quanto tutto sembra tornato alla normalità, si rifugia nello stesso convento di Saint Sulpice in cui Huysmans si era ritirato in preda al misticismo.

Ma François regge poco e ben presto torna a Parigi dove, dopo un lungo ed avvincente corteggiamento intellettuale da parte del rettore della Nuova Sorbona, accetta di convertirsi all’Islam e di riprendere l’insegnamento.

Il corteggiamento del rettore della Nuova Sorbona islamica è forse il momento più alto del romanzo.  Un duello in punta di fioretto tra François e Rediger, a sua volta intellettuale convertito e autore di un agile volumetto dal titolo “Dieci domande sull’islam”. Rediger abita, guarda caso, nella magione dove Dominique Aury ha scritto Histoire d’O. “È la sottomissione” - dice Rediger -  L’idea sconvolgente e semplice, mai espressa con tanta forza prima di allora, che il culmine della felicità umana consista nella sottomissione più assoluta. È un concetto che esiterei a esporre davanti ai miei correligionari, potrebbero giudicarlo blasfemo, ma per me c’è un rapporto tra la sottomissione della donna all’uomo come la descrive Histoire d’O e la sottomissione dell’uomo a Dio come la contempla I’Islam”.

Ecco il punto: “l’Europa occidentale non è più in grado di salvare se stessa – non più di quanto lo fosse stata la Roma del V secolo della nostra era.”  Le civiltà occidentali appaiono spacciate, sia nel vissuto langue dei suoi intellettuale che delle sue istituzioni: “l’individualismo liberale era tanto destinato a trionfare finché si limitava a dissolvere quelle strutture intermedie che erano le patrie, le corporazioni e le caste, quanto, aggredendo quella struttura ultima che era la famiglia, e quindi la demografia, firmava il suo fallimento finale; a quel punto, logicamente, arrivava il momento dell’islam”.

Il collasso

Nel 2004 Jared Diamond diede alle stampe il volume intitolato Collasso. Come le società scelgono di morire o vivere che si interroga sul perché (e sul come) civiltà che parevano solidissime ad un certo punto collassano, spariscono, si eclissano, tramontano. E per avere una idea di tutto ciò basta fare un giro, ad esempio, al British Musem di Londra passeggiando dolenti tra le vestigia degli assiro babilonesi, degli egizi e della loro raffinata cultura della morte, sino a giungere a sostare davanti al lacerante urlo strozzato e muto del cavallo del Partenone. Tutte civiltà potentissime che c’erano e non ci sono più.

Il merito di Michel Houellebecq è proprio quello di condurci sull’orlo del abisso evidenziando come il collasso dell’occidente potrebbe accadere non tanto per mano violenta, per attacchi terroristici o invasioni, ma anche solo per “sottomissione”. Come in Historie d’O. Come in De Sade.

Sottomissione per stanchezza, per inedia, per trovare tranquillità. Per evitare il disagio dirompente di pensare. L’angoscia del dubbio. La passione della ricerca. La fatica del vivere.

Sottomettersi non è obbligatorio o necessario. Ma occorre scegliere di non farlo. E il  Françoi Houellebecq (un intellettuale sopraffino, un rappresentante della grandezza della cultura occidentale, non una persona qualunque) sceglie di non resistere. Di sottomettersi. E di trovare così pace.

E’ questo, onestamente, ciò che dovrebbe inquietare di più del testo di Houellebecq.
Il giudizio e lo sguardo su noi stessi.


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